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Il culto del "santo" imperatore Napoleone

Redazione7 marzo 2017

Durante gli anni del dominio francese, ad inizio dell’Ottocento, in ogni buona e cattolica città dello Stato, dopo ogni vittoria di Napoleone si correva tutti in chiesa per cantare il Te Deum.

Importantissimo era anche il culto di San Napoleone e non interessava molto puntualizzare fino in fondo la storicità del Santo, in quanto le autorità tendevano a lasciar che la gente vagamente immaginasse che il Santo era proprio quello che da Parigi comandava.

Strana evoluzione di un personaggio e di una politica che erano nati razionalisti e laici...

A Cherasco ciò forse avveniva più che altrove, come testimoniano il Conte (una volta Conte, poi diventato semplicemente Cittadino, adesso di nuovo Conte in quanto Ministro dell’Imperatore) Carlo Salmatoris Rossillion del Villar e il buon rettore del Santuario della Madonnina delle Grazie, Gionan Francesco Damillano.

Il canto del Te Deum sembrava scandire i grandi fatti che si susseguivano nella storia: l’unione del Piemonte alla Francia, l’incoronazione di Napoleone Imperatore, l’altra incoronazione di Napoleone a Re d’Italia, le frequenti vittorie.

La festa di San Napoleone fu istituita ufficialmente dal vescovo di Mondovì nel 1806, da celebrarsi annualmente il 15 agosto. È inutile sottolineare che il cerimoniale era particolarmente fastoso, tanto più a Cherasco. Nel 1807, ad esempio, il 15 agosto furono organizzati “una corsa di cavalli a conseguire il premio” (un vero e proprio “palio”) e un gran ballo pubblico sulla piazza che era stata sistemata, dopo l’abbattimento delle mura, lungo il nuovo viale che, ortogonale all’allea settecentesca, usciva da Porta Narzole verso la chiesetta di San Giacomo, un tempo appartato ricovero per la “quarantena” degli stranieri in tempi sospetti, rettilineo rispetto alla strada precedente che piegava subito sulla sinistra e correva sul ciglio della vallata.

In mezzo a tutte queste cittadine che pretendevano singolari meriti nei confronti dei Napoleone, i Cheraschesi rivendicavano una sorta di primato in tutto ciò che riguardava l’Imperatore. Era stato loro ospite, nell’aprile del 1796, e l’atto che sanciva il definitivo trionfo del generale Bonaparte sulle scena francese, e non solo, portava il nome di Armistizio di Cherasco. L’avevano accolto quando non era nessuno (è naturale che si tentasse di dimenticare che erano stati tutti atti imposti), mandandogli incontro il Sindaco fuori dalle mura ad offrirgli le chiavi della città; gli avevano concesso quello stesso dignitosissimo palazzo Salmatoris, sempre pronto a dar ricovero alla Corte Sabauda, e, come si sussurrava, gli avevano anche fornito chi gli scaldasse il letto, oltre alle ciambelle delle monache servitegli nella celebre “Coppa dei Salmatoris” e ai vini della cantina della casa.

La tradizione racconta che a Cherasco è cresciuto il frutto di quella notte, un baldo ragazzino, Biagio del Corso, che si vuole sia stato il salvatore del padre nella battaglia di Waterloo, ove morì ricevendo in pieno petto una sciabolata tedesca destinata al “suo Imperatore”.

 

Bruno Taricco