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La culla del Barolo

Stefano Bevione25 ottobre 2015

Circa 7 chilometri a sud di Alba, sulla provinciale per Barolo, prima ancora di raggiungere la popolosa frazione Gallo, imboccate via Borzone che si diparte alla vostra sinistra e sale tra cascine, campi e noccioleti confrontandosi con la dirimpettaia collina di Diano d’Alba. La strada è molto piacevole e attraversa un paio di borgate rurali davvero caratteristiche; alla destra il profilo del castello di Grinzane domina la vista sulle prime colline del Barolo, con la collina di La Morra a fare da maestoso sfondo. All’incrocio con la strada principale (che scende da Diano) girate a destra, per raggiungere dall’alto il piccolo borgo.

Numerosi sono gli scorci suggestivi che a seconda delle ore del giorno si offrono al viaggiatore mentre ci si avvicina a Grinzane Cavour.

Già..., Cavour: il paese assunse nel 1916 il nome del grande statista risorgimentale, in memoria dei diciassette anni in cui resse la municipalità, abitando proprio nel castello, allora di proprietà dei cugini De Tonnerre. Ma la storia del maniero è molto più antica: le prime notizie attorno al fondo risalgono al 1120 quando il marchese del Vasto lo cedette ai marchesi di Busca i quali, forse per necessità economiche, lo smembrarono progressivamente. Il castello, che nel frattempo assunse una conformazione molto simile all’attuale, fu acquisito nel 1435 dai marchesi del Monferrato. Attraverso successive vicissitudini storiche del territorio, la proprietà passò sovente di mano in mano, per giungere infine nel 1601, con il trattato di Lione, ai Savoia. 

Architettonicamente il castello si presenta esattamente come ci si aspetta di vedere una fortezza trecentesca: un grande e massiccio blocco in materiale laterizio a vista in cui, al poderoso mastio che occupa tutta l’ala nord-est, si affianca, senza soluzioni di continuità, un corpo di fabbrica a “U” ornato (più che difeso) da una serie di torrette: la più alta e la più bassa, di pianta quadrata; le altre due, a sbalzo, tonde. A renderne più vezzoso l’aspetto contribuisce un motivo di corsi decorativi aggettanti a denti di sega, piuttosto diffuso in Piemonte in edifici della stessa epoca e facilmente permesso dall’impiego degli stessi mattoni. Altro elemento memorabile è la compresenza di due facciate rigorosamente simmetriche (così come l’impostazione generale dell’edificio in pianta) e altre due del tutto irregolari.

Quando vi si installò Cavour l’edificio era in una fase di lenta decadenza: il Conte decise di riattare (soprattutto internamente) la fortificazione e di farla tornare “viva” attraverso la coltivazione della barbabietola da zucchero e, soprattutto, della vite. Proprio al conte, uno de padri della patria, si deve l’avvio dello sviluppo delle vitivinicolura nelle Langhe. Camillo Benso era curioso e desiderava che le innovazioni presenti nel resto dell’Europa facessero grande anche la sua patria. E’ stata una politica sviluppata quando ha assunto il potere come prmo ministro del Regno di Sardegna, ma anche nella dimensione del piccolo paese di Grinzane. Chiamò dalla Francia l’enologo Louis Oudart perché la coltivazione della vite e la produzione di vino fossero all’avanguardia, all’altezza  di quanto si faceva in Francia. Oudart che ha lavorato anche a Barolo per la Marchesa Giulia Falletti Colbert e a tutti gli effetti può essere considerato uno dei padri del Barolo di oggi. Ma la figura di Cavour amministratore di Grinzane si fa gustosa, se si pensa che al futuro statista toccò risolvere piccole beghe di un paese di 350 abitanti circa. Una delle più note è il caso della “salinera”, una giovane donna contesa da ben tre spasimanti che però furono tutti rifiutati e per questo decisero di vendicarsi. Una vicenda che coinvolse tutta la comunità e che il conte dovette dirimere come un novello Salomone, scontentando molti, come ammise lui stesso nelle sue lettere e dandogli l’impressione che il mondo dei semplici in piccolo fosse molto simile, quanto a intrighi e passioni, a quello delle velenose corti europee.

  • Una facciata laterale del castello di Grinzane. Photo: Diego De Finis.
  • Il castello di Grinzane visto da Valle. Photo: Lorenzo Marasso.
  • I filari e sullo sfondo il paese di Grinzane Cavour in autunno. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Una delle famose maschere presenti nel salone principale del castello di Grinzane. Photo: Lorenzo Marasso.

Nuovamente minacciato di rovina nel nostro secolo, il castello fu salvato dalla Soprintendenza ai Monumenti del Piemonte e restaurato dall’architetto Andrea Bruno nel 1961, in occasione del centenario dell’Unità d’Italia. Nello stesso anno vi si installarono l’Enoteca Regionale Piemontese (una curata e fornita rassegna della produzione vitivinicola locale e non), un suggestivo ristorante tipico, molto apprezzato, oggi gestito dallo chef stellato Marc Lanteri, e un Museo etnografico sulla civiltà contadina e sui suoi prodotti che tratta, con ampio respiro, dei vini albesi nella romanità, della cucina locale nel ’600 e nell’800, di antichi mestieri come quelli del bottaio e del maniscalco, di vetri “da vino”. Accanto al museo troviamo una sobria (quanto rigorosa) ricostruzione degli ambienti abitati da Cavour, con oggetti e mobili originali del Conte: da vedere per calarsi al meglio nell’atmosfera ottocentesca. Inoltre il castello è sede dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini di Alba, sodalizio che si occupa di progetti di carattere eno-gastronomico e di promozione dei grandi vini dell’Albese. Fra gli eventi ospitati dal prezioso maniero anche l’Asta mondiale del Tartufo che, solitamente a novembre coinvolge personaggi famosi e chef stellati da tutto il mondo per un’asta molto glamour il cui ricavato è destinato in beneficenza.

Dopo un ultimo giro a 360 gradi dal belvedere naturale sul quale sorge il maniero, potrete immettervi nuovamente sulla strada e scendere, passando di fronte alla chiesa della Madonna del Carmine, verso la frazione Gallo di Grinzane. Esistono anche tre passeggiate, di diversa lunghezza, che permettono di scendere a piedi da Grinzane Alto al Gallo: una breve detta del Conte, che si innesta nel tornante sotto il Castello o prosegue fino al campo sportivo, una diritta, la Cavourrina, che punta sulle prime case sottostanti, partendo dalla scuola agraria ed una terza, quella della Parea, che percorre un giro più ampio, per scendere nel borgo nuovo. 

La frazione Gallo è il nucleo originario del paese: attorno ad un forno e un’osteria vicino al torrente, nacque infatti il primo insediamento abitativo, lungo una strada sulla quale confluivano i contadini di Bassa e Media Langa che perpetuavano il rito secolare di "andare ad Alba" con i carri, i buoi, le uve. Oggi nucleo abitativo moderno è uno dei centri commerciali e produttivi più dinamici in Langa al di fuori di Alba.

Da frazione gallo si prende in auto una strada che costeggia un torrente, il Talloria. Una volta scesi   dal centro storico verso la frazione, giunti quasi sulla provinciale un incrocio indica la strada verso Valle Talloria, Diano e Sinio. Risalendo questo corso, attraverso paesi e vigneti, la via si avvita sinuosa in cima alla vallata, sfiora senza distinzione vetuste cappelle votive e fragranti osterie, passa sotto lo sguardo arcigno di torri e palazzi fortificati e ridiscende a chiudere idealmente un ovale: la piccola valle del torrente Talloria, solare e generosa di giorno, tetra e misteriosa la notte, suggestiva sempre.

Siamo in Valle Talloria grossa frazione che prende il nome dalla valle, si muove verso il vicino paese di Sinio, toponimo attribuibile forse alla lingua celtica. Il paese si arrampica su di un pendio collinare di forte pendenza e la strada sale costeggiando una forra profonda, da un lato, e le prime, ardite case del vecchio concentrico dall’altro, fino a raggiungere piazza Marconi, sulla parte più alta del paese, culminante nel castello. L’edificio quattrocentesco si apre sulla piazza con un grande arco ogivale ornato da eleganti bifore, da una ghiera marcapiano in cotto e dallo stemma lapideo dei Marchesi Del Carretto. Quasi di fronte alla casaforte, oggi albergo, sorge la chiesa parrocchiale di San Frontiniano, martirizzato nel 311 non lontano da qui; la facciata in mattone a vista è ottocentesca mentre l’interno è realizzato in stile barocco e la pregevole pala ovale con la Madonna, San Frontiniano e San Sebastiano è di fattura settecentesca. Ancora sul poggio si fanno notare l’altorilievo che Umberto Mastroianni ha dedicato al trentennale della Liberazione e la cappella di San Sebastiano (prima metà del 1600). 

  • Il corpo principale del castello di Sinio, oggi albergo. Photo: Diego De Finis.
  • La chiesa parrocchiale di San Frontiniano a Sinio. Photo: Diego De Finis.
  • Una casa coperta di edera nel centro di Sinio. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La cappella di San Sebastiano nel centro di Sinio. Photo: Diego De Finis.
  • La chiesa campestre di Sant'Eufemia al confine fra Sinio e Albaretto Torre. Photo: Diego De Finis.

E’ giusto sottolineare la grande energia artistica e culturale del paese, che si esalta nelle numerose e frequenti manifestazioni teatrali e folkloristiche. Sinio è diventato il centro della conservazione della cultura più autentica delle Langhe, quella legata al dialetto, ai modi di dire alle tradizioni. Questo grazie al Nostro teatro, una compagnia dialettale che per studio e applicazione ha superato la ristretta dimensione delle compagini teatrali che si propongono di far divertire il pubblico. Il suo creatore e regista Oscar Barile, è cosiderato uno dei più importanti autori dialettali in Piemonte e promuove manifestazioni che vanno oltre le tante commedie scritte e messe in scena dalla compagnia. 

Per una bella scampagnata la strada ideale da imboccare è senza dubbio quella “dei Bricchi”, che sale piacevolmente tra grandi cascine assolate sul pianoro sotto Montelupo; se preferite inoltrarvi nella valle e risalire il solitario corso del torrente dovrete invece tornare ai piedi del paese e seguire l’indicazione Borine. Vale la pena anche arrivare fino al confine con Albaretto. La strada è stretta e ricca di tornanti: ad ogni curva si apre uno scorcio nuovo, ora della Valle Talloria, ora delle colline più alte tra le quali, proprio qui, passa l’invisibile (ed incerto) confine tra la Bassa e l’Alta Langa. Proprio al cinfine fra i due comuni c’è una piccola chiesa campestre di Sant’Eufemia, splendida non tanto per le caratteristiche architettoniche, quanto per lo splendido angolo di Langa in cui è inserita, fra vigneti e le alture dell’Alta Valle Belbo.

Tornando in paese si prende la strada che porta verso Serralunga. Si tratta di una località particolarmente interessante per il turista, grazie al borgo medioevale sorto intorno al suo splendido castello e soprattutto ai celebri crüs di Barolo. Infatti Serralunga si trova nel cuore della zona di produzione del Re dei vini. Sul suo territorio si trovano alcuni dei crüs storici più desiderati per la particolare posizione geografica. Da queste vigne nasce un Barolo particolarmente austero e longevo, di altissima qualità che si distingue nella già prestigiosa produzione del grande rosso delle Langhe. Si giunge nel paese vecchio attraverso una rampa ed un portale ad arco che è consigliabile attraversare a piedi; passeggiate nelle stradine strette sotto l’incombente mole del castello e ben presto sarete attratti dai negozietti e dai laboratori locali dove potrete sorseggiare un bicchiere di Barolo Chinato, prodotto tipico del paese.

  • Serralunga in mezzo ai vigneti di Langa. Photo: .
  • Torre circolare del castello di Serralunga. Photo: Diego De Finis.
  • Veduta del paese e di un locale annesso al castello di Serralunga. Photo: Diego De Finis.
  • L'affresco del martirio di Santa Caterina d'Alessandria. Photo: Diego De Finis.
  • Interno della casa di caccia di Fontanafredda. Photo: Lorenzo Marasso.

 

Serralunga fu feudo dei Del Vasto e dei Del Carretto ma furono i Falletti di Barolo ad iniziare la costruzione della fortezza nel 1340; si tratta di una stupefacente struttura dalla tipologia molto rara in Italia e rifacentesi piuttosto a modelli gotici francesi, a metà strada tra la torre ed il castello, massiccia nella sua ala adibita ad abitazione, slanciata ed incredibilmente verticale nel suo grande torrione aggettante (a pianta quadrata), a sua volta protetto da due torri tonde, di cui una pensile, di diversa altezza. Poche bifore (nessuna al piano più basso) e quattro fasce di archetti sono gli unici ornamenti; molto semplice è anche la ripartizione spaziale interna: tre enormi vani (dotati di monumentali camini) collegati tra di loro da una scala a chiocciola interna alla torre cilindrica. Dall’alto è impareggiabile la vista che offrono le finestre delle torri; in basso, ai piedi del castello, è affascinante sedersi sulle panchine del poggio, chiuso dalla bassa ala d’ingresso (1500). Il Castello di Serralunga è un esempio unico di fortezza difensiva medioevale, ha attraversato intatto i secoli, senza che la sua struttura venisse rimaneggiata per adattarla a residenza, ed è stato espugnato solo una volta da Don Pedro di Toledo nel 1612, per soli 10 giorni. All’inizio del XVII secolo il possedimento passò ai Savoia. Oggi si può visitare grazie alla gestione della fondazione Barolo & castles foundation e in Langa è uno dei luoghi più interessanti da vedere.

La famiglia reale sabauda rese tangibile la sua presenza sul territorio nell’800, pochi chilometri a valle di Serralunga, nella tenuta di Fontanafredda. La palazzina reale, la nota Casa di Caccia della “Bela Rosin”, è una costruzione a quattro piani immersa in un grande parco e circondata dagli edifici che costituivano l’azienda vinicola, voluta da Emanuele Alberto, secondogenito di Vittorio Emanuele II e di Rosa Vercellana, nel 1876. L’azienda così come i locali storici nati per essere il dono del Re alla sua amata sono ancora oggi visitabili. Fontanafredda è un luogo splendido, che è anche diventato, nel corso di 150 anni circa, una delle aziende vitivinicole più importanti nelle Langhe. Oltre alla palazzina reale si segnala anche al suo interno uno splendido laghetto al centro del parco abitato da anatre e altri animali e il Bosco dei pensieri, il luogo dove un tempo passeggiava la Bela Rosin insieme all’amato Vittorio Emanuele Secondo. Fra i progetti delle tenuta c’è anche la Fondazione E. di Mirafiore, che si trova in uno degli edifici storici di Fontanafredda, dedicato a colui che fu di fatto il fondatore dell’azienda. La sede include un piccolo teatro, una libreria e una vineria con ristoro e si propone di sviluppare iniziative culturali con ospiti prestigiosi.

Il nostro percorso nel cuore della Langa del Barolo che guarda verso l’altro si avvia alla conclusione: dal centro storico si prende la strada che porta verso la Provinciale, passando per frazione Baudana. Di qui ancora attraverso Gallo Grinzane, è possibile raggiungere Alba o imboccare la tangenziale per Asti o Cuneo.