Tu sei qui
Nato il 9 settembre del 1908 a Santo Stefano Belbo e presto orfano del padre, Cesare Pavese studiò a Torino in anni di grandi cambiamenti, tra positivismo e idealismo, lotte operaie e fascismo.
Seguì la lezione dei classici e dei realisti dell’Ottocento e dei contemporanei, allievo di Augusto Monti, frequentò molti intellettuali torinesi (tra cui Ginzburg, Mila, Antonicelli) e, dopo la laurea (con tesi su W. Whitman), insegnò inglese in scuole serali e private (tra le sue allieve ci fu anche Fernanda Pivano), e scrisse saggi su Lewis, Twain, Lee Masters, Henry, Melville (sua la traduzione di Moby Dick).
L’anno successivo, nel 1931, perse anche la madre e si ritirò a vivere con la sorella Maria. Nel 1935, dopo alcuni mesi di carcere (per aver frequentato ambienti antifascisti) fu confinato a Brancaleone Calabro. Qui lavorò alla stesura di alcuni romanzi brevi, come Il carcere, e dopo circa un anno, in seguito alla richiesta di grazia, poté tornare in Piemonte. Nel 1936 le poesie di Lavorare stanca diedero origine ad un genere nuovo, in cui il verso supera la metrica e si fa mezzo di narrazione.
Gli anni successivi al confino videro Pavese collaborare costantemente con la casa editrice Einaudi; nel 1941 diede alle stampe Paesi tuoi, mentre proseguiva la sua attività di traduzioni di scrittori americani contemporanei e classici inglesi. A guerra finita si iscrisse al Partito Comunista ed iniziò a scrivere saggi ed articoli di politica per L’Unità, senza dimenticare la narrativa: Feria d’agosto, Il compagno, La bella estate (premio Strega nel ‘50); Dialoghi con Leucò, in cui rielabora miti classici; e ultimo nel 1950 La luna e i falò, tra le cui pagine spiccano i mitici luoghi della sua Langa, le indimenticabili figure di amici e di donne e il tormentoso rapporto tra l’uomo e l’esistenza, componenti essenziali della poetica pavesiana.
Ancora nel ‘50 scrive il volume Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (uscito postumo nel 1951) raccoglie poesie vecchie e nuove, ispirate soprattutto dal tormentato rapporto sentimentale con l’attrice americana Constance Dowling. Nello stesso anno la sua disperazione esistenziale giunse al culmine: Cesare Pavese si tolse la vita il 27 agosto nella camera 313 dell’albergo Roma di Torino; “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono…”, lasciò scritto sul comodino.
Il suo diario, Il mestiere di vivere, pubblicato postumo nel 1952, sintetizza le sue tematiche più profonde: il senso della morte, del dolore, della solitudine vista come gioia dolorosa ma anche come occasione di liberazione.