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Homo

Pietro Giovannini21 aprile 2016

Il figlio illegittimo di un notaio e una contadina vagì per la prima volta il 15 aprile dell’anno del signore 1452 ad Anchiano, nella campagna toscana, come annotò diligentemente il nonno; il padre Piero gli impose il nome di Leonardo, facendolo battezzare nella vicina chiesa di Santa Croce, a Vinci.

Nella Signoria dei Medici è appena venuto al mondo il più grande genio del suo tempo e forse anche di quelli a venire.

Perché davvero Leonardo da Vinci ha modificato il corso della scienza e plasmato -col suo dono- quello della storia.

 

Una mostra pazzesca lo celebra a Milano, forse la città che più lo rappresenta, non tanto per la lunghissima permanenza alla Corte degli Sforza, né per quella cosa straordinaria che è il miracolo del Cenacolo (miracolo soprattutto che sia giunto fino a noi) ma perché credo che lo spirito milanese ben si congegnasse con l’eclettismo “panto-creatore” di Leonardo.

La mostra riesce in un capolavoro assoluto: conciliare in un unico gesto la ricerca scientifica e la filologia leonardesca con l’immaginifica fantasia dei disegni e i sogni che ogni bambino ha fatto davanti a quei disegni, davanti alle straordinarie “invenzioni” di Leonardo.

La mostra ti prende per mano e ti porta dentro agli schizzi e ai progetti, nel corpus impressionante di Codici disseminati tra Inghilterra e Francia, America e Spagna e ovviamente tanta Italia; ma lo fa senza perdere il gusto della meraviglia, senza chiudere gli occhi davanti alla potenza delle visioni di Leonardo da Vinci, senza trascurare il concetto che studiare è importante ma divulgare è fondamentale.

La Fondazione Leonardo 3 (toh: privata) è una italianissima Dreamworks i cui fondatori sono partiti sicuramente dai loro sogni da bambini, gli stessi che tutti a scuola abbiamo fatto… solo che loro li hanno realizzati!

Le macchine di Leonardo, i giochi, i trucchi, gli automi, i prototipi, le armi, le costruzioni sono tutte lì: invenzioni perfette, ricostruite filologicamente nei materiali e nelle forme, come nei meccanismi e nelle proporzioni, 6 secoli dopo, nelle stanze dell’esposizione (Piazza della Scala, ingresso Galleria Vittorio Emanuele II, tutti i giorni dalle 9:30 alle 22:30 – tel. 02.872.397.73).

 

Ma in quelle stesse stanze ci troviamo anche i sogni e le utopie di Leonardo, un uomo che fu comunque figlio del suo tempo. Ecco quindi che accanto a una modernissima balestra automatica o ad automi-soldato in grado di muoversi, sfilano i mille prototipi di “magiche” macchine volanti (il Codice del Volo, fu realizzato studiando in primis minuziosamente gli uccelli; e quindi è soprattutto un trattato di ornitologia, etologia, fisica e ingegneria riunite); vicino a prototipi di sottomarini, strumenti musicali, ponti e gru compare il sogno proibito di una “macchina del moto perpetuo” (chiamata con straordinaria efficacia macchina del tempo); insieme a solidi geometrici, casseforti ad incastro e pompe per l’acqua troviamo modelli di città ideali poste sull’acqua affinché si puliscano da sole.

La parte più impressionante resta però il lavoro fatto sui Codici (che con Dan Brown e le sue boiate non c’entrano nulla, giusto per chiarire), dal restauro alla digitalizzazione, aumentata da effetti grafici semplicemente stupefacenti. Decine di pannelli touch screen permettono di accedere alle singole invenzioni/modelli o all’intero codice. E le pagine volano davanti ai nostri occhi rivelando disegni nascosti, scritte sibilline, indicazioni e collegamenti che cuciono queste pagine in nuove rilegature: quelle del pensiero leonardesco che volutamente affastellava disegni, schizzi, note e dettagli sparpagliandoli per centinaia di pagine, in modo da renderne impossibile la decifrazione a spie e rivali. Leonardo non solo si proteggeva da occhi indiscreti scrivendo da destra a sinistra (per leggerne la scrittura basta uno specchio) ma criptava ogni idea, ogni studio, ogni progetto in questo modo geniale.
Dalle pagine di questo Codici escono decifrate dunque centinaia di idee/invenzioni/ipotesi/prototipi ancora sconosciute al mondo accademico. L’interfaccia interattiva rende la consultazione (ma sarebbe più giusto dire l’esplorazione) dei Codici semplicissima, senza minimamente togliere nulla al fascino di quelle pagine antiche.
Anzi proprio la chiave di lettura modernissima e innovativa, con modellini 3D che esplodono fuori dal disegno e si animano per noi, ecco questa chiave è il tributo più bello al genio modernissimo di Leonardo, a cui sicuramente un computer sarebbe piaciuto da pazzi.

 

Il viaggio nella pittura (a volte ci si dimentica del Leonardo pittore… una cosa incredibile!) ci porta al restauro avveniristico del Cenacolo e alla storia dell’affresco nei secoli, oppure alle tecniche sperimentate sulla Monna Lisa, per soffermarsi infine sulla teatralità di quello che forse resta il suo quadro più bello: una ragazza di vent’anni, Cecilia Gallerani, sta posando per il pittore con un ermellino domestico in grembo ma qualcuno entra nella stanza …e Leonardo li fissa per sempre così, lei e l’ermellino nella tensione/torsione del movimento, nello stupore della sorpresa, condensando mille sensazioni diverse in quel movimento del collo. E inventando la pittura moderna.

 

C’è soprattutto  in questa mostra, nella visione totalizzante del genio di Leonardo Da Vinci, l’orgoglio di essere italiani, non solo di abitare un luogo magico, speciale e forse unico del pianeta ma anche la responsabilità di essere i tedofori, i testimoni, gli ultimi eredi di una tradizione che ha regalato al mondo il bello e l’ingegno.

C’è la volontà di trasmettere questo come la vera immagine di un popolo che -pur tra mille difetti- ancora affascina e sa far sognare l’umanità, proprio come accade tra le magiche pagine di Leonardo Da Vinci.

 

Leonardo, dopo Ludovico Sforza – il grande principe/mecenate che gli ha dato asilo, fama, sicurezza e soprattutto tempo – girerà, come un perfetto uomo del Rinascimento, tra Mantova, Venezia, Firenze e di nuovo a Milano, per stabilirsi infine nel 1517 in Francia ad Amboise, su invito personale di Francesco I. E qui all’età di 67 anni, morirà due anni dopo, il 2 maggio del 1519; aveva fatto testamento appena pochi giorni prima, a riprova che fu lucido e presente a sé stesso fino alla fine. Pare che Francesco I (che non era uno molto tenero) alla notizia dell’incolmabile perdita si sciolse in lacrime.

Leonardo infatti fu un uomo che impressionava e metteva in soggezione già i contemporanei, quasi fosse stato un Mago invece che un laicissimo Scienziato; soprattutto fu un grande osservatore della Natura, per lui il vero motore dell’Universo.

 

Da giovane aveva subìto un processo per sodomia (ma venne assolto con un ammonimento) e curiosamente non si sposò mai, forse più per misoginia che per vera omosessualità.

Con Michelangelo, l’altro demiurgo del Rinascimento si detestavano e per altro mantenne poche relazioni con i tanti grandi artisti suoi contemporanei. Dicono fosse molto morigerato e pochissimo attaccato ai soldi (tant’è che i fratellastri lo esclusero dall’eredità paterna); fu invece un grande amante degli animali, in particolare quegli uccelli che, con sua somma invidia, vincevano la gravità e allora lui al mercato li liberava, non tollerando la loro vista in gabbia: per questo qualcuno pensa fosse vegetariano. 

Come scienziato fu decisamente agnostico e non credeva ai miracoli, confutando –con lo stesso metodo– credenze, superstizioni e religioni. Non conosciamo nessun amore, nessun legame, nessun suo affetto privato: da un quadro solo non si separò mai, quella Gioconda che lasciò in eredità a Salaì, il suo allievo prediletto (mentre tutti gli scritti andarono all’altro suo pupillo Francesco Melzi).

C’è chi crede che la Monna Lisa altro non sia che un suo autoritratto: che si tratti di un capolavoro per beffarsi della società e proprio per questo più enigmatico e affascinante; o che sia una sorta di Madame Bovary con quattrocento anni di anticipo; o ancora un ritratto umanissimo della fragilità dell’animo dell’artista, fatto sta che Leonardo vi attese e lo ritoccò incessantemente per tutta la vita.

 

Leonardo da Vinci, il figlio illegittimo di una contadina analfabeta, è il Rinascimento personificato. Fu pittore, scultore, architetto, musicista (dicono fosse un vero virtuoso), inventore, fisico, ingegnere, chimico, medico, botanico e astronomo ma lui si definiva con ironia “omo sanza lettere” (cioè che non parlava latino).
Al contrario di Dante, ci ha lasciato la sua firma e un autoritratto dell’artista da vecchio (è a Torino, nella Biblioteca Reale) ma non una tomba: infatti la sua fu violata e distrutta nelle guerre di religione tra cattolici e protestanti e così le sue spoglie finirono disperse.

 

Durante la vita di Leonardo, un genovese vagabondo e sognatore scoprì per sbaglio un nuovo continente… e così, per convenzione, oggi si usa l’anno 1492 e la Scoperta dell’America di Colombo per segnare la fine del Medioevo.

Però nei fatti è con Leonardo e le sue mille “Scoperte” che nascono -non il Rinascimento- ma l’Uomo Moderno e il nostro tempo.

 

Il testimone di Leonardo passerà a un polacco, Copernico, che metterà il Sole al centro dell’Universo, così come Leonardo aveva messo vitruviamente l’Uomo al centro della terra. Poi il genio tornerà ancora in Italia, ancora in Toscana, in quella Pisa dove il 15 febbraio del 1544 nasce un altro straordinario rivoluzionario: Galileo Galilei.
La scienza moderna infatti nasce con Galileo e il metodo sperimentale.

Leonardo non lo teorizzò ma lo mise in pratica tutta la vita.

 

“Io credo che invece che definire che cosa sia l'anima, che è una cosa che non si può vedere, molto meglio è studiare quelle cose che si possono conoscere con l'esperienza, poiché solo l'esperienza non falla. E laddove non si può applicare una delle scienze matematiche, non si può avere la certezza.” Leonardo