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anViagi 156Il Reportage

Quel che resta del castello di Torre Bormida

Diego De Finis12 luglio 2017

L'Alta Langa è un territorio affascinante e ancora ricco di sorprese, la cui storia andrebbe ulteriormente studiata e approfondita. Succede per esempio che all'interno di boschi selvatici si possano trovare i resti (anche significativi) di castelli un tempo importanti e oggi dimenticati. È il caso di Torre Bormida il cui maniero si trova vicino all'abitato attuale, in particolare nei pressi di un cimitero. Non è facile individuare tali resti, visto che sono immersi in un fitto bosco fatto di alberi, piante selvatiche e sterpi, eppure una ricerca attenta può portare l'avventuroso ricercatore a trovare ampie sezioni delle mura perimetrali che mostrano ancora oggi chiaramente quale fosse la forma della struttura di controllo militare. A guardare oggi la posizione del maniero, può sembrare relativamente bassa, rispetto ad altri castelli medievali a noi noti, sempre sulla cima di alte colline, in realtà il sito si affaccia su un dirupo e certamente rappresentava al tempo uno strategico punto di controllo su chi passava nella zona.

Ma di quale periodo si parla? Difficile una datazione precisa. Il primo documento che forse enuncia l'esistenza di Torre Bormida è del 991 e riporta fra le proprietà del monastero benedettino di San Quintino di Spigno, sei mansi nel luogo di Turre, che però potrebbe essere sia Torre Bormida che Torre Uzzone, oggi frazione di Pezzolo Valle Uzzone (anch'esso sede di un “castello perduto”). Un documento più chiaro è quello di quasi due secoli successivo (1178) sempre relativo alle proprietà del monastero, che fa esplicito riferimento a Turre Burmea. Non c'è dubbio che Torre Bormida sia stata inclusa nella famosa Marca Aleramica e la ritroviamo nel 1209 stabilmente fra i possedimenti di Ottone del Carretto, che cede il Feudo ad Asti, che a sua volta lo reinveste del possedimento. Il castello è quasi certamente del XIII secolo, a dircelo c'è un indizio lampante, lo stemma dei Del Carretto sul muro di ingresso del castello oggi ancora in piedi. Sono stati loro dunque a edificarlo. Nel 1313 Manfredino e Ottone del Carretto in un documento riconoscono di detenere “castrum, villam, iurisdictionem, honorem et regalia Turris Burmidae”, castrum è il nome latino che indica un castello. Nel 1322 Torre passa ai Marchesi di Saluzzo per tornare fra i possedimenti dei Del Carretto nel 1328 per volontà di Manfredo di Saluzzo.

  • Il massiccio muro al di sopra dell'ingresso del castello. Photo: Diego De Finis.
  • L'arco di ingresso al castello di Torre Bormida. Photo: Diego De Finis.
  • Pilastro del castello avvolto dalla vegetazione. Photo: Diego De Finis.
  • Particolare dello stremma dei Del Carretto sul castello di Torre Bormida. Photo: Diego De Finis.
  • Muro perimetrale del maniero di Torre Bormida. Photo: Diego De Finis.

Da quello che si può vedere sul terreno il castello aveva una forma triangolare, bizzarra per certi versi, probabilmente dettata dall'adattamento al sito su cui era sorto. Nell'ampia vegetazione si intuisce la strada di accesso al maniero che serpeggia in pendenza, fino a raggiungere i resti (due massicce colonne) di quello che doveva essere un arco di ingresso al ricetto. Si alternano mattoni piccoli a pietre massicce, probabilmente per lo costruzione sono stati utilizzati anche resti di manufatti romani. Il ricetto probabilmente includeva un altopiano oggi coperto solo da sterpaglie (ma chissà cosa c'è lì sotto) che si appoggia su un ampio muraglione perimetrale. Questo presenta un altra stranezza: una serie di bifore in pietra distanziate l'una dall'altra in maniera regolare e chiuse all'interno da pareti in pietra. Da quello che doveva essere il ricetto si accede, attraverso una piattaforma coperta di arbusti che si affaccia sul tipico fosso del castello, all'ingresso, un ampio muraglione che presenta l'ampio ingresso ad arco acuto al di sopra del quale si vede chiaramente lo stemma dei Del Carretto, circondato da piante rampicanti. L'interno è delimitato dai resti delle mura perimetrali. Queste sono molto basse, in alcuni casi inesistenti, oppure pareti consistenti, circondate dalla vegetazione, costruite con blocchi di pietra massicci e ben squadrati. Agli angoli del triangolo perimetrale si intuiscono le fondamenta di torrette di controllo che si affacciavano verso l'esterno. Invece al centro del castello si può vedere un cratere non molto scavato, quasi certamente le fondamenta di una torre massiccia, probabilmente quella che dava il nome al paese, che un tempo doveva essere all'interno dello spazio del ricetto.

Nulla si sa della sorte del castello. È probabile sia stato semplicemente abbandonato. Una volta persa l'esigenza strategica del controllo del territorio, non aveva più ragione di esistere una struttura di difesa militare in quella zona. Non a caso il paese odierno è spostato rispetto al maniero, invece di circondarlo, come avviene spesso per i paesi con castelli. Così, abbandonato dall'uomo, la natura ha riconquistato quello spazio, in parte distruggendolo, in parte conservandolo.