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Da Francesco a Cherasco

Pietro Giovannini22 aprile 2017

Cherasco è il posto dove mio nonno - il Nodàr - studiò dai Padri Somaschi un anno solo, perché poi litigò con un professore che lo sfidò a sberle… e niente: il professore si deve essere svegliato l'altro ieri forse. Lui però fu cacciato con ignominia, anche se aveva tutte le ragioni. Finì a Venezia, dove forse passò l'anno scolastico più bello della sua vita.

Ma torniamo a Cherasco: mi ci portava sempre, forse perché gli era rimasta nel cuore, perfetto archetipo di cittadina sabauda così austera di palazzi e portici, con l'acqua che scorreva nelle vie alla francese, gli antiquari discreti (aveva sempre avuto una passione folle per l'antiquariato) e le pasticcerie spettacolari dove preparano ancora quel miracolo di fondente e nocciole …che in confronto la Nutella è cattiva.

Ricordo i bastioni e il viale stregato (incredibili platani antropomorfi che gli Ent di Tolkien levatevi proprio), gli archi trionfali e le tante chiese tutte di una discrezione e un equilibrio rari.

La mia preferita resta ovviamente quella a me dedicata, con una facciata da leggere per un pomeriggio, e una sacrestia tutta affrescata da lasciarti senza fiato.

Sì perché Cherasco, proprio come Genova, dà il meglio di sé nei cortili, negli interni, in palazzi magnifici che da fuori però restano sobri, un understatement su cui i "trionfi di meraviglia" del barocco non hanno fatto mai presa.

Cherasco, villa-nuova fondata nel 1243 per volere di Alba (e contro la politica espansionistica astigiana) divenne poi la cassaforte dei Savoia, là dove si nascondevano le reliquie come la Sindone e i tesori reali ad ogni Assedio di Torino; era la città dove si firmò la Pace del 1631 – quella che aprì il Piemonte a quei Re pallidi e alti che venivano dalle montagne francesi – ed era anche poi stata quella dell'umiliazione napoleonica, che aveva cancellato il Regno (assieme alla Repubblica di Genova) da un giorno all'altro, lasciando il Re in esilio in Sardegna per quasi vent'anni.

Cherasco, recita un cartello felice, è dunque una città di Storia ed Arte.

Merito soprattutto di un grande Sindaco, Giovanni Avagnina, fumino e brichèt come me (forse per questo siamo sempre andati d'accordo) che davvero l'ha riportata agli antichi splendori.

Avagnina che ha regalato a Cherasco anche il titolo di Città della Lumaca, fondando un centro internazionale di elicicoltura e scrivendo testi tradotti in 16 lingue che - come direbbe Paolo Conte - la gente non sa, non sa, non sa…

Ricordo la felicità di mio nonno al mattino presto al Mercato dell'Antiquariato (sempre lanciati da Avagnina) dove ci riempivamo di cianfrusaglie in due ore… e alle 8 con la nebbia e le luci accese sembrava ancora che fosse una fiera di una volta, di quando lui era ragazzo.

E ancora le Mostre d'Arte a Palazzo Salmatoris, curate dal mio amico Claudio Alberto, e il Castello Visconteo che meriterebbe maggior fortuna.

Cherasco degli ebrei, delle seterie e delle filande, che ancora i Debenedetti hanno la tomba qui e la Sinagoga è nascosta agli occhi perché così volevano le leggi del tempo, finché un Re (più sfortunato che incerto) non gli restituì la libertà con quello Statuto Albertino che è alla base di tutte le Costituzioni d'Europa, che è una cosa di cui dovremmo magari anche andare fieri.

Gli Ebrei che ottengono la dispensa per una salsiccia di vitello da prodursi nella vicina Bra, dove ricordo con affetto il macellaio Aprato pochi anni fa mostrare incredulo ad una blogger australiana i suoi segreti.

Gli ebrei che proprio da Cherasco si laurea il primo di loro (un Debenedetti, in ingegneria, in appena sei mesi) e dona alla città la prima illuminazione pubblica a gas.

Cherasco chiusa nelle sue mura stellate (come la definì Gina Lagorio), imprendibile su quello sperone di roccia tra lo Stura e il Tanaro, dove il fiume 100.000 anni fa di colpo curvò a destra, precipitando in un'altra valle più bassa e creando così quel miracolo geologico che sono le Langhe e il Roero.

Cherasco che per due soli ettari è anche un comune del Barolo, ben rappresentata da un gentiluomo di altri tempi, ovviamente nobile (tutti a Cherasco sono nobili) … il Marchese Fracassi di cui ho apprezzato i vini ancora una volta, nemmeno un mese fa.

Baci di Cherasco, Lumache, Salsiccia, Barolo…forse dovrebbero cambiare il cartello e aggiungere a Storia ed Arte, anche il Gusto!

Sì perché Cherasco è davvero un posto speciale, dove già ci sono tante osterie e ristoranti (la mia amica Raquel della Rosa Rossa, la Lumaca, il Vittorio Veneto, l'ottimo Pane e Vino etc etc.) ma da un anno c'è anche un nuovo grande tempio laico della cucina.

L'ho scoperto quasi per caso a febbraio durante una visita di lavoro in cui non avevo nessuna attesa: nessuna referenza, nessun informazione sul cuoco, un nome un po' così che ricalcava troppo la gestione precedente (l'ottimo Fausto), creando inevitabile confusione.

Invece…folgorato sulla via di Damasco!

Mangiai benissimo, ci tornai altre volte: sempre perfetto.

A ottobre ho probabilmente fatto lì la migliore cena dell'anno (manca ancora un mese e mezzo…chissà!) con una tavolata di ospiti molto importanti, in cui tutto è stato semplicemente perfetto.

Lui si chiama Francesco Oberto, lei Francesca Panetto, non arrivano a 60 anni in due…

Il ristorante con ironia ha il logo della "F" al quadrato: si trova al piano nobile del Palazzo dei Marchesi Fracassi in un salone delle feste, affrescato dal grande Operti, che a Versailles se lo sognano.

Una quarantina di coperti più saletta (con vista open space sulla cucina), cucina creativa priva di fuffa, grande professionalità senza rinunciare a una sana dose di irritualità, che li rende ancora più bravi e piacevoli.

Grande attenzione alla materia prima, piatti memorabili e ottimi vini davvero abbordabili.
Il menù degustazione dello chef (almeno 8 portate) costa 80€ e li stravale tutti!

Ci sono stato dieci volte.

Anzi undici perché mercoledì ci torno con tutta la famiglia a festeggiare il genetliaco di mia madre.

Festeggeremo tante cose: il suo compleanno, un autunno splendido, una grande vendemmia, il Nodàr che tanto amava questa cittadina… e festeggeremo anche Francesco!

Sì perché, nemmeno un anno dopo la visita del sottoscritto (di solito sono molto, ma molto più lenti), anche altri giornalisti si sono accorti della sua bravura.

E così, da mercoledì, Cherasco e le sue mura saranno ancora più stellate… e io ne sono molto felice.

Applausi, cin cin e tanta felicità per tutti.