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Davide Lajolo

Diego De Finis3 maggio 2016

Davide Lajolo fa parte della generazione di scrittori dello stampo di Beppe Fenoglio e Cesare Pavese e con loro ha condiviso diverse tematiche come lo stretto rapporto col territorio di origine, in questo caso il paese di Vinchio e la Val Sarmassa, la Resistenza e il movimento partigiano e un certo impegno politico che in Lajolo, al contrario degli altri due si è concretizzato con l’attività giornalistica presso l’Unità e quella da parlamentare eletto nel Partito comunista.

Lajolo, nato nel 1912, lasciò la famiglia e la natia Vinchio all’età di otto anni, perché nel paese astigiano la scuola si fermava alla terza elementare. Naturalmente portato per gli studi classici e la letteratura, la sua è stata una giovinezza all’insegna dell’impegno all’interno del Regime fascista, affascinato dal suo lato rivoluzionario e per alcuni versi anticonformista. Anche per queste ragioni ha partecipato alla guerra civile spagnola nella divisione “Volontari del Littorio”. Da questa esperienza nacque il suo primo romanzo: Bocche di donne bocche di fucili, pubblicato nel 1939. Partecipa anche alla seconda guerra mondiale sui fronti greco e albanese. Fra il ‘40 e il ‘43 scrive poesie che raccoglie in due volumi: Nel cerchio dell’ultimo sole e L’ultima rivoluzione. Si tratta degli ultimi scritti del periodo fascista, poiché l’8 settembre del 1943, tornato a Vinchio decise di passare dall’altra parte, partecipò alla Guerra di resistenza come partigiano col nome di “Ulisse”. Un passaggio fondamentale nella sua vita, descritto in due romanzi: Classe 1912 (poi ristampato col titolo: A conquistare la rossa primavera) e Il voltagabbana, pubblicato nel 1963.

Fin da giovane aveva coltivato la passione per il giornalismo che prosegue dopo la guerra con la sua attività presso l’Unità, l’organo del Partito comunista italiano. Nel 1958 prese il via la sua carriera politica, eletto deputato nella lista del Pci. Rimase in parlamento fino al 1973, svolgendo anche la carica di vice presidente della commissione di vigilanza sulla Rai. Ma l’attività politica non gli ha certo impedito di proseguire quella letteraria, al contrario. Dal 1959 fu codirettore della rivista L’Europa letteraria e dal 1971 al 1978 fu direttore del settimanale “Giorni - vie nuove”.

Fra gli anni ’60 e ’70 scrive le opere che lo rendono celebre, fra cui Il vizio assurdo - Storia di Cesare Pavese, tradotto in varie lingue (1961), Veder l’erba dalla parte delle radici, premio Viareggio per la letteratura nel 1977, Come e perché del 1968 I me, ancora del 1977. Ha scritto per il teatro, sceneggiature per il cinema e la televisione. Ha pubblicato vari saggi di critica letteraria, fra cui anche Fenoglio, un guerriero di Cromwell sulle colline delle Langhe. La sua produzione letteraria ha avuto al centro della sua opera anche il territorio di origine, Vinchio e la Val Sarmassa. Nel libro Veder l’erba dalla parte delle radici recupera una leggenda che rende celebra una grande quercia secolare presente in Val Sarmassa, La Ru. Fra le sue fronde, secondo la narrazione dello scrittore, cercarono protezione due giovani innamorati durante il periodo della peste del 1630.

Lajolo morì all’inizio dell’estate del 1984.