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Neive. Siamo a pochi chilometri da Alba, le ultime propaggini della Bassa Langa si allungano fino a sfiorare il Monferrato, che comincia proprio laggiù, al fondo della strada per Castagnole; dall’altra parte invece è sufficiente una breve camminata per affacciarsi sul Tanaro e il panorama è subito quello del Roero, con i suoi eleganti castelli che fanno da sentinella sulla valle.
Si staglia su Neive l’ombra delle colline del vino, quelle colline rigate di vigneti ordinati che spesso vediamo nelle fotografie di maniera, esaltate dai tramonti dietro le Alpi o soffuse nelle nebbie di mezza stagione, linee morbide che si ingigantiscono in lontananza, verso sud, verso la Langa più alta. Per raggiungere Neive da Alba, scegliete la strada di cresta, attraverso le splendide colline tra Treiso e Barbaresco, tra le vigne di nebbioli che in autunno si trasformano in struggenti tavolozze di verdi, gialli, rossi e prendetevi qualche sosta tra le numerose curve, per dare un occhiata al mutevole panorama e per spiare come laggiù -appena alle spalle di Neive- la Langa diventi già Monferrato, e come i nebbioli cedano il passo ai moscati.
Superate Tre Stelle in direzione Barbaresco e prendete il bivio per Neive verso i vigneti di Cottà e poi dei Currà: la collina di San Cristoforo svetta altissima e ripida a nascondere il centro abitato; poi la strada inizia a scendere velocemente e Neive appare all’ultima curva quando ormai ci si ritrova all’ingresso del paese, al Rondò, sulla strada che mette in comunicazione i due nuclei abitati, il paese storico sul poggio e il borgo nuovo in basso. Le due realtà si presentano ben diversamente connotate e anche separate in modo piuttosto netto: a destra la discesa che scende a Borgonuovo, a sinistra il vialetto che si arrampica a Neive antica, segnalata dal rosso della Torre campanaria, dal verde dei giardini e dalle numerose residenze delle antiche e nobili famiglie neivesi.
Arrampichiamoci quindi verso il concentrico del paese alto, di impronta tipicamente medioevale, arrotolato a spirale attorno a Pian Castello, ed entriamo passando l’arco di San Rocco.
È sicuramente consigliabile abbandonare l’automobile prima di addentrarsi all’interno della “cinta” dell’abitato e potrete farlo approfittando dei parcheggi lungo la via di circonvallazione, che collega le porte d’ingresso al paese. Entrambe le porte sono “presidiate” da cappelle votive di origine cinquecentesca, dedicate ai santi protettori del paese contro le epidemie di peste.
San Rocco presenta ancora la sua struttura originale, preservata quasi completamente grazie ai lavori compiuti nel 1783 dall’architetto Giovanni Antonio Borgese, neivese illustre che ha dedicato al suo paese gran parte dei suoi studi e delle sue opere e la cui fama incontreremo a più riprese sulla nostra strada. La seconda chiesetta è intitolata a San Sebastiano ed è probabilmente coeva di quella di San Rocco: la sua presenza delimita l’abitato sull’altro lato del paese.
Da entrambi gli ingressi si sale rapidamente verso il centro: in alcuni tratti affiora ancora l’antica “sternìa”, l’acciottolato fatto con i sassi che si strappavano alle rive dei fiumi. Si entra così nella bella e intima piazza Italia, cuore amministrativo di Neive; oggi la piazza si presenta stretta e lunga ma un tempo era uno spiazzo ben più vasto: non essendo edificata sul lato a monte la visuale spaziava sulla costa della collina che sale a Pian Castello, con la casa-forte Cotti e la svettante torre campanaria ben in vista. Su questo lato si innalza il primo palazzo comunale, che oggi ospita l’accoglienza turistica e la biblioteca; il palazzo contiguo, con archi slanciati e grande orologio, è stato anch’esso sede del Municipio, come testimonia ancora la scritta in facciata. Ma non lasciatevi ingannare: l’attuale Municipio è attualmente quello di fronte, Palazzo Borgese (casa natale dell’architetto) con la sua bella facciata in mattoni a vista, arditamente raccordato al primo edificio della via che scende a San Sebastiano da una passerella aerea in ferro battuto. Le ampie sale del Palazzo ospitano gli uffici comunali, mentre quelle che erano le antiche cantine (gli “infernòt”) sono ora la sede della Bottega dei Quattro Vini.
Saliamo ora verso la parte più alta di Neive: come già detto la sommità su cui spicca la torre campanaria è nota con il nome di Pian Castello, dallo scomparso castello dei Signori di Neive che venne innalzato qui intorno all’anno 1000, al fine di difendere il paese dalle scorrerie dei Saraceni che da queste parti furono di casa per più di un secolo; dagli inizi del XIII secolo la zona fu invece interamente in mano agli Astigiani, che innalzarono l’alta torre. Oggi delle mura che ne proteggevano il “ricetto” rimane qualche frammento nei giardini del Conte di Castelborgo. Anticamente Pian Castello segnava un confine geografico tra i due versanti della collina, divisa in Ripasorita, la parte soleggiata da mezzogiorno a sera, e Ripafredda, il versante che riceve i raggi solari soltanto la mattina; sulla torre inoltre, a circa cinque metri d’altezza, si conserva ancora una lapide funeraria di origine romana (II secolo d.C.), testimonianza del più antico nucleo abitato neivese.
Sono molte le testimonianze rinvenute nei dintorni di Neive risalenti a quell’epoca: lo storico neivese Vincenzo Vada cita le numerose tombe e lapidi della necropoli in valle Tinella (che tra l’altro permettono di far risalire il toponimo alla gens Nevia) ed i resti di un ponte marmoreo sullo stesso torrente e della conseguente strada che potrebbe essere “un ramo della via Giulia Augusta tendente alla via Emilia”, in pratica la strada delle legioni di Cesare alla volta delle Gallie.
Forse anche più antica della Torre, almeno nelle sue fondazioni è la Casa-forte Cotti di Ceres, costruzione risalente al XII secolo, però oggi molto rimaneggiata. Sui resti murari dell’antico maniero fortificato troviamo invece Villa Pina, con il suo giardino di alberi secolari che ombreggiano piazza Cocito: l’antica casaforte che si affaccia sull’altro lato della piazza è il signorile Palazzo Cocito, che nel XVI secolo ospitava l’atelier farmaceutico del nobile Gabriele Cocito, con annessa l’antica “hostaria”.
Il pianoro prosegue fino a piazza Negro e offre a chi passeggia la vista dell’arciconfraternita di San Michele, altra opera dell’architetto Borgese, la cui costruzione si protrasse per quarant’anni e terminò nel 1789, come segnalano alcuni coppi ritrovati sul tetto. La cupola è alta e maestosa, la facciata segue i tratti classici del barocco e presenta un portale d’ingresso (opera del neivese Giovanni Busso) su cui sono intagliati i diritti dell’uomo, sormontati dalla bilancia della Giustizia. Non lontano si staglia la Parrocchiale dei SS. Pietro e Paolo, segnalata dallo slanciato campanile (1731) dall’architetto Francesco Gallo. La struttura della chiesa si innesta su di una pre-esistenza antichissima (probabilmente del XII secolo), una basilica cimiteriale romanica; ha una linea tardo barocca e mantiene gli stucchi settecenteschi dell’interno.
Aggiriamo il concentrico scendendo lungo via Rocca e attraversiamo quella che è ancora conosciuta come la Rampa del ballo: uno spiazzo ove i neivesi si recavano a ballare e a trascorrere le ore di festa in compagnia.
Quest’area è stata in parte assorbita dal Giardino del Conte di Castelborgo; anche qui la mano dell’architetto Borgese ha lasciato grandi segni del suo operato, nel Palazzo Bongioanni, poco più avanti in via Lafleur, segnalato dall’imponente portale, e nell’ingresso monumentale al Giardino del Conte (la sua tesi di laurea nel 1751) costituito da tre archi delimitati da quattro doppie colonne e chiusi da cancelli di ferro sormontati dallo stemma dei conti. Il giardino è oggi molto ridimensionato ma questo maestoso ingresso lascerebbe presupporre un parco gigantesco: tutto sommato il contrasto non è stridente ma piuttosto suggestivo.
Accanto al giardino si allunga il Palazzo dei Conti di Castelborgo, (noto oggi come il Castello di Neive) che attualmente ospita una prestigiosa azienda vinicola. Siamo così tornati all’arco di San Rocco da cui avevamo iniziato la nostra passeggiata in uno dei Borghi più Belli dìItalia, come recita il cartello all’ingresso del paese (ed è vero!).
Non esiste solamente la Neive barocca, ma anche due piccole porzioni periferiche di una Neive romanica e neogotica: il romanico si deve all’Abbazia benedettina di Santa Maria del Piano, anteriore all’anno 1000, mentre il neogotico è rintracciabile nella cappella cimiteriale dei Conti di Castelborgo. Quest’ultimo è il sito più rapidamente raggiungibile, anche a piedi con una passeggiata sulla bella collina che da Neive va verso il Tanaro e che annovera alcuni dei migliori crus della zona. Negli anni ‘20 per la costruzione del nuovo cimitero, il Podestà, Conte Guido Riccardi Candiani, mise a disposizione un terreno e volle far erigere una cappella. L’incaricato fu lo scultore torinese Carlo Biscarra, che si ispirò alle linee gotiche del Duomo di Chivasso; per le pitture dell’interno ci si rivolse a Cesare Ferro: i suoi dipinti luminosi e le decorazioni floreali e geometriche testimoniano della lunga esperienza in Estremo Oriente dell’artista torinese. Curioso aneddoto è questo, di una comunità di artisti dell’Accademia Albertina che nei primi anni del secolo scelse di lavorare in Siam, sotto l’egida di un re innamorato dell’arte italiana: numerose testimonianze rimangono a Bangkok del modo in cui questo gruppo riuscì a fondere con grazia il liberty europeo all’arte Thai.
Per raggiungere la torre romanica di Santa Maria del Piano dovremo invece scendere verso Neive Borgonuovo, passando davanti alla storica grapperia dell’ormai scomparso Romano Levi, il grappaiol-angelico di veronelliana memoria. Molta della poesia di Neive la si deve a lui e lui solo.
Dopo questo breve omaggio d’obbligo ripartiamo, come la sua famosa donna selvatica che scavalica le colline, verso la collina di Mango: appena fuori Neive, svettante tra gli alberi e i vigneti in prossimità del torrente Tinella, spicca la rossa torre di Santa Maria del Piano, quella che fu per secoli una grande ed operosa abbazia benedettina.
Nata sulle rovine di un tempio dedicato a Diana, la chiesa sorse in prossimità di una sorgente di acqua salata (la zona è ancora nota con il nome “la Salina”); divenne in seguito monastero e le cronache ci riportano notizia di un’attività già fervente nell’anno 1014, mentre il massimo splendore l’abbazia lo raggiunse intorno al 1300, ospitando più di cento monaci, tutti dediti al lavoro nelle campagne della valle Tinella. Purtroppo, a partire dal 1700, il progressivo diminuire dei monaci, l’incuria e le devastazioni del periodo rivoluzionario fecero sì che la chiesa cadesse in rovina verso la metà dell’Ottocento; come ci racconta sempre lo storico Vincenzo Vada, l’edificio venne vieppiù ridotto, fino al completo abbattimento del monastero: oggi rimane in piedi solo una parte della sacrestia e, fortunatamente, la torre nella sua pressoché completa integrità: cinque piani divisi da cornici ad archetti e scanditi da finestre bifore che si assottigliano verso il basso, fino a diventare fessure nei piani inferiori. L’impianto è discretamente conservato e non dimostra certo i suoi mille anni.
Da Santa Maria del Piano si può poi attraversare il Tinella e salire verso il Bricco di Neive oppure puntare verso Treiso e Barbaresco per due piacevoli escursioni in collina, da fare a piedi o in bici, sfilando tra i vigneti, anche qui “pettinati” con cura sui diversi versanti per propiziare al meglio la crescita e la maturazione di questi frutti della vite così preziosi.
Verso Barbaresco, la valle in cui passa la ferrovia (e un tempo correvano i treni) è l’ideale anche per un buon vecchio pic-nic e per saltare da un cru all’altro (la carta completa di tutte le menzioni della docg del Barbaresco la potete trovare presso la Bottega dei 4 vini o all’Enoteca regionale di Barbaresco). Se invece vi arrampicate alla frazione Bricco, scoprirete un piccolo microcosmo, quasi indipendente (esiste una fiera rivalità tra la borgata e il capoluogo) completamente immerso nei vigneti. Potrete lasciare l’automobile nella piazzetta, lì dove sorge la vecchia scuola elementare, ora trasformata in micro-birrificio (l’unico delle Langhe!). Ma, per farsi venire un sano appetito, non c’è niente di meglio (o quasi...) che una bella passeggiata in campagna: la strada sale verso borgata Spessa e quando arriviamo nelle sue prossimità, all’incrocio con la strada comunale, il panorama è veramente spettacolare e lo sguardo spazia tra Alpi, Roero, terre del Barbaresco e Monferrato. Se avete a disposizione ancora un’ora e mezza circa, potrete intraprendere la discesa dall’altra parte del versante, lungo il percorso che passa da cascina Nuova e scende verso Rivetti, per poi tornare verso Bricco. Se ora vorrete concedervi una meritata cena la vostra guida non avrà nulla da eccepire, né vi mancheranno le occasioni per gustare l’ottima cucina ed i grandi vini di questa terra.