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Arturo Bersano è stato non solo un grande produttore di vino ma pure un uomo che aveva ben compreso prima di tutti gli altri l’importanza di conservare la memoria dei tempi “prima del motore” e soprattutto di dotare la produzione vinicola piemontese di una storia (certificata da documenti) il più lunga possibile. Da queste due intuizioni nasce il Museo Bersano, diviso nelle Contadinerie e nelle Raccolte.
Nel Museo delle Contadinerie a Nizza Monferrato Arturo Bersano ha saputo condensare le testimonianze più sofferte e più gioiose della civiltà enoico-contadina. Il Museo è all’aperto, perché all’aperto era la vita dei contadini ed il loro lavoro quotidiano. È una raccolta di tutto quanto i contadini avevano creato, in attrezzi, per lavorare la terra; ed ogni strumento è testimone di una ricca ed operosa civiltà preparata a sostenere grandi fatiche e lunghe attese, fatica e tradizioni antiche tramandate scrupolosamente di padre in figlio per assicurare il proseguimento dei mestieri artigianali.
Ed è proprio questo il motivo primo delle Raccolte Bersano: far sopravvivere nella storia questa testimonianza di civiltà agreste, ma anche offrire un insegnamento agli uomini di oggi, uomini nervosi, frenetici, professanti il sorpasso ad ogni costo, come se la vita fosse una lunga corsa.
Si tratta di strumenti estratti dal legno e levigati con cura: zappe grandi ed attrezzi da taglio, per smuovere la terra e renderla soffice. Solidi mastelli per “tirare” il vino, tini, grandi botti di cantina, brente per portare il vino a spalla. Ancora secchie, paioli e mortai, setacci e zagole, moschiere in vetro, lanterne e zucche cave per portarci l’acqua, stie e canestri di giunco.
Tra gli attrezzi delle cantine troneggiano su tutti i torchi: la loro maestosa semplicità è simbolo di amorosa dedizione al lavoro di vignaiolo. Ci sono campioni delle tre essenziali macchine di pressione dalla latinità ad oggi: il “Torchio a leva lunga detto latino o di Catone”, che è la prima forma di torchio che si conosca, il ”Torchio a vite discendente detto di Plinio”, che fu adottato nei primi decenni del primo millennio dopo Cristo e il “Torchio a vite capovolta detto alla genovese”, che pare sia nato agli albori del secolo XVIII o negli ultimi decenni del secolo precedente.
Ci sono poi gli attrezzi per il grano, dai primordiali sino alla prima macchina preparata dalla rivoluzione industriale inglese della seconda metà dell’Ottocento per la trebbiatura. Si ravvisano così, in questa civiltà contadina, le prime intrusioni delle tecnologie artigianali e di una contrapposta civiltà delle macchine, come la bottega del maniscalco, col mantice e la fucina, che sa di simbiosi funzionale, ma è evidente che appartiene ad un mondo diverso.
A completamento del Museo delle Contadinerie, Arturo Bersano ha affiancato una “Raccolta delle Stampe sul Vino degli ultimi quattro secoli e sul Monferrato e la Langa”. Esse sono esposte nella Casa San Marco, davanti alla Stazione Ferroviaria di Nizza Monferrato. È una collezione elaborata e ricercata; vi si avverte un estro salottiero. Vi sono editti che disciplinano il vino e la sua commercializzazione, etichette vergate a mano e stampate, pergamene antiche e manifesti pubblicitari, caricature e scene conviviali; tutto quanto riguarda le nostre terre vinose, terre abitate la uomini che non misurano la fatica, ma l’accettano come insostituibile ed ineliminabile dovere della vita.
Il motto più bello di Arturo Bersano resta anche la filosofia stessa della sua azienda. “Se vuoi bere bene, comprati un vigneto”, perché è dalla terra e dalla qualità nel vigneto che dipende in primis la qualità del vino.