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Anche una distaccata valutazione oggettiva non può ignorare il grande contributo che le Langhe e in generale il basso Piemonte ha dato alla cultura italiana del XX secolo. Non solo grazie alla presenza di scrittori di qualità assoluta ormai riconosciuta da tutta la critica letteraria nazionale e internazionale, ma anche per la nascita di una delle più importanti case editrici italiane, una di quelle che ha segnato il panorama culturale del secondo dopoguerra italiano sia dal punto di vista narrativo, che saggistico.
La Einaudi infatti nacque il 15 novembre del 1933 su iniziativa di Giulio Einaudi, il figlio di Luigi, futuro presidente della Repubblica italiana e allora economista liberale fra i più apprezzati non solo in Italia. Il figlio, nato anch’egli a Dogliani il 2 gennaio del 1912 condivideva col padre la grande statura intellettuale tanto da fondare la casa editrice quando aveva ancora 21 anni, in via Arcivescovado 7 a Torino, nello stesso palazzo che aveva ospitato la rivista "Ordine nuovo" di Gramsci. Giulio curava già allora la pubblicazione de "La riforma sociale", rivista diretta dal padre e con la casa editrice si proponeva un rinnovamento della cultura italiana.
Il suo simbolo fu fin da subito il celebre struzzo circondato dalla scritta Spiritus durissima coquit. Così lo descrive Trevisani:
“Che voleva dire lo struzzo? Primo era un bel disegno. Aveva il piglio aristocratico e libresco che ci voleva, in tempi di architettura piacentiniana, di dopolavorismo editoriale, di grafica oceanica scritta sui muri in etrusco maiuscolo su fondo bianco...”
Ma la riforma della cultura nazionale era fin da subito contraria alle idee allora imperanti, quelle del regime fascista che, essendo una dittatura, non poteva tollerare nemmeno l'ombra del dissenso. Nel 1935 Giulio Einaudi venne arrestato e inviato al confino.
Fin dal principio la casa editrice si era circondata di collaboratori che hanno segnato la storia della cultura italiana: Giaime Pintor, i più giovane del gruppo dei fondatori, che morì su una mina tedesca nei primi anni della Resistenza; Felice Balbo che stimolò il confronto filosofico fra Marxismo e Cattolicesimo, Leone e Natalia Ginzburg, buona parte di questo gruppo seguì lo stesso destino di Giulio Einaudi al confino, compreso Cesare Pavese, che aveva iniziato a collaborare con l'editrice. Tornarono tutti in libertà nel 1936 in seguito a un'amnistia. La casa editrice nonostante le avversità determinate anche dalla guerra (la sua sede torinese venne spostata due volte poiché distrutta dai bombardamenti fra il 1942 e il luglio del 1943), si espandeva aprendo anche una filiale a Roma nel 1943 la cui direzione fu affidata a Cesare Pavese.
furono gli anni dell'immediato dopoguerra a determinare l'affermazione della Einaudi come colosso della cultura italiana. L'immagine che la casa editrice si guadagna è quella di un laboratorio culturale ad ampio spettro, non strettamente orientato verso sinistra. Anzi la Collezione di studi religiosi, etnologici e psicologici diretta da Cesare Pavese (nota anche come collana viola per il colore che contraddistingueva la copertina) ebbe un'accoglienza fredda negli ambienti del marxismo ortodosso.
D'altro canto la Biblioteca di cultura storica progettata da Leone Ginzburg ha ospitato saggi di capitale importanza fra cui quelli di Fernand Braudel, Edward Carr, Renzo De Felice, quest'ultimo non legato certamente alla cultura di sinistra.
Ancora Pavese fu l'ideatore de I millenni, prestigiosa collana di classici nata nel 1947, in edizione rilegata, con custodia e ampio apparato critico. I Coralli invece puntava alla scoperta di giovani autori italiani e stranieri. Da segnalare fra le altre anche I gettoni ideata da Elio Vittorini fra il 1951 e il 1958 per ospitare opere di narrativa contemporanea soprattutto italiana.
Gli anni '60 pur in un mercato ancora molto di nicchia riguardo il consumo della cultura, hanno comunque portato nel mondo editoriale italiano le leggi legate all'imprenditoria. Così la casa editrice, nata con una marcata attenzione verso i contenuti culturali, fu indotta a verso la ricerca del best seller del titolo da vendere, in ogni caso i conti dovevano pur tornare, tuttavia nel 1983 arrivò, insieme ai festeggiamenti per i 50 anni di esistenza, anche una crisi finanziaria. Dal 1994 la Einaudi è entrata nel gruppo Mondadori e oggi ne è presidente lo storico Walter Barberis.