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Angelo Brofferio, poeta e politico risorgimentale

Diego De Finis6 luglio 2017

Angelo Brofferio è uno dei cittadini più illustri di Castelnuovo Calcea, se non il più illustre, anche se la storia risorgimentale lo ha messo probabilmente un po' in ombra, forse perché la sua attività politica è stata caratterizzata più da sconfitte che da vittorie.

Eppure è un personaggio che merita di essere ricordato per le sue profonde qualità artistiche e politiche. Brofferio ha fatto della parola la sua ragione di vita, sotto vari punti di vista. Era avvocato, scrittore, politico, parlamentare, giornalista. Sotto certi aspetti la sua figura ricorda quella di un altro importante politico risorgimentale, Massimo D'Azeglio, anche lui uomo poliedrico, che si dedicava alla letteratura. Grazie alla sua capacità sull'uso delle parole, alcuni suoi fulminanti giudizi sono poi diventati celebri.

Nato a Castelnuovo Calcea nel 1802, Angelo Brofferio veniva da una famiglia di medici (lo erano il nonno e il padre) e la sua educazione è stata fin da subito improntata ai principi illuministici. Così fin da giovane ha mostrato avversione verso il clero, allora potere dotato di numerosi privilegi di tipo temporale anche fuori dallo stato della Chiesa. Ha sempre nutrito un particolare affetto verso il suo paese natale, attestato varie volte nei suoi tanti scritti, anche se poi la gran parte della sua vita l'ha trascorsa nella capitale dello stato sabaudo.

Il suo esordio politico avvenne con i moti del 1821, perché il regno piemontese si dotasse di una carta costituzionale. La sconfitta degli insorti ha coinvolto anche lui che nel decennio successivo si è dedicato alla composizione di tragedie sul modello di Vittorio Alfieri. I suoi testi esaltavano la libertà e furono spesso oggetto di censura, ma riuscì a trovare una compagnia (quella di Carlotta Marchionni) che li mise in scena. Fu un successo sia in patria, che fuori. In quegli anni ebbe contatti con ambienti intellettuali progressisti.

Nel 1831 è nuovamente coinvolto in moti insurrezionali, ma questa volta la congiura, ideata da società segrete, venne scoperta e repressa sul nascere. Brofferio è fra i primi a venire arrestato e fornisce alla polizia informazioni sull'organizzazione. Questa vicenda ha gettato una luce fosca su di lui e nel corso della vita politica è stato accusato di essere stato, in quell'occasione, un delatore. Per lui ha rappresentato un punto di svolta che lo ha spinto ad abbandonare progetti cospiratori privi di un reale radicamento popolare. Il progetto di dover diffondere nel popolo le idee progressiste e patriottiche lo ha spinto a comporre canzoni invece di opere teatrali. Queste ultime, soprattutto quelle di stile alfieriano, classicheggianti, non avrebbero mai raggiunto le orecchie degli umili, le canzoni in piemontese invece sì. Inoltre queste sfuggivano più facilmente alla censura. In questo modo Brofferio ha cominciato a comporre una serie di canzoni dialettali divenuta celebre, rendendolo personaggio autenticamente popolare. A quest'attività artistica ha affiancato anche quella di avvocato e di giornalista. Sotto questo veste ha iniziato a scrivere dal 1835 Il Messaggere Torinese, divenendone presto il direttore. In un periodo in cui non c'era ancora un parlamento i giornali erano uno strumento di pressione politica più forte di quanto non si immagini oggi, anche se dovevano sfuggire alle maglie della censura. Carlo Alberto si interessò all'attività di Brofferio e in generale quest'ultimo ha nutrito, fra alti e bassi simpatia per il Re tentenna. Nel 1848 troviamo Brofferio, insieme ai giornali di altre celebri figure politiche, come il Conte di Cavour, schierato per la promulgazione di una costituzione, che finalmente arriva, lo Statuto Albertino dà vita al primo parlamento subalpino. Brofferio venne eletto e subito si schiero a sinistra proponendo per l'unità italiana il modello federale ideato da Carlo Cattaneo. Da quella posizione sostiene la Repubblica Romana e la prima guerra d'indipendenza in tutte le sue fasi, facendo cadere il governo Gioberti che dopo la prima fase era freddo sull'ipotesi della ripresa. Dopo la sconfitta definitiva di Novara ha difeso in tribunale il generale Ramorino, accusato di aver disobbedito agli ordini, venne sconfitto e il suo assistito fucilato.

Il decennio che ha preceduto l'unità nazionale ha visto protagonista Brofferio nel parlamento subalpino, in opposizione al Conte di Cavour. I due avevano idee molto diverse sulla direzione da prendere per l'unità nazionale. Il patriota di Castelnuovo, progressista, voleva un processo tutto interno, sull'esperienza dei moti e della guerra, seppur fallimentare del 1848, Cavour, moderato, cercava una via istituzionale, attraverso la costruzione di alleanze internazionali e il protagonismo fra le nazioni europee. Brofferio aveva siglato un patto politico con Rattazzi per una compagine parlamentare di sinistra, e Cavour nel 1851 riuscì a strappare un patto con quest'ultimo per rinforzare la propria posizione. Da allora Brofferio apostrofò nelle sue canzoni il suo ex alleato Rattass (grosso topo), ma soprattutto coniò il termine connubio per definire in senso dispregiativo quell'alleanza passata poi alla storia proprio con quel nome. Brofferio attaccò l'intervento piemontese in Crimea che portò a numerose perdite senza, a suo parere, alcun vantaggio politico, e attaccò l'alleanza con la Francia di Napoleone III. I fatti sembrarono dargli ragione visto l'armistizio di Villafranca siglato dall'imperatore francese che portò alle dimissioni di Cavour, ma nel giro di brevissimo tempo gli avvenimenti precipitarono verso l'Unità nazionale. Uno dei discorsi più celebri di Brofferio fu quello del 14 marzo del 1861, nel quale definì Vittorio Emanuele II re galantuomo, appellativo con cui è passato alla storia.

La sua carriera politica si è conclusa qui, insieme a quella di Cavour, morto prematuramente. Un grave male stava minando la sua salute e negli ultimi anni lo tenne lontano dal parlamento. In uno degli ultimi interventi in aula nel 1864 criticò lo spostamento della capitale a Firenze, si rivolgeva al primo ministro Ricasoli e in quell'occasione ebbe parole di rimpianto per l'antico avversario, Cavour. La morte lo colse nel 1866 a Locarno. Nella sua movimentata vita riuscì anche a sposarsi due volte, la prima con Felicie Perret, la seconda con Giuseppina Zauner; nacquero sei figli, tre per ogni matrimonio.

Oggi Castelnuovo Calcea gli rende omaggio con un'esposizione permanente.