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San Domenico, un gioiello nel cuore di Alba

Redazione3 febbraio 2016

La chiesa di San Domenico è una delle testimonianze più importanti del “Romanico Gotico” in Piemonte. Sorge a pochi passi dalla cattedrale di San Lorenzo, il Duomo cittadino, ma mentre questo rappresenta per gli albesi devozione e passione civile, San Domenico, preceduto da sempre dall’aggettivo “bel”, è la chiesa più ammirata, dove storia, spiritualità e arte costituiscono un unicum di particolare impatto.

La “fabbrica” del San Domenico prese le mosse nel 1292, quando con un documento recante la data del 22 novembre Pietro de Braida mise a disposizione di Padre Lanfranco, Vicario del tempo, la somma di 2.200 lire “per la nuova fabbrica di far nuovo convento dell’Ordine dei Domenicani”.

Il convento e la chiesa vennero dunque messi in cantiere quando la presenza dei Domenicani ad Alba datava almeno alla prima metà del 1.200 in corrispondenza  con l’episcopato albese di Bonifacio II del Carretto. Con ogni probabilità fu la vicenda civile di Pietro de Braida a finanziare il cantiere grazie alla sanzione pecuniaria, come oggi si direbbe in Tribunale, pagata dal nobile per essere riammesso nella lista dei “cives” albesi dalla quale, essendo fuoriuscito dalla città, era stato escluso.

La chiesa fu realizzata a forma basilicale, con tre navate alte circa 17 metri ed ampia abside semidecagonale, in sintonia col passaggio dal Romanico al Gotico primitivo. Occorreranno però almeno due secoli per completare la costruzione che, verosimilmente, avvenne dopo il 1474. La chiesa, come oggi appare ai visitatori, è assai diversa dal progetto originale: della suddivisione tra capella major, destinata alla liturgia conventuale, e chiesa esterna, dove era celebrata la messa per i fedeli, non rimane traccia se non quelle di un’opera in muratura che potrebbe corrispondere al pontile o jubè che, sino alla conclusione del Concilio di Trento, separava le due sezioni. Importanti revisioni ebbero luogo anche tra il 1600 e 1700 quando San Domenico abbandonò la dimensione monastica per diventare una chiesa che oggi diremmo parrocchiale. In questa fase molti affreschi andarono persi a causa del rimaneggiamento architettonico a cui l’edificio fu sottoposto.

Come, ad esempio, la creazione di dieci piccole absidi sulle pareti est e ovest ottenute murando i contrafforti esterni e scavando spazi semicircolari nello spessore murario così ricavato. In epoca napoleonica, con la soppressione degli ordini religiosi, il convento e la chiesa furono considerati semplici edifici pubblici finendo per diventare ricovero per truppe e cavalli. Sotto la calce stesa dai genieri dell’imperatore tutto il corredo iconografico della chiesa fu coperto di bianco in nome di un utilizzo “laico” e pragmatico dello spazio. Alcuni storici dell’arte sono, invece, grati al Corso che, probabilmente senza volerlo, mise in salvo sotto la calce ciò che restava degli affreschi tre e quattrocenteschi che decoravano la chiesa. Nel 1826, dopo la Restaurazione, la chiesa fu donata da Re Carlo Felice al Comune e da questo al Capitolo della Cattedrale. La riapertura al culto avvenne l’anno successivo dopo un primo, assai sommario, restauro messo in atto dalla Confraternita del Sacro Cuore di Gesù che rimaneggiò a sua volta l’aspetto della chiesa devastando alcuni affreschi ed asportando lapidi ed iscrizioni.

  • L'ingresso della chiesa di San Domenico in notturna. Photo: Diego De Finis.
  • La Natività dipinta nella lunetta al di sopra dell'ingresso della chiesa di San Domenico. Photo: Beppe Malò.
  • Frammento di una Natività all'interno della chiesa di San Domenico. Photo: Beppe Malò.
  • La navata centrale della chiesa di San Domenico. Photo: Beppe Malò.
 

Dal 1975, per iniziativa della Famija Albèisa e in accordo col Capitolo della Cattedrale, il Comune e Soprintendenza, ha preso l’avvio il progetto di restauro e recupero definitivo della chiesa e delle testimonianze d’arte in essa contenute. Quasi certamente, per la sua natura primaria di chiesa conventuale Domenicana, San Domenico doveva essere stato affrescato sulla base di cicli e temi pittorici ben definiti. In particolare la chiesa interna doveva ospitare affreschi di notevole bellezza sulle pareti laterali, sulle volte e sulle colonne così come il Convento, in particolare il chiostro, di cui non resta oggi alcuna traccia dopo la demolizione operata dall’architetto Giorgio Busca nella seconda metà dell’800 per edificare l’edificio oggi sede del liceo classico “Govone”. 

I dipinti della chiesa dimostrano che, almeno sino alla fine del 1700, il luogo ospitava le sepolture dei maggiorenti della città, di famiglie nobili o in possesso di grandi mezzi. I frammenti scoperti recentemente corrispondono a scene che rappresentano i committenti nell’atto di venerare San Giacomo Maggiore, Sant’Antonio Abate, Santa Caterina d’Alessandria  e la Vergine in trono. Nei riquadri che disegnano gli affreschi sono rappresentati anche due stemmi araldici, forse appartenenti alle committenze. 

Di recente acquisizione (in seguito ad una campagna di saggi del 2001) sono gli affreschi che decorano la volta della quinta campata della navata centrale della chiesa. Si tratta della rappresentazione di quattro figure femminili. L’opera non è stata attribuita, mentre le figure rappresentate sono probabilmente le quattro Virtù Cardinali (Fortezza, Prudenza, Giustizia e Temperanza) oppure, e più probabilmente, delle quattro Vergini Capitali: Santa Barbara, Santa Dorotea, Santa Margherita d’Antiochia e Santa Caterina d’Alessandria. Questa in particolare corrisponde all’iconografia tradizionale che la rappresenta con la spada con cui venne decapitata e con la ruota della tortura con la quale subì il martirio. Anche la rappresentazione di Santa Caterina d’Alessandria, qui dipinta col drago che le apparve dopo la tortura e col crocifisso col quale lo sconfisse, è molto suggestiva per un’attribuzione in tal senso. 

Sulla parete ovest, quella di destra per chi entra e guarda in direzione dell’abside e del coro, c’è un frammento molto prezioso. Si tratta di un affresco che ha per tema la Natività o, quantomeno, di una scena che corrisponderebbe ai canoni estetici della rappresentazione della nascita di Gesù, del quale è stato scoperto un volto della Madonna di splendida fattura. L’affresco, d’autore ignoto, è cronologicamente collocabile alla metà del secolo XIV. Il tema della natività compare anche nel portale d’accesso al San Domenico: nella lunetta che si trova sopra l’architrave è, infatti, rappresentata la Madonna che presenta Gesù a San Domenico e a Santa Caterina da Siena. L’architrave in pietra è invece scolpito con la raffigurazione dell’Agnello pasquale affiancato da decori floreali. 

 

Beppe Malò