Tu sei qui
"Le aveva sempre pensate, le colline, come il naturale teatro del suo amore,
e gli era invece toccato di farci l’ultima cosa immaginabile, la guerra."
Lo scrittore nacque ad Alba il 1° marzo 1922 e trascorse quasi tutta la sua vita nella capitale delle Langhe: un territorio con cui lo scrittore mantenne un profondo rapporto di appartenenza fino alla morte, sopraggiunta per un tumore ai polmoni, il 18 febbraio 1963.
Figlio di macellai e primo di tre figli, si distingue alle elementari e su consiglio del maestro viene iscritto al Ginnasio. Al Liceo Classico Fenoglio ebbe due insegnanti che segnarono decisamente il suo pensiero e la sua vita: Pietro Chiodi e Leonardo Cocito, intellettuali antifascisti e poi partigiani.
La sua cultura letteraria nacque soprattutto dall’ammirazione per la letteratura anglosassone (James, Lawrence, Conrad, Yeats, Coleridge), che Fenoglio contrapponeva al meschino provincialismo del fascismo; si impadronirà in poco tempo di quella lingua immediata e istintiva, tanto da farne ottime traduzioni (come “La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge) e usare indifferentemente l’inglese o l’italiano nelle stesure dei suoi scritti.
Si iscrisse quindi alla Facoltà di Lettere a Torino, ma la chiamata alle armi giunse ad interrompere i suoi studi universitari: dopo il corso per allievi ufficiali venne trasferito a Roma da dove, dopo l’armistizio dell’8 settembre, riuscì a tornare a casa.
Ebbe così inizio la lunga esperienza partigiana sulle colline delle Langhe che segnò profondamente la vita di Fenoglio: dopo una breve e deludente militanza tra i partigiani garibaldini, passò sotto il comando dei badogliani di Mauri e Balbo, dove grazie all’ottima conoscenza dell’inglese si rese indispensabile come ufficiale di collegamento.
"Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell'anno 1944."
A guerra finita trovò lavoro presso un’azienda vinicola ed ebbe modo di dedicarsi alla stesura di romanzi e racconti. Dopo tormentate stesure e rielaborazioni, nel 1952, Einaudi pubblica l’esordio fenogliano de “I ventitré giorni della città di Alba” (raccolta di racconti partigiani) e “La malora”, romanzo ispirato alle grame vite della gente di Langa.
"Pioveva su tutte le langhe, lassù a San Benedetto mio padre si pigliava la sua prima acqua sotto terra."
Nel 1959 Fenoglio dà alle stampe il romanzo “Primavera di bellezza” (incentrato sul periodo dell’armistizio) che l’anno successivo vince il Premio Prato.
Si sposa civilmente nel 1960 con Luciana Bombardi, da cui nel 1962 avrà una figlia, Margherita. Con il racconto “Ma il mio amore è Paco” nel 1962 si aggiudica invece il Premio “Alpi Apuane” ed è proprio in occasione della premiazione che Fenoglio inizia a soffrire del cancro che nel volgere di un anno lo ucciderà.
Inchiodato a letto, ormai muto, scrive in un biglietto al fratello Walter: “Funerale civile, di ultimo grado, domenica mattina, senza soste, fiori e discorsi”.
“Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano. Mi pare d’aver fatto meglio questo che quello. E non ci sarà pericolo che il vento spezzi la mia lapide, perché giacerò nel basso e bene protetto cimitero di Alba. C’è stato un tempo in cui sognavo di diventare un grand’uomo unicamente all’effetto di poter scegliere la mia sepoltura. Ed in quel tempo m’ero quasi deciso per il piede d’un pino, nella pineta del Piano della Bossola.”
Usciranno postumi il racconto “Un giorno di fuoco”, il romanzo più bello “Una questione privata” forse incompiuto, “La paga del sabato” e soprattutto “Il partigiano Johnny”, la grande epopea della guerra partigiana, a cui Fenoglio attese tutta la vita.
"E fu il più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando più nessuno se l'aspettava (…), e arrivò a scriverlo e nemmeno finirlo, e morì prima di vederlo pubblicato, nel pieno dei quarant'anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c'è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita" (Italo Calvino a proposito di "Una Questione Privata")
Alba e tutte le Langhe lo ricordano come uomo introverso e tormentato, partigiano di valore, accanito fumatore, appassionato di sport e scrittore di razza, profondamente innamorato della sua terra e della libertà.
Nel 2005, come aveva profeticamente detto in uno scatto d'ira a sua madre che lo rimproverava sempre per non aver terminato gli studi (Madre, la laurea me la porteranno a casa!), l'Università di Torino ha conferito la Laurea Honoris Causa in Lettere alla memoria dello scrittore, con una bella Laudatio del prof. Gianluigi Beccaria.
"Scrivo per un'infinità di motivi. Per vocazione, anche per continuare un rapporto che un avvenimento e le convenzioni della vita hanno reso altrimenti impossibile, anche per giustificare i miei sedici anni di studi non coronati da laurea, anche per spirito agonistico, anche per restituirmi sensazioni passate; per un'infinità di ragioni insomma. Non certo per divertimento. Ci faccio una fatica nera."