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Renato Ratti, produttore e studioso del Barolo

Diego De Finis24 ottobre 2014

Forse non è un caso che Renato Ratti abbia legato a La Morra la sua vita di produttore di Barolo, e in particolare all'antica Abbazia di San Martino di Marcenasco. Infatti uno dei suoi meriti maggiori è stato il tentativo di scoprire le radici, storiche e non solo, di questo grande vino delle Langhe. 

Ratti, nato nel 1934, aveva iniziato a girare il mondo già dagli anni '50. Nel 1955 era in Brasile per la Cinzano che produceva aperitivi per alcune case francesi. Questo lo ha portato a entrare in contatto con il mondo vitivinicolo d'oltralpe, che allora aveva già un respiro internazionale che ai vini italiani e in particolare piemontesi, mancava. Ha intuito la grande importanza del territorio di provenienza per un grande vino e ha iniziato a produrre Barolo cercando subito di legarlo a una struttura antica nelle Langhe. La sua ricerca lo ha portato all'abbazia lamorrese che, guarda caso, è una delle prime strutture che ha coltivato il vitigno Nebiolium per la produzione di vino da usare durante la messa dei frati benedettini.

Un luogo perfetto per la sua ricerca delle radici del Barolo, per la conoscenza approfondita del vitigno prima e del vino poi.

Resta celebre la prima carta delle annate storiche del Barolo da lui redatta con competenza e grande serietà a partire dal 1868!

È stato sempre lui a portare nel mondo vitivinicolo italiano il concetto francese di cru, grazie alla pubblicazione della prima carta dei cru delle Langhe. Questa carta introduceva anche l'idea che non tutti i Barolo fossero uguali e che appunto esistessero delle zone di elezione con un terroir (altro concetto francese) migliore o comunque particolare. Il concetto venne inizialmente criticato per poi, col passare degli anni, diventare patrimonio culturale diffuso nel mondo enologico.

La carta dei cru nella sua prima edizione risale al 1971, lo stesso anno di nascita del Museo Ratti dei vini di Alba. L'impegno di Renato Ratti nella ricerca storica e culturale si è concretizzato in questa struttura all'interno dell'abbazia di San Martino. Partita su una precedente "raccolta del Barolo" il museo è articolato in un percorso tecnico-storico, per spiegare il ciclo produttivo della vigna e del vino. Oggi purtroppo il museo, che conserva l'attrezzatura di cantina arcaica, fra cui anche una botte scavata in un tronco di legno, le antiche forme di bottiglia, vecchi documenti, bandi di vendemmia, statuti e ordinati comunali, non è visitabile a causa di lavori interni di restauro. 

Ratti da Presidente del Consorzio di tutela del Barolo è stato anche importante per la grande attenzione rivolta verso la promozione e la valorizzazione di questo grande vino, partecipando attivamente alla scrittura di numerosi disciplinari delle DOC del territorio.

Nella sua cantina ha introdotto tecniche allora innovative, da lui viste applicare soprattutto in Francia. Un lavoro che ha permesso al Re dei Vini di affinarsi e farsi conoscere soprattutto fuori dai confini italiani.

Da ricordare anche il suo importantissimo contributo al mondo dell’Asti di cui fu direttore del Consorzio di tutela a lungo.

È morto nel 1988 all'età di 54 anni, quando le sue intuizioni erano diventate in gran parte patrimonio diffuso fra i produttori di vino langaroli, segno dell'importanza delle sue idee nel mondo vitivinicolo italiano.