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Splendore e rovina di due antiche chiese

Diego De Finis22 ottobre 2014

Anche i resti di una chiesa hanno molto da raccontare anche se la narrazione si riferisce inevitabilmente più a ciò che è andato perduto che a a quanto resta da vedere. Ma si tratta pur sempre di testimonianze preziose e importanti sulla storia di un luogo.

Della cappella di San Rocco che si trova immediatamente fuori dal centro abitato di Novello resta solo la cupola dell'abside, realizzata in pietra. Un tempo questa piccola e singolare caverna artificiale era una chiesetta dedicata a San Rocco. Le origini sono incerte: il parroco del paese Giovan Battista Maiolo nell'unica monografia esistente su Novello del 1894 scriveva che “si può ritenere sia stata eretta avanti il secolo XV”. Vi erano conservati affreschi di grande qualità tanto che lo studioso (e artista) albese Walter Accigliaro ha scritto in un articolo pubblicato nel 1984 che la loro scomparsa costituisce “una delle più gravi perdite nel dopoguerra per il patrimonio artistico dell'Albese”. 

L'autore di questi affreschi è ignoto e Accigliaro ritiene probabile fosse uno dei pittori della scuola monregalese quattrocentesca. La realizzazione va datata nella seconda metà del XV secolo, storicamente nel periodo di ripresa della signoria da parte della famiglia Del Carretto. Il ciclo pittorico mostrava la figura di Cristo Pantocrate fra i simboli dei quattro evangelisti sovrastanti una teoria di Santi, fra cui ovviamente San Rocco, posto in evidenza, isolato al centro di un riquadro perché fosse ben riconoscibile. Lo schema compositivo era di tipo romanico-bizantino, simile a opere di Perletto e Sommariva Perno.

Per gli abitanti di Novello era la chiesa dedicata al santo protettore dalle malattie. A quanto sembra l’edificio ha svolto egregiamente il suo dovere in almeno due occasioni testimoniate da Giovan Battista Maiolo. La cappella era stata in parte distrutta nel periodo dell'arrivo dell'esercito napoleonico, per essere poi ripristinata nel 1825. Dieci anni dopo arrivò il colera a Cuneo con un certo numero di vittime e grande allarme su tutto il territorio.

“I Novellesi accorrevano ogni sera in gran folla alla Cappella di San Rocco, onde impetrarvi la grazia di essere preservati dal morbo fatale: né fallì la loro speranza; un solo individuo di Novello fu colto dalla terribile malattia e questi ancora guarì“ secondo il racconto di Maiolo. L'edificio tornò al centro delle preghiere della popolazione nel 1884, quando in Piemonte tornò nuovamente il colera. Nell'occasione venne adibito a lazzaretto, anche per la sua posizione al di fuori delle mura. Furono sistemati due letti che per fortuna restarono inutilizzati.

Cosa è accaduto alla chiesetta? impossibile stabilirlo. Accigliaro nel suo articolo riporta che gli affreschi erano ancora visibili in alcune fotografie degli anni Venti e una cartolina degli anni Trenta del XX secolo, dalle quali emerge la “testimonianza visiva delle pitture ancor quasi integre”. Nel 1984 invece la chiesa era già in rovina, con ancora pochi frammenti dei dipinti, che oggi invece, purtroppo, non esistono più.

  • Ciò che resta della parte interna dell'abside della chiesa di San Rocco. Photo: Giulio Morra.
  • I resti della parte esterna dell'abside della chiesa di San Rocco. Photo: Giulio Morra.
  • Novello, particolare dell'abside della chiesa di San Rocco. Photo: Giulio Morra.
  • I resti del convento di Novello dal lato rimasto aperto. Photo: Diego De Finis.
  • Muro in pietra dell'antico convento di Novello. Photo: Diego De Finis.
  • Particolare di uno degli archi del convento di Novello . Photo: Diego De Finis.
 

Un alone di mistero invece aleggia intorno alle rovine che si trovano all'interno di una proprietà privata in località Podio, sulla sommità di una collinetta. L'unico testo a cui possiamo attingere per avere qualche notizia è nuovamente quello di Giovan Battista Maiolo che però lascia più dubbi che certezze. La descrizione che ne fa Casalis nel 1845 è piuttosto confusa. Oggi resta un lungo muro chiuso su un lato che fronteggia dalla parte opposta due archi sorretti da una colonna. Le rovine sembrano indicare un edificio allungato realizzato interamente in pietra, ora aperto su un lato. Maiolo parla di una chiesa intitolata a Maria Vergine della Neve o Madonna del Podio. Oltre un secolo fa sicuramente il parroco poteva vedere più di quanto sia concesso a noi. La sua conclusione è che lì sorgeva un edificio che ospitava una “congrega religiosa”: in sostanza la chiesa doveva essere collegata a un monastero.

Nelle vicinanze è stato trovato un piccolo cimitero. Sono anche stati rinvenuti resti umani con “avanzi di mitra e stola”, cosa che fa pensare alla sepoltura di un abate, superiore di un'abbazia. Maiolo riferisce, citando fonti a lui precedenti, che la chiesa (e il convento annesso) esisteva prima del 1368 e godeva di un beneficio semplice di 40 giornate di terreno coltivato. Casalis riferisce che un'iscrizione in caratteri gotici testimonia un'opera di restauro effettuata nel 1457.

Questi elementi portano a ritenere che lì ci fosse un’abbazia benedettina del XIII secolo o successiva. A tutti gli effetti il mistero più grande di queste rovine consiste nella frammentarietà di notizie relative a un edificio sacro che in quella zona non doveva certo essere di piccola entità. In questo senso la sconsolata testimonianza di Maiolo è significativa:

“Certo si è che la Madonna del Podio già esisteva fin dal 1368, e che eravi annesso un Beneficio semplice, della cui origine o fondazione non si ha notizia in verun luogo, benchè il prelodato Arciprete Murazzani sia di avviso che desso fu eretto per decreto Pontificio, con gli stabili proprii del convento, quando, non si sa, nè per qual motivo, nè in qual secolo, i Religiosi che l'abitavano, l'ebbero abbandonato”.