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La vicenda storica del regno Longobardo in Italia è piuttosto complessa (più di quanto si possa immaginare dagli studi scolastici) e mostra l’evoluzione, nell’arco di circa 200 anni dello scontro di potere che ha diviso la penisola italiana, fra i nuovi arrivati, la Chiesa cattolica romana, che si stava affermando non solo come riferimento spirituale, ma anche come potere temporale, e l’impero bizantino, il cui ruolo viene spesso sottovalutato nel racconto della storia italiana di questo periodo, eppure formalmente il regno d’Italia è stato, dopo la vittoria sui Goti, territorio dell’Impero romano d’Oriente, anche se quest’ultimo non è mai riuscito a esercitare pienamente le sue prerogative, non su tutta la penisola.
Dal punto di vista per noi più interessante, quello della storia della nostra regione, L’affermazione dei Longobardi ha rappresentato il recupero di centralità e importanza, almeno dal punto di vista politico.
Va subito detto che alla vigilia dell’invasione di Alboino alla guida non solo di un esercito, ma di tutto un popolo che si è spostato nella penisola, il Piemonte, secondo quanto narra Paolo Diacono, lo storico del regno longobardo era suddiviso in due parti: la Liguria che comprendeva la parte nord orientale del Piemonte con Torino e Asti fino a Pavia e Milano e il distretto delle Alpi Cozie, che non rappresentava solo il confine alpino con i Franchi, ma anche una buona fetta del sud Piemonte, comprendete tutta l’attuale Liguria, Acqui Terme e Tortona, ancora una volta snodo strategico territoriale di grande importanza. Questa divisione è rimasta anche con l’arrivo dei nuovi conquistatori, anzi, il controllo dell’attuale Liguria viene acquisito solo da Rotari a metà della VII secolo, questo significa che le Alpi Cozie sono state territorio di frontiera conteso fra Franchi da occidente, imperiali e Longobardi da oriente.
Il quadro del territorio era comunque desolante. È Paolo Diacono che apre la sua storia narrando come soprattutto la Liguria sia stata colpita da quella che è stata successivamente chiamata Peste di Giustiniano in un periodo imprecisato fra il 562 e il 568 che ha provocato molti morti e danni in una popolazione povera già vessata dalla guerra e dalla sorte. L’ingresso in Italia di Alboino avvenne da nord est nel 568, e inizialmente non trovò grande resistenza finché l’esercito longobardo pose l’assedio a Pavia. Questa resistette per ben tre anni prima di capitolare nel 572 e con essa tutto il resto della Liguria. Alboino decise di fare di questa tenace roccaforte la capitale del suo regno, così Pavia conobbe il suo momento di massimo splendore. La gloria di Alboino è stata invece di breve durata, ucciso da una congiura di palazzo ordita dalla moglie (di queste vicende di letto e di pugnale pullula la storia longobarda) sul trono è salito Clefi, il cui regno è durato solo un anno e mezzo, anche lui ucciso in seguito a una congiura. Ne è seguito il Periodo dei Duchi, una fase di anarchia durata dieci anni in cui il territorio longobardo è stato governato con la violenza dai duchi, ovvero i comandanti dell’esercito.
Il territorio Longobardo era suddiviso in ducati. Non si tratta di una divisione amministrativa molto complessa, i duchi erano sostanzialmente i generali dell’esercito, coloro che si erano mostrati più valorosi in battaglia (la nobiltà medievale ha sempre avuto questa origine) in questo decennio gli oltre 30 duchi decisero di espandere il proprio territorio ognuno per conto proprio. Paolo Diacono non cita quello di Torino fra i più importanti in questa fase. Addirittura tre di queste tentarono un’incursione nella Gallia del sud e dovettero ritirarsi abbandonando il bottino per via dell’intervento di Sisige, magister militum di Susa, formalmente sotto il controllo bizantino, ma di fatto governatore per conto proprio di quel territorio nelle Alpi Cozie. Spinti dalla minaccia di Franchi e Bizantini, nel 584 i duchi decisero di eleggere nuovamente un re, Autari, che si insediò a Pavia e prese il titolo di Flavio. Era un modo per ingraziarsi la popolazione italica con un rimando all’antica Roma. Autari è riuscito a rimettere ordine nel regno e a respingere le minacce di Bisanzio e dei Franchi (contro cui vinse una battaglia nel 588 in Piemonte, ma in luogo imprecisato). La sua abilità è giunta fino a ottenere una tregua con l’impero bizantino. Poco prima di morire Autari si sposò con Teodolinda, principessa Bavara, figura importantissima non solo in generale per la storia longobarda, ma in particolare per quella piemontese. Infatti alla morte del consorte è stata la giovane vedova a scegliere il suo successore, sposando il duca di Torino Agilulfo. Teodolinda è una figura chiave per l’avvicinamento dei Longobardi alla chiesa Cattolica. Il regno alle sue origini si è contraddistinto come pagano, legato alle divinità originarie di questo popolo germanico proveniente dalla Svezia, ma contaminato da altre popolazioni del nord Europa. A contatto col cristianesimo una parte della classe dirigente si è convertita all’Arianesimo, in maniera comunque blanda. Teodolinda ha cercato di spingere il regno verso il cattolicesimo, intrattenendo una fitta corrispondenza con il Papa Gregorio Magno. Politicamente la sovrana aveva intuito che quel regno avrebbe potuto essere durevole a patto di stringere rapporti amichevoli con l’emergente potenza della chiesa, allora formalmente ancora sotto il controllo politico bizantino. A Torino, Teodolinda ha avviato il culto del patrono San Giovanni Battista e probabilmente iniziato la costruzione della chiesa successivamente diventata il duomo cittadino. Il regno di Agiulfo è stato caratterizzato dal tentativo di conciliazione con i grandi avversari, Bisanzio e i Franchi e dalla spinta verso la chiesa Cattolica. In questo senso l’adozione del figlio Adaloaldo al regno con una cerimonia a Milano che ricalcava quelle di Bizanzio, era segno di una svolta culturale di “romanizzazione”. La coppia diede l’avvio a una specie di dinastia (denominata Bavara) che ha segnato il regno longobardo affondando le sue radici in Piemonte, ma non subito, perché alla morte di Agilulfo, ha regnato per breve tempo il figlio Adaloaldo sotto la tutela dell’onnipotente madre, per poco tempo. Infatti la sua debolezza psichica (Diacono sostiene che sia impazzito) ha aiutato la fazione avversa al cattolicesimo, guidata, ironia della sorte, dal nuovo duca di Torino, Arioaldo, che con un “colpo di stato” di cui si sa pochissimo, è diventato il nuovo re. Ariano, cambiò radicalmente politica, mostrandosi aggressivo sia verso il papato e l’impero d’oriente sia verso i Franchi, riportò la capitale a Pavia, dopo che era stata trasferita a Milano. Il suo regno è durato dieci anni, di cui si sa molto poco (Diacono lo ignora bellamente). È stata nuovamente la vedova Gundeperga a scegliere il nuovo re, sposando Rotari, duca di Brescia, che ha proseguito la politica filoariana del predecessore. Nel 641 conquistò tutta l’attuale Liguria che faceva parte del distretto delle Alpi Cozie. Il suo nome inoltre è ricordato per l’editto che per la prima volta ha codificato per iscritto le leggi del regno. Alla morte di Rotari, dopo il brevissimo regno del figlio, conquistò il trono il duca di Asti Ariperto I appartenente alla dinastia Bavara, in quanto nipote di Teodolinda, che ha ripreso la tradizionale politica di famiglia.
Alla sua morte si aprì una travagliata fase del regno in cui i ducati piemontesi sono stati al centro di una guerra civile strisciante. Il re infatti divise il regno fra i due figli, Godeperto e Pectarito, il primo si stabilì a Pavia il secondo a Milano. Naturalmente entrambi volevano l’intero controllo dello stato e il primo inviò il nuovo duca di Torino Garipaldo a Benevento per chiedere aiuto al collega Grimoaldo. Questi risalì la penisola con intenzioni bellicose e giunto a Pavia uccise Godeperto e dopo avventurose vicissitudini si liberò anche di Pectarito (che andò in esilio fra i Franchi). Grimolado è stato uno dei pochi sovrani longobardi a venire dai ducati del sud Italia. Di particolare interesse per la nostra storia proprio un tentativo dei Franchi di invadere il Piemonte avvenuto nel 663, Grimoaldo sconfisse brillantemente il nemico in una località vicino Asti che da allora si è chiamata Rivus Francorum, oggi Refrancore. Intanto anche i bizantini provarono ad approfittare della apparente situazione di debolezza dei longobardi, tanto che fu lo stesso imperatore Costante II a guidare l’esercito contro il nemico sulla penisola italiana. La campagna avvenne nel sud e vide la sconfitta degli imperiali. Ci segnala comunque come i bizantini abbiano sempre considerato la penisola un loro territorio da recuperare appena possibile, logorando i longobardi lungo tutto il loro regno.
Alla morte di Grimoaldo, avvenuta nel 671, tornò in sella la dinastia Bavarese con l’esule Pectarito che, tornato in patria, venne acclamato dagli altri duchi. Condusse la consueta politica dinastica filocattolica in campo religioso e di conciliazione con i due grandi nemici, Franchi e Bizantini. Sia lui (morto nel 688) che il figlio e successore Cuniperto, dovettero affrontare un temibile duca ribelle, Alachis di Trento (evento ricorrente nella storia longobarda, uscendone vincitori. Il regno di Cuniperto si ricorda per il sinodo di Pavia del 698 che ha portato al riassorbimento dello Scisma tricapitolino che divideva il Papa di Roma dal Patriarca di Aquileia.
L’inizio dell’ottavo secolo ha segnato la fine della dinastia Bavara e di conseguenza del protagonismo dei duchi piemontesi. A Cuniperto è succeduto il figlio minore Liutperto, subito minacciato da nuovo duca di Torino Ragimperto anch’egli della dinastia bavarese. Ne seguì una complessa guerra civile che ha portato fra l’altro i due eserciti a scontrarsi a Novara nel 701 con la vittoria di Liutperto. La guerra si è protratta fino al 712 portando alla fine della dinastia avviata dalla regina Teodolinda, nata a Torino. Sul trono salì Liutprando, probabilmente il sovrano più noto del periodo longobardo.
Si può certamente affermare che con l’arrivo dei Longobardi il Piemonte ha recuperato grande importanza politica nello scacchiere della penisola. Pure restando zona di confine (o forse proprio per questo) ha inciso profondamente sul regno che aveva sede a Pavia e a Milano. I duchi piemontesi erano tutti della zona a nord est (Torino, Ivrea, Asti, Isola di San Giulio) a testimonianza del fatto che il resto del territorio (quello delle Alpi Cozie) sia stato spesso conteso, cerniera fra i Franchi, sempre ostili, e i Longobardi. nella prossima puntata vedremo cosa è cambiato con l’arrivo dei Franchi.