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Un altro conte di Cavour

Stefano BevioneOriginariamente pubblicato nel luglio-agosto 1997

La figura di Camillo Benso, conte di Cavour, domina indiscutibilmente ancora oggi la vita e gli ambienti culturali del paese di Grinzane, di cui l’uomo politico piemontese fu “sindaco operoso e benefico dal maggio 1832 al febbraio 1849”, come recita la stele muraria affissa nel 1896 sul lato sud-ovest del castello. Proprio da qui Cavour svolgeva le sue mansioni amministrative, qui riuniva (a volte in modo informale, nei suoi stessi alloggi) le sedute del consiglio comunale, qui abitava nei periodi in cui il suo apprendistato politico torinese glielo permetteva.

Ecco emergere allora un’immagine di Cavour molto diversa da quella ufficiale di Primo Ministro e diplomatico di statura internazionale come esce fuori dai libri di storia. Si scopre un Cavour esperto di agronomia che tenta l’innesto di nuovi vitigni insieme agli enologi francesi Oudart e Bruché, un Cavour sindaco di un paese di 350 anime per il quale deve dirimere sia discordie su limiti di proprietà che tormentati “affari di cuore” dei borghigiani. Celebre il caso della bella “salinera”, la tabaccaia del paese: la “querelle”, che vide coinvolti tre spasimanti ed il datore di lavoro della donna, tenne banco in tutto il paese per molto tempo. In data 27 ottobre 1833, Cavour scrive nel suo diario: “Com’è strano il mondo! Nei più piccoli paesi si ritrovano le stesse passioni, gli stessi intrighi delle grandi città. Grinzane contiene, in piccolo, le gelosie, le rivalità, gli odii e le falsità che si crederebbe di trovare solo nel gran mondo”. I tre amanti respinti si allearono per vendicarsi della ritrosia della bella donna e le resero la vita impossibile coinvolgendo l’intero paese. Cavour annota: “Sono più imbarazzato di Salomone nel giudicare. Con le donne, le questioni di castità sono piuttosto delicate...”. Il Conte riuscì a evitare l’espulsione della “salinera”, con una decisione che non riscosse molti consensi: “Credo di aver deluso tutti i contendenti - conclude -. E’ il prezzo che si paga a voler essere giusti ed imparziali, a cercare di tenere un “juste milieu”, una conciliante via di mezzo”.

Lo splendido edificio trecentesco era anche il luogo deputato all’amministrazione della vasta proprietà, che comprendeva un mulino, cinque cascine a mezzadria (Borson Grosso, Borson Sottero, Canova, Valdisera e Vallone) e due a conduzione diretta (Cassinotta e Porta). Il Conte dirigeva la tenuta personalmente, nei suoi periodi di soggiorno a Grinzane, o indirettamente, quando era impegnato nel capoluogo sabaudo durante i primi anni di attività politica. In queste occasioni egli delegava la conduzione del fondo agricolo ad un "agente fidato", il fattore Giovanni Bosco, che svolse questa mansione dal 1845 al 1853. Un’idea precisa di tale lavoro ce la può dare il carteggio, sobrio ma minuzioso, che il Bosco teneva con Cavour con frequenza settimanale. In un italiano colorito ed infarcito di termini dialettali, da pratico agricoltore costretto a scrivere per necessità, il Bosco relaziona scrupolosamente il suo principale sull’andamento dei prezzi sui mercati delle Langhe (“Sulla piazza di Alba gli uvarii si vendono da lire 1.75. Doset e prima qualità sino a lire 2.25 a cavagna”), sulla maturazione delle uve (“Il signor Oudart dice che le bordolesi dovrebbero essere già nere, al contrario sono tutte bianche”), sui lavori in atto nella tenuta, sul comportamento più o meno efficiente dei lavoranti, ma anche, in modo personalissimo, sulla vita del paese e sulle condizioni di salute dei suoi cari. Cavour risponde a volte in modo asciutto, dettando istruzioni tecniche da seguire, a volte in tono confidenziale, a suggerire, quasi paternalisticamente, consigli per un maggior benessere economico e sociale del paese, considerando forse Grinzane un piccolo laboratorio, sintesi del “gran mondo” di cui stava salendo alla ribalta. La raccolta delle lettere, curata da Giovanni Silengo, è stata pubblicata nel 1979 a cura dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei Vini di Alba.