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anViagi 156Il Reportage

Un museo sulla scuola italiana

Diego De Finis12 aprile 2017

Nella puntata precedente abbiamo visitato il piano nobile di Palazzo Barolo, che ci ha mostrato appunto i saloni più belli di questo storico edificio, particolarmente importante per conoscere l'alta società dell'epoca risorgimentale, facendoci conoscere i suoi proprietari i marchesi Falletti, gli ultimi discendenti della famiglia nobiliare di Barolo e il mondo che girava loro intorno.

Questa puntata analizza un museo denominato Musli, che è stato sistemato per lo più negli spazi che un tempo erano dedicati alla servitù. Ma il museo non si occupa del palazzo nella sua funzione storica, bensì dell'evoluzione della scuola di base in Italia. Musli infatti è l'acronimo di Museo della scuola e del libro per l'infanzia.

E in effetti il Piemonte è particolarmente importante nella scuola nazionale sotto questo aspetto. A partire da Tancredi Falletti, l'ultimo marchese di Barolo e marito di Giulia Colbert. Non è un caso che il museo è organizzato dalla Fondazione Tancredi di Barolo, che si propone di valorizzare l'esperienza sviluppata da questo personaggio storico proprio nell'ambito educativo. Tancredi è stato un abile politico, tanto da riuscire a passare dalla corte di Napoleone Bonaparte a quella dei Savoia in epoca di restaurazione. Ha avuto un ruolo, anche se di secondo piano, nei moti torinesi del 1821, eppure qualche anno dopo lo ritroviamo sindaco di Torino. Insomma doveva essere molto abile a muoversi in ambito politico, ma questo aspetto si coniuga con una grande attenzione verso gli strati bisognosi della popolazione piemontese. Parallelamente all'attività della moglie, Tancredi Falletti ha sviluppato la sua attenzione in abito didattico ed educativo, aprendo scuole soprattutto per i bambini poveri. Il Musli riprende questa eredità e propone da una parte una sezione dedicata alla storia del libro per l'infanzia dall'altra, una, più grande, sull'evoluzione della scuola italiana a parte dal XIX secolo fino al XX.

Per quanto riguarda il libro per l'infanzia la sezione si sviluppa fra piano terra e ex cantine del palazzo. In questo caso il Musli propone una importante collezione di volumi fra fine XIX secolo e metà del Novecento. In questo modo si possono scoprire alcune perle realizzate anche da importanti autori per i bambini oppure lo sviluppo di alcune case editrici soprattutto piemontesi e torinesi in questo settore. Gli spazi propongono ovviamente una collezione fissa di volumi a disposizione del museo (solo parte del materiale di cui dispone la fondazione Tancredi), sia mostre temporanee di volumi provenienti anche da altre collezioni. Nelle ex cantine, che si trovano sotto il palazzo, ci sono antiche macchine da stampa che si utilizzavano fra fine Ottocento e Novecento.

Il resto del museo, la parte più consistente, si sviluppa negli ex locali della servitù e attraverso i corridoio di servizio. Il museo ricostruisce spazi, mezzi e strumenti didattici utilizzati alla nascita della scuola di base in Italia. La classe ottocentesca aveva banchi molto ampi in legno in cui gli allievi stipavano soprattutto attrezzi da lavoro. Certo imparano a leggere, scrivere e far di conto, ma era molto importante cominciare a conoscere gli attrezzi dei mestieri che quasi certamente avrebbero cominciato a esercitare nell'arco di non troppi anni. Così oltre all'immancabile carta geografica, la classe disponeva di poster appesi ai muri sui quali erano elencati gli strumenti dei lavori artigianali con il corretto nome italiano (visto che probabilmente in famiglia imparavano quello dialettale). Da un certo punto di vista nelle classi si fornivano nozioni tecniche che oggi ai bambini delle scuole primarie non sono fornite, di chimica, per esempio. La cattedra dell'insegnante era relativamente piccola e sullo stesso livello dei banchi. Anche gli strumenti a sua disposizione non erano molti.

Particolare interesse desta tutta l'ideologia legata alla scuola dell'obbligo che appare attraverso vari oggetti conservati. Così a scuola alcuni manifesti insegnavano norme di igiene di base, col presupposto che nelle famiglie fossero ignorate (alcune fra l'altro oggi considerate erronee). Gli insegnanti avevano mezzi di coercizione impensabili oggi, come la bacchetta per colpire le dita, ma anche punizioni più psicologiche, vere e proprie gogne a cui l'allievo, discolo o ribelle veniva sottoposto di fronte ai compagni. Ma disciplina e insegnamento non passavano solo attraverso le punizioni. C'erano premi, molti, consistenti, in medaglie, targhe, riconoscimenti pubblici per i risultati ottenuti dai bambini meritevoli. Erano sottolineati soprattutto i risultati raggiunti dagli allievi poveri onde sottolineare che l'istruzione era un mezzo utilissimo di elevazione sociale. Peraltro la scuola doveva mostrare alle stesse famiglie povere la sua utilità. In un'Italia in gran parte analfabeta, doveva convincere non solo i piccoli alunni, ma anche i genitori della sua importanza. L'istruzione obbligatoria di base in Italia è nata relativamente tardi, con la “missione” di istruire un gran numero di persone. Il processo è stato lento come è noto ed è passato attraverso messaggi chiari leggendo ad esempio un romanzo come Cuore di Edmondo De Amicis (a cui il museo dedica una sala) che oggi probabilmente appaiono ampiamente superati. La classe novecentesca è già diversa da quella ottocentesca: ogni banco ha lo spazio per il calamaio c'è l'inchiostro per tutti, i banchi sono più simili a quelli delle nostre scuole: la base dell'istruzione comincia a spostarsi maggiormente su lettura e scrittura, sulle nozioni teoriche; l'insegnante ha una posizione preminente, la cattedra è diventata più grande ed è rialzata rispetto al resto della classe.

Si tratta certamente di un museo particolarmente interessante anche nel mostrare l'importanza del Piemonte nella nascita dell'istruzione di base italiana. Gran parte dei materiali presenti arrivano dal palazzo stesso, segno che la scuola obbligatoria è partita da queste esperienze piemontesi fondate da uomini lungimiranti come Tancredi Falletti per l'elevazione sociale della popolazione povera. Poi è arrivato un altro piemontese, per essere precisi un albese, il ministro dell'Istruzione del Regno d'Italia Michele Coppino, a istituire le scuole elementari obbligatorie e gratuite per tutti nel 1877.