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I tesori “segreti” di Cherasco

Stefano Bevione6 marzo 2017

La città di Cherasco ha una data di nascita precisa: era il 12 novembre del 1243.

È curioso come ad un dato così esatto si leghi l’origine di una città tanto riservata, discreta a tal punto da essere spesso scelta, nella sua storia, quale luogo ideale per incontri diplomatici, trattative pubbliche e segrete, accordi tra piccole e grandi potenze.

Anche oggi, passando al cospetto dei palazzi di Cherasco, si ha ancora il sospetto che da qualche parte, là dentro, misteriosi dignitari di corte si preparino a firmare qualche segreta intesa, con una piuma d’oca e un po’ di ceralacca. Ma non divaghiamo e torniamo alla storia...

Quel giorno del 1243 il vicario dell’Imperatore Federico II, Manfredo Lancia, ed il podestà di Alba, Sarlo Drua, stabilirono che su questo aereo pianoro, in prossimità della confluenza tra Tanaro e Stura sorgesse una villa nova, che prese il nome da un pre-esistente insediamento.

Cherasco assunse fin dall’inizio la connotazione di una cittadella fortificata: un quadrilatero solcato da strade ortogonali e difeso da bastioni sul modello del castrum romano.

Furono numerose le insegne che campeggiarono sulla città, a partire dagli Angioini (nel primo secolo di vita di Cherasco), per proseguire tra alterne rivendicazioni e pretese con l’avvento dei Visconti di Milano, che dopo quarant’anni di presidio militare fanno di Cherasco il dono di nozze per Luigi d’Orléans, fratello del Re di Francia. Diventando “francese” Cherasco entra in un lungo periodo di guerre, assedi e carestie terminato solo con la pace di Cateau Cambrésis (1559) e nell’andirivieni tra armate imperiali e francesi diventa perfino, nel 1531, possedimento portoghese (!).

Con l’arrivo dei Savoia inizia un lungo periodo di ricostruzione che consente alla città, nel corso del ‘600, una crescente floridezza economica, merito delle grandi famiglie che iniziano ad eccellere nel panorama cittadino, grazie soprattutto alla produzione ed al commercio della seta. Si costruiscono o ristrutturano i grandi palazzi e gli edifici religiosi che ancora oggi ci testimoniano del benessere di quegli anni, si ricostruiscono le mura di cinta –le famose mura stellate– che permettono alla città di isolarsi dal territorio, passando indenne attraverso la peste del 1630 e diventando residenza di corte e luogo adibito alla ratifica di importanti accordi, come la pace del 1631 per la Successione del Monferrato, che apre praticamente l’intero Piemonte ai Savoia.

Per questi motivi non c’è palazzo cheraschese che non possa vantare di aver ospitato illustri personaggi, dai delegati imperiali ai dignitari delle corti di mezza Europa, fino al più altisonante Napoleone Bonaparte che nel 1796, sconfitte le armate piemontesi, si insediò in Palazzo Salmatoris per dettare le sue condizioni. La presenza francese, con il suo spirito rivoluzionario, segnò profondamente la coscienza cittadina ed ancora oggi per le vie di Cherasco, accanto alla toponomastica ufficiale, fanno capolino i vecchi nomi francesi delle strade.

  • Uno dei banchi dei mercatini cheraschesi. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Le fasi lunari sulla torre civica. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La torre civica e il palazzo municipale. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La torre civica di Cherasco in uno scatto notturno. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La volta a cassettoni della sala consiliare del municipio. Photo: Diego De Finis.
 

Certo oggi la città è cambiata: ha perso buona parte delle sue mura difensive, la grande attività dei setifici è stata soppiantata da altri interessi commerciali tra i quali quelli attinenti al turismo, che più ci attraggono nel contesto del nostro itinerario: la grande specializzazione raggiunta da Cherasco nel campo dell’elicicoltura –l’allevamento della lumaca che dà grande prestigio alla cucina cheraschese– e la tradizione delle botteghe di antiquariato e dei più accessibili marchés aux pouces mensili (600 banchi che vendono anticaglie, mobili ed in generale oggetti d’epoca, frequentati ogni volta da un vastissimo pubblico).

Se siete appassionati di questo genere di appuntamenti, visiterete Cherasco in una di queste occasioni, scoprendola vivacissima e gaudente; se invece siete amanti delle tranquille passeggiate e desiderosi di visitare con calma un centro storico nobile e discreto, abbiate allora la pazienza di seguirci attraverso queste vie cartesiane, lungo le facciate di palazzi che a volte occupano interi isolati, all’ombra di portici che sanno di caffè e cioccolato o di vecchi platani che profumano di Francia e fantasmi.

All’incrocio tra i due assi su cui si innerva l’abitato cheraschese (via Vittorio Emanuele, da nord a sud, e via Cavour-via Garibaldi, da est ad ovest) si apre la piazza del Comune, ombreggiata dalla possente Torre Civica: alta 36 metri, la torre rivela i suoi natali trecenteschi solo nella struttura della base e ci offre, insieme al caratteristico orologio, un curioso lunario meccanico sulla facciata occidentale e una ritrovata meridiana barocca su quella meridionale.

Il Palazzo Comunale si presenta anch’esso come il risultato di trasformazioni nell’arco dei secoli, dalle soluzioni trecentesche alle decorazioni del ‘500 alle rielaborazioni del periodo barocco per finire con il prestigioso affresco settecentesco che riproduce lo stemma di Cherasco contornato dall’allegoria dei fiumi Tanaro e Stura. I rifacimenti barocchi hanno finito per prevalere anche all’interno, nel bel salone consiliare dallo scenografico soffitto a cassettoni dipinti, a testimonianza della stagione più florida della storia cheraschese.

La via, conclusa trionfalmente a nord dall’Arco di Belvedere, ci offre le facciate di numerosi palazzi, residenze delle grandi famiglie cheraschesi che sono certamente il filo conduttore della storia cittadina e, di conseguenza, dell’itinerario che ci porta lungo le vie del centro storico.

I palazzi recano, con maggiore o minore eleganza, i segni inclementi del tempo per cui alle molte facciate splendidamente conservate si alternano anche quelle poche in declino. Al loro interno custodiscono poi innumerevoli tesori, nei loro arredi, nelle decorazioni e nei paramenti, come tanti gioielli all’interno del grande “scrigno” che è Cherasco. Trattandosi quasi sempre di abitazioni private la  nostra passeggiata sarà il più possibile discreta, nel rispetto della privacy dei proprietari.

  • La chiesa di Nostra signora del Popolo. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La facciata della chiesa di Nostra Signora del Popolo. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Il campanile della chiesa di San Gregorio. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Volta della chiesa di Nostra Signora del Popolo. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Facciata della chiesa della Madonnina. Photo: Lorenzo Marasso.
 

Puntando all’Arco di Belvedere troviamo, sulla sinistra, i resti di Palazzo Lellio, una delle costruzioni più antiche della città, e di seguito Palazzo Ratti, il cui bel giardino è popolato da esemplari magnifici di alberi e chiuso da un bell’esempio di trompe-l’oeil, e quindi Palazzo Mentone, nel tratto porticato. Di fronte corre lungo tutto l’isolato il maestoso Palazzo Galli della Mantica, unificato dai proprietari in un’unica struttura nel corso dell’800; al suo interno spicca il bellissimo salone affrescato nel 1684 da Sebastiano Taricco. Sullo stesso lato sorgono il seicentesco Palazzo Burotti di Scagnello, dallo splendido salone affrescato dall’Operti, che oggi ospita un prestigioso ristorante stellato, e Palazzo Fracassi, dagli elementi quattrocenteschi modificati nel ‘700, che custodisce una parte degli arredi originali di Palazzo Salmatoris. Sul lato sinistro della via si susseguono poi Palazzo Rachis di Carpineto e Palazzo Brizio di Veglia, dal potente e vasto impianto gotico che la dice lunga sul prestigio economico della famiglia che lo innalzò alla fine del Trecento.

Il bell’Arco di Belvedere, fu costruito nel 1668 su disegno di Giovenale Boetto e con la fattiva collaborazione della popolazione che lo volle come ex-voto. L’arco fu inaugurato solo venti anni dopo, nell’ambito di una spettacolare processione che coinvolse la città intera, con una sfilata ricca di rappresentazioni storico-religiose ed artistiche. Le statue lignee originali vennero rimpiazzate con le attuali in terracotta nel corso dell’800 mentre il gruppo centrale venne ricavato nel marmo.

Alla sinistra dell’arco troviamo la Chiesa di Sant’Agostino, ancora del Boetto ed affrescata da Taricco e Aliberti, completata nel 1677 dalla Compagnia dei Battuti Bianchi. Anche questa costruzione ci parla della floridezza della città e delle compagnie religiose in quel secolo, quando investimenti e donazioni private permettevano la costruzione di queste grandi opere.

Se dopo l’arco voltiamo a destra ed attraversiamo un breve vialetto passiamo accanto al Monumento ai Caduti ed al Monumento agli Eroi della Resistenza, per giungere infine al Santuario della Madonna delle Grazie (la Madonnina, per i cheraschesi). La grande devozione per il Santuario trae origine dal ritrovamento, a metà del ‘700, di un affresco della Madonna con Bambino che, a causa di un’infiltrazione d’acqua, sembrava piangere e, stranamente o miracolosamente, quando si tentò di rimuoverlo il liquido si tinse di rosso. In poco tempo la generosità dei fedeli rese possibile la costruzione dell’edificio che oggi vediamo e che, seguendo i disegni di Nicola Vercellone, ha inglobato in se l’antico pilone votivo.

  • Il cortile interno di Palazzo Gotti di Salerano. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Lo scalone nell'atrio di Palazzo Gotti di Salerano. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Salone interno di Palazzo Gotti di Salerano. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Sala della Grazia e dell'alcova. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Una raffinata volta di Palazzo Gotti di Salerano. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Una lunetta che rappresenta la figura di San Giovanni Evangelista. Photo: Lorenzo Marasso.

Voltando invece a sinistra dopo l’arco raggiungiamo la Chiesa della Madonna del Popolo, costruita nel 1702 sul progetto di Taricco, che innalza la sua facciata in cotto come grandioso fondale scenografico della via dell’Ospedale. L’interno è molto delicato, dominato da sfumature bianche e rosa, e ricchissimo di manufatti artistici: le statue lignee di San Giovanni e San Giuseppe del cheraschese Bonanate, gli affreschi dell’Aliberti, le tele del francese Pietro Metey e di Giovanni Claret ed i banchi intagliati, privati degli stemmi nobiliari delle famiglie allorchè, nel 1799, i Francesi vollero cancellare anche da Cherasco ogni privilegio nobiliare.

Usciti dal Santuario è giocoforza inoltrarsi lungo via dell’Ospedale, anch’essa fornitissima, su entrambi i lati, di palazzi e residenze di grande rilevanza storica ed architettonica; la prima parte della via è interamente impegnata dall’Ospedale degli Infermi, un’antica istituzione creata dalla Compagnia dei Battuti Bianchi e sostenuta dall’impegno e dalla carità dei cittadini più abbienti. Il disegno settecentesco della costruzione sembra essere attribuibile al Vittone ma certamente oggi il complesso risulta piuttosto snaturato, a causa degli adattamenti funzionali che ha subito nel tempo.

Al termine dell’isolato si erge Palazzo Dall’Oglio-Badellino, la cui struttura risale al tardo Seicento. Dalla chiesa della Madonna del Popolo si può anche proseguire lungo la via omonima per giungere su via Sant'Iffredo. Qui si può trovare la chiesa Barocca di Sant'Iffredo, dall'origine antica, datata fra XIII e XIV secolo. Struttura e arredi attuali sono dell'inizio del XVIII secolo e oggi è adibita a sede espositiva per mostre d'arte.

Successivamente incontriamo il Palazzo Gotti di Salerano, dalla facciata rustica e semplice, impreziosita soltanto dallo splendido portone sormontato dagli stemmi affiancati delle famiglie Gotti e Ratti, a sancire un matrimonio del 1672. Il palazzo custodisce però all’interno i suoi tesori: un prestigioso ciclo di affreschi che ornano tutte le sale del piano nobile in cui si susseguono diverse tematiche sacre che ci parlano ancora oggi della vivacità di quel secolo. Dal 1908 le sale del palazzo ospitano il Museo Civico “G.B. Adriani”, dedicato allo storico che alla fine del secolo donò i suoi beni alla città. Il museo, che vi consigliamo di visitare, comprende settori dedicati all’archeologia ed alla raccolta di medaglie, sigilli, ritratti sabaudi e medaglioni dei pontefici ed in generale testimonianze storiche -riguardanti da vicino la città di Cherasco. Si tratta, inoltre,  di quello che potremmo definire “il museo di un museo” in quanto la collocazione delle varie collezioni ha seguito criteri positivistici (oggi antiquati, inadeguati ma rispettati) tesi a fare del museo un “luogo di conservazione” che il tempo ha reso pieno di suggestioni.

Proseguendo lungo via dell’Ospedale si fiancheggia la facciata del Palazzo Amico di Meane (il cui rifacimento ottocentesco denota marcati influssi liberty), sede tradizionale di notai per oltre due secoli… ma già incombe la mole del campanile di San Gregorio ad attrarre la nostra attenzione! La sua struttura tipicamente romanica è stata in parte tradita da alcuni interventi ricostruttivi posteriori ma ci testimonia ancora dell’età di questa chiesa, coetanea della città stessa. San Gregorio ha purtroppo subito numerosi ricostruzioni (oggi si presenta in vesti tardo barocche) e da alcuni documenti si evincerebbe che perfino il suo orientamento sia cambiato nel corso dei secoli. Parimenti il suo interno risulta piuttosto impoverito anche se da qualche anno la Pro Cherasco tenta di farlo rivivere allestendovi manifestazioni culturali ed artistiche.

  • Cortile dell'ex convento dei Padri Somaschi. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La facciata della chiesa di San Martino. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Una meridiana sulla parete di un'abitazione. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Immagine delle riprese del vecchio sceneggiato Rai "Una questione privata" girato a Cherasco. Photo: .

Lungo la stessa via si innalzano entrambi sulla destra maestosamente Palazzo Aurelio di Torricella e Palazzo Ferraris di Torre d’Isola (in fronte, nell’isolato seguente): i due edifici sono accomunati dall’imponenza della struttura ed entrambi hanno purtroppo perso le loro vivaci decorazioni esterne. Palazzo Aurelio è ancora ricco di uno straordinario salone affrescato da Giuseppe Dallamano e proprio in questi ambienti si svolse la tragica storia di un ufficiale francese che nel 1747 uccise a colpi di spada la contessa Giacinta Aureli, per poi suicidarsi nei pressi di Palazzo Mantica, episodio a cui la scrittrice Gina Lagorio ha dato notorietà in un suo libro.

Nell’isolato successivo spicca ancora Palazzo Furno, la cui facciata gotica in mattoni a vista ci parla degli albori di Cherasco.

Al fondo via Ospedale si innesta su viale Salmatoris, che delimita a sud il quadrilatero dell’abitato storico: l’ingresso meridionale della città è sottolineato trionfalmente dall’Arco di Porta Narzole, costruzione non finita in mattoni. Della sua ricostruzione, dopo il crollo della Porta nel 1732, si interessò direttamente Vittorio Amedeo III ma la guerra incombente con la Francia gli impedì di completare l’opera (era infatti previsto un coronamento di statue).

Attraverso l’arco si entra in via Vittorio Emanuele, l’asse nord-sud di Cherasco nonché la strada di maggior respiro della città, anch’essa costeggiata da diversi palazzi emergenti. Sulla nostra destra troviamo Palazzo Lunelli, la cui struttura in laterizio è ancora visibile sul lato che si affaccia su via Voerzio; residenza di una delle famiglie storiche più potenti della città, ospitò nei suoi ambienti l’intellettuale del Settecento Benedetta Clotilde Lunelli e la delegazione imperiale in trattative per la pace del 1631. 

Più avanti, sulla sinistra, sorge Palazzo Del Carretto di Monforte, ancora adorno di affreschi attribuibili a Sebastiano Taricco; il palazzo è sede dell’Associazione Italiana Elicicoltori. Successivamente troviamo Palazzo Chanaz di Saint’Amour (o Roero di Santo Stefano, ma i cheraschesi lo chiamano ancora “Caccia Reale”, dal nome di un vecchio albergo) e Palazzo Genna di Cocconato che, dopo una serie di cambi di proprietà, divenne il fulcro dell’antica Comunità Ebraica, installatasi a Cherasco fin dal ‘500 e molto attiva soprattutto nel commercio della seta. Di questo piccolo Ghetto sopravvivono ancora alcune testimonianze, quali il Tempio (al secondo piano, su via Marconi) con gli arredi tradizionali della Sinagoga, l’armadio dei rotoli della legge ed un lavabo in pietra, oltre al cimitero ebraico sulla Rocca verso Bra.

  • Scalone interno di Palazzo Salmatoris. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Facciata della chiesa di San Pietro. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Il campanile della chiesa di San Pietro. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Un dettaglio ornamentale della chiesa di San Pietro. Photo: .
  • Palazzo Incisa di Camerana. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Particolare di un fregio di Palazzo Incisa di Camerana. Photo: Lorenzo Marasso.

Sull’altro lato di via Vittorio Emanuele raggiungiamo Palazzo Salmatoris, centro delle manifestazioni culturali ed artistiche di Cherasco, le cui sale hanno ospitato innumerevoli episodi storici salienti: la firma della pace del 1631, il momentaneo trasferimento della Sindone nel 1706 (i Savoia usarono spesso Cherasco come “bunker” personale, quando Torino veniva minacciata da vicino), l’armistizio del 1796 imposto da Napoleone e, in campo artistico, l’operato prestigioso di artisti come Birago di Borgaro, G.B. Nicolis di Robilant, il Taricco, il Dallamano. Dell’interno si apprezzano la grande scala d’onore che introduce ai saloni nobili ed alla galleria chiusa; proprio qui ritroviamo uno degli ultimi lavori di Taricco, la bella “Saletta del Silenzio” affrescata seguendo ancora una volta le classiche tematiche sapienziali, mentre al fondo della galleria si apre la famosa “Camera della Pace”, forse un po’ angusta per aver potuto ospitare davvero quelle grandi delegazioni. Nella sala spiccano una bella veduta della città sorvolata da una colomba che reca nel becco un ramoscello d’ulivo e la galleria di ritratti degli eminenti personaggi che intervennero a sancire la pace, tra i quali Giulio Mazzarino, Manfredo Scaglia di Verrua, Ottavio Piccolomini, Jean de Toiras ed altri, insieme ai loro potenti referenti, ad opera del Barrelli.

Fuori da Palazzo Salmatoris la tentazione è quella di inoltrarsi subito nella frescura che ci promettono i portici, con le loro botteghe e con i piccoli negozi ricavati sotto le antiche volte; dopo una breve sosta svicoliamo in via della Pace e raggiungiamo la bella Chiesa di San Pietro. Siamo in presenza dell’edificio che, più di ogni altro, ci offre uno spaccato dell’intera storia di Cherasco essendo nato insieme alla città: il sovrapporsi di tanti e diversi interventi architettonici e decorativi ha curiosamente dato un risultato finale di aspetto piacevolissimo, in cui confluiscono l’austerità di alcuni stili e la frivolezza di altri, cosicché un impianto duecentesco dalla struttura massiccia si alleggerisce per incanto grazie ad un loggiato su cui trovano posto pilastrini chiusi da archetti ed impreziositi da civettuole maioliche colorate. Un ingenuo (o diabolico) architetto ha conferito perfino un tocco di eresia alla chiesa, apponendo in alcune nicchie delle testine marmoree ritraenti personaggi misteriosi e divinità pagane. Sul fianco della chiesa si innalza un campanile romanico che sembra profetizzare l’arrivo del gusto gotico e che svetta a sottolineare il primato cittadino della Parrocchia. Il portone centrale, intagliato nel ‘700, si apre e all’interno della chiesa segnaliamo nella terza cappella del lato sinistro la splendida “Madonna con Bambino” dello scultore Carlone, ricavata in un unico blocco di marmo di Carrara. Da segnalare ancora l’antico affresco della Crocifissione alla base del campanile. Notevole anche la Sacrestia, interamente affrescata. La piazzetta della chiesa è chiusa sull’altro lato dal Palazzo Incisa di Camerana, che fu abitazione di Sebastiano Taricco.

  • L'ingresso del castello di Cherasco in mezzo agli alberi. Photo: .
  • Il Castello Visconteo in uno scatto invernale. Photo: Lorenzo Marasso.
  • La passeggiata lungo i bastioni di Cherasco. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Il viale dei platani. Photo: Lorenzo Marasso.
  • Il castello visconteo in una stampa d'epoca. Photo: .

È giunto il momento di fare quattro passi lungo il perimetro esterno dell’abitato, sul tracciato dei bastioni fortificati che hanno rappresentato per secoli l’essenza strategica della città di Cherasco. Lungo via San Pietro (in direzione sud) raggiungiamo il romantico Viale dei Platani, fiancheggiato dai giganteschi (e purtroppo decrepiti) alberi che la tradizione vuole piantati da Napoleone. Il viale costeggia il maestoso Castello dei Visconti, costruito attorno al 1350 dai signori milanesi per ospitare un loro nutrito presidio militare. La tradizione racconta come il castello sia stato teatro di innumerevoli episodi d’arme e d’amori, dalla valorosa resistenza di Gerolamo Sacco e dei suoi armigeri alle volubilità libertine della regina Giovanna d’Angiò, che avrebbe gettato dall’alto di una torre un giovane cavaliere più innamorato che prestante.

L’edificio, pesantemente rimaneggiato a metà ‘800, è immerso in uno splendido giardino che con la sua trasandata ridondanza fornisce il luogo di un’atmosfera dalle suggestioni affascinanti.

Dal Castello, andando verso nord, imbocchiamo via dei Giardinieri che ci porterà sulla stretta piazzetta su cui sorge la Chiesa di San Martino, altra chiesa coeva della città ma ricostruita in buona parte nel 1711. La facciata è però ancora quella originale, in mattone a vista e di foggia gotica, ed esibisce in rilievo la raffigurazione più tipica di San Martino, nell’atto di dividere il mantello con un povero. Anche l’interno merita una visita, con arredi, suppellettili e ferri battuti di notevole valore artistico.

Proseguendo lungo via Cavour si può incontrare il Museo della magia, dedicato all'arte dell'illusionismo, la cui visita farà felici i più piccoli, grazie al suo curato allestimento fisso e agli eventi speciali che di spesso organizza; la via conduce verso la bella passeggiata dei bastioni, che ci offre un bel panorama sulle vallate del Tanaro e dello Stura, un colpo d’occhio che svaria sulle colline di Langhe e Roero e su tutti gli abitati della zona, tra cui Roreto, Bra, Santa Vittoria, Pollenzo e La Morra. Da quassù, con un po’ di immaginazione, non è difficile vedere ancora le sgargianti armature degli Spagnoli che si apprestano all’assedio, sentire il brusio dei conciliaboli diplomatici nelle sale dei palazzi, immaginare il fervore di un  mercato di bachi da seta o la pazienza certosina di un pittore impegnato nell’affresco di un soffitto.

Se poi avete la fortuna di fare la conoscenza di qualche cheraschese dalle nobili origini, avrete forse il privilegio di entrare in uno di quei gelosi sancta sanctorum che custodiscono i mille segreti tesori della città di Cherasco, riempendovi gli occhi di tante meraviglie.