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Alla fine della puntata precedente abbiamo incontrato l’imperatore romano Augusto che ha letteralmente cambiato il volto del Piemonte con un programma impressionante di opere pubbliche. Tutte le città della pianura (e della zona collinare) pur se di origine ligure sono diventate a tutti gli effetti romane sotto Augusto. Questo avveniva nella zona pianeggiante, quella che è entrata nell’Italia romana, invece l’arco alpino in generale è stato trattato come terra da conquistare e sottomettere. Perché questa differenza? È stato in parte già accennato nella precedente puntata, ma vale la pena approfondire questo argomento per introdurre la vicenda dell’unica dinastia reale celto-ligure di cui ci è giunta notizia.
La zona a nord est delle Alpi era abitata dal popolo dei Salassi, fieri combattenti e nemici di Roma fin dal principio. Erano i rivali degli Insubri e quando questi ultimi, dopo la sconfitta avvenuta nella Pianura Padana hanno deciso di sottomettersi alla Repubblica romana sono diventati acerrimi avversari della nuova potenza. E hanno mantenuto la loro indipendenza e ostilità per quasi 200 anni, la loro sconfitta è arrivata nel 25 a. C. con la campagna condotta dal legato di Augusto Terenzio Varrone. È stata in seguito fondata Augusta Praetoria (l’attuale Aosta) come colonia romana di zona di conquista. I nemici sono stati catturati e venduti come schiavi.
La zona sud, quella delle Alpi Marittime, era abitata dai Liguri Capillati, popolo guerriero geloso della propria indipendenza che aveva ostacolato il cammino di Gaio Giulio Cesare che si dirigeva in Gallia per portare a termine la sua campagna di conquista. Il condottiero romano, per guardarsi le spalle, decise di cercare alleanze fra quei montanari tanto ruvidi e trovò l’accordo con Donno, re celta che estendeva il suo potere su un’ampia area delle Alpi occidentali, nella parte centrale. La sua capitale era il centro che i romani hanno poi chiamato Segusio e che corrisponde all’attuale Susa. Questo Rix che estendeva il suo potere su un ampio territorio alpino è un nome importante, anche perché a tutti gli effetti è l’unico che fino a oggi abbiamo incontrato in mezzo a questi popoli celto-liguri rimasti complessivamente anonimi. Molto probabilmente Donno aveva federato sotto il suo potere più di una tribù che viveva nelle impervie alture dell’arco alpino e controllava il valico di Mons Matrona (Monginevro), punto di passaggio importante verso la Gallia. In cambio dell’aiuto offerto ricevette la cittadinanza romana (da lasciare anche ai discendenti).
Come abbiamo visto i romani erano tanto generosi con gli amici, quanto spietati con i nemici. Inoltre erano dotati di buona memoria. Infatti Augusto chiuse i conti che erano rimasti aperti con Cesare. Fu lui stesso ad assumere il comando delle legioni romane che nel 14 a. C. sconfissero i Liguri Capillati nelle Alpi Marittime. La zona è poi diventata una Prefettura, ovvero territorio sottomesso. Un’impresa resa più semplice grazie alla benevola neutralità di Cozio, il figlio di Donno, succedutogli sul trono.
Non si sa molto del periodo di governo di Cozio. Stando a quello che ci racconta lo storico romano Ammiano Marcellino, sembra che all’inizio abbia avuto un soprassalto d’orgoglio, cercando maggiore indipendenza dai romani, per poi tornare alla linea politica avviata dal padre. Lo storico sostiene che il suo regno sia stato contraddistinto da senso di giustizia e desiderio di pace. Non abbiamo elementi per smentirlo e in ogni caso si tratta della testimonianza di uno scrittore compiacente. Una cosa è certa: Cozio era abilissimo nelle pubbliche relazioni. Fece erigere a Segusio un imponente arco dedicato a Augusto che lo ha ripagato della sua alleanza nominandolo praefectus del suo regno che in questo modo formalmente entrava nell’impero pur restando anche indipendente. Cozio rese un grosso servigio ai romani, garantendo loro il passaggio del valico del Monginevro e rendendolo più agevole con opere architettoniche. Anche per questo l’impero rese omaggio non solo a lui ma anche alla sua figura. Cozio divenne per il suo popolo, anche dopo la morte, un eroe quasi leggendario, il capostipite di una dinastia. Questo per merito del monumentale arco dedicato ad Augusto, ma anche del’imponente Heroon, la sua tomba. Cozio assunse una tale popolarità che il suo regno prese il suo nome. Oggi, parlando del Regno di Cozio, ci si riferisce a questa porzione di territorio che nel cuore dell’impero ha mantenuto una sua indipendenza fino a Nerone. Gli stessi romani chiamavano questo popolo i Cotii (il nome romano del regno di Cozio era Praefectura Alpium Cottiarum). Il suo successore fu suo figlio, Donno II, al potere presumibilmente fra il 13 a. C. e il 44 d. C. Sembra che alcune popolazioni liguri siano tornate all’interno del regno in questo periodo. Gli è succeduto il figlio Cozio II, che riuscì a estendere ulteriormente il suo potere verso sud ovest, mangiando parte dell’area dei Bagienni; l’imperatore Claudio gli garantì il titolo di Re.
Con la sua morte si estinse la dinastia, rimasta priva di eredi. Nerone decise che il regno venisse assimilato nel territorio dell’Impero come provincia delle Alpes Cottiae, governata da un procuratore romano. A conferma che anche quell’area, come il resto dell’arco alpino, non era considerato all’interno dell’Italia romana, ma della Gallia. L’eredità giunta fino a noi del regno di Cozio riguarda proprio il suo nome. Infatti è grazie a questo re celta che la parte occidentale delle Alpi è denominata Alpi Cozie.