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Strade

Pietro Giovannini17 settembre 2017

Al Diavolo Rosso di Asti (originale e dinamico locale cultural-gastronomico) nel corso di una serie di incontri curati dalla Casa degli Alfieri, interverrà domenica Carla Corso, che difende i diritti civili delle prostitute. L’argomento è di quelli che portano via intere serate, altro che un editorale… in ogni caso senza addentrarsi nell’universo dei rapporti commerciali tra uomini e donne, sulle mille sfumature dell’amore mercenario, sulla reale possibilità di estinzione per il mestiere più antico del mondo, e soprattutto senza analizzare l’aspetto tecnico-legislativo o peggio moralistico, trovo comunque che il nocciolo del problema dovrebbe restare la Dignità della persona umana.

Quando si parla di puttane, il problema diventa appunto come le chiami, o dove lo fanno perché magari ci abiti vicino, e si sviscerano tariffe e nazionalità, giri di affari e numeri (non so poi come calcolati). Mai che si parli della loro condizione umana: ci si mobilita per il fagiano in estinzione, per il barbone, per il cane randagio, per il senzatetto, per il nomade, ma le puttane no: è imbarazzante e poco conveniente (chissà perché quello lì poi è fissato con le puttane? che a furia di frequentarle vedrai…). 

Molti italiani assomigliano a quel direttore del porto di Genova (raccontato da De André in “A Domenega”) che pur pagandosi i lavori dell’anno sulla rendita delle puttane, alzava il sopracciglio quando quelle disgraziate potevano uscire dal quartiere dove erano confinate, per la passeggiata domenicale… era il ‘700, ma la storia è un ottimo esempio di ipocrisia anche per il 2000.

Tanta gente si scandalizza perché le ragazze lavorano vicino alla fermata del bus, davanti ai bambini. Personalmente mi disturba di più che per fare il mestiere queste stesse ragazze siano costrette a stare 5-6 ore in mutande e canottiera a gennaio su una statale (una vera e propria riduzione in schiavitù¹). Non credo che sia una loro libera scelta, come non credo che siano tutte maggiorenni, né consenzienti.

È così difficile trovare (e arrestare) i gentiluomini che accompagnano queste povere criste, che le controllano e contano i clienti e si tengono il 95% dei soldi e ogni tanto le buttano in Tanaro (come successe a Marinella che, per la cronaca, non volò in cielo su una stella)?²

Se poi l’albanese, la nigeriana o la brasiliana (o l’italiana) vuole continuare a fare la puttana si affitterà un bilocale e avanti: quelli per me sono affari suoi! Dove la prostituzione è regolamentata ci sono un sacco di puttane esattamente come dove è vietata o peggio, come in Italia, tollerata, con la differenza che là vivono meglio, è più difficile sfruttarle, hanno un’assistenza costante (cioè non si beccano di tutto) e poi magari una pensione (direi per lavori grandemente usuranti), proprio come chiunque altro essere umano, e per me questa differenza è un indice di civiltà.

Ma tu guarda ad es. che efficienza e che mobilitazione di informazione (tg, quotidiani, settimanali, special) per quel club di vip, per i calciatori e i politici che (ma chi lo avrebbe mai detto?) vanno a puttane proprio come l’uomo della strada: probabilmente i problemi dei clienti sono simili (solitudine, libido, trasgressione?) ma non credo che quelli delle ragazze fossero gli stessi… e come nella storia di Pinocchio, dove i Carabinieri alla fine arrestano il derubato, ecco che tra le due emergenze ci si butta sul club privé esclusivo di Torino³, che forse non ha molta priorità, però fa tanto notizia.

E per le ragazze sulla strada? Boh, che si arrangino… che poi ogni tanto qualcuno ci fa su una bella canzone. Ma oggi non c’è più nemmeno un De André. Qualcuno vuole farsi avanti?⁴

 

¹ Sono convinto che lo “Sfruttamento della prostituzione” sia un reato inadeguato alle reali condizioni del mercato dell’Est o di Africa e Asia.  Esiste ormai un’intera letteratura su come si debba molto più correttamente parlare di “Riduzione in Schiavitù” (reato molto più grave, punito con 15 anni di carcere). Inoltre sarebbe il caso di eliminare il “Favoreggiamento”, reato elastico (e quindi arbitrario) che serve solo a isolare socialmente la prostituta, lasciandola in balìa di magnaccia e protettori vari.

² “La Canzone di Marinella” di De André, è stata ispirata infatti da un crudo fatto di cronaca analogo.

³ Il riferimento è ovviamente al “Viva Lain”, esclusivo bordello, mimetizzato da centro estetico, per ricchi e annoiati calciatori (in barba alla privacy, uscirono i nomi di mezza serie A) e altri vip milionari. Un’inchiesta tutta spettacolo come ormai è d’uso in Italia, dove le foto di Woodcock e Guariniello vengono ormai  pubblicate più di quelle di Miss Italia.

⁴ Questo pezzo non destò nessuna particolare reazione, da cui traggo ulteriore conferma del fatto che quasi sempre gli italiani hanno vedute più aperte di quelle dei loro governanti.