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Storia e ricerca sul colore in mostra

Diego De Finis7 giugno 2017

Fino al 23 luglio la Gam, ovvero la Galleria civica di arte moderna e contemporanea di Torino e il museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli (nella manica lunga) propongono un'ampia mostra dedicata al colore nell'arte, un'esposizione ad amplissimo spettro per illustrare come gli artisti nel corso dei secoli hanno utilizzato il colore nelle loro opere. Sono raccolte, nelle due prestigiose sedi espositive, ben 400 opere di ben 130 artisti differenti, provenienti da tutto il mondo fra la fine del XVIII secolo e oggi.

La collettiva ripercorre si propone di percorrere la storia dell’utilizzo del colore nell’arte, attraverso una molteplicità di percorsi e presentazioni di opere d’arte importanti, viene proposto il tema da svariati punti di vista: quello filosofico, biologico, antropologico e anche neuroscientifico.

Così spiega l'idea Carolyn Christov-Bakargiev curatrice della mostra: “Durante il secolo scorso sono state organizzate numerose mostre sul colore a partire dalle teorie della percezione divenute popolari negli anni Sessanta. Quel tipo di approccio discende da una nozione universalistica della percezione e da una sua pretesa valenza oggettiva, molto distante dalla consapevolezza odierna della complessità di significati racchiusa nel colore”.

I precedenti dell’arte astratta moderna sono indagati attraverso opere dei seguaci Hindu Tantra del XVIII secolo e dei teosofisti del XIX secolo, che utilizzavano le forme-colore come fonti per la meditazione e la trasmissione del pensiero. Il punto di avvio nell’astrazione teosofica è legato alle ricerche di Annie Besant (1847-1933). Un altro filone segue teorie legate personaggi fondamentali nella storia della scienza: Alla fine del XVII secolo, Isaac Newton scopre che i colori che vediamo corrispondono a specifiche e oggettive particelle luminose non assorbite da materiali. Johann Wolfgang von Goethe, nel suo saggio del 1810 La teoria dei colori lo contesta, affermando che i colori sono prodotti dalla mente e non oggettivi. Il grande letterato tedesco parla del fenomeno degli “Afterimage colors” (l’occhio umano percepisce come immagine residua il colore complementare a uno osservato con persistenza su di una superficie bianca). All’epoca prevalse la teoria di Newton. L’Ottocento è anche il secolo del grande sviluppo della chimica e della scoperta dei colori sintetici derivati dal catrame di carbone. In epoca attuale e attraverso le recenti ricerche neuroscientifiche, si torna alla visione di Goethe, attribuendovi un nuovo significato.

Durante l'esposizione il neuroscienziato Vittorio Gallese, che insieme a Giacomo Rizzolati ha scoperto i neuroni specchio, dirige per la prima volta un laboratorio di studio incentrato sull’esperienza del pubblico di fronte a opere d’arte.

Sarebbe tedioso qui elencare tutti gli artisti presenti nelle due sedi espositive piemontesi, si tratta di nomi molto noti fra cui vale la pena ricordare Klee, Kandinsky, Munch, Matisse, Delaunay, Warhol, Fontana, Boetti, Paolini, Pellizza da Volpedo, Depero, Pinot Gallizio, Asger Jorn, e tantissimi altri.

Per ulteriori dettagli: www.fondazionetorinomusei.it/it/eventi-e-mostre/lemozione-dei-colori-nellarte