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anViagi 148L’Intervento

No, non mi pento!

Pietro Giovannini28 aprile 2015

A costo di apparire volutamente controcorrente e bastiancontrari, dirò una cosa molto semplice e scandalosa.

A me la cantina dell’Astemia Pentita realizzata ai Cannubi di Barolo piace.

Mi piace l’idea di giocare con l’eredità concettuale di F.L.Wright, mi piace l’approccio ironico di vedere due casse di vino dove altri avrebbero visto solo una casa a due piani, mi piacciono i materiali usati e mi piace la levità con cui ci si è approcciati al mondo Barolo.

 

Ho aspettato oltre un mesetto a scriverne per due ragioni.

La prima era quella di non infilarmi a gamba tesa in una polemica di pochi giorni che inevitabilmente si sarebbe spenta per esaurimento d’interesse in breve tempo (e questo già ci fa capire come le tragedie siano altre).

La seconda perché volevo informarmi per bene, approfondire le ragioni e le idee dietro all’investimento ma anche stuzzicare le persone e avere opinioni off the record su cosa ne pensino in privato molti operatori del turismo di Langhe e Roero. Ebbene, la risposta è sempre stata la stessa: “al di là del giudizio estetico che è soggettivo per definizione, quella cosa per vederla devi proprio andargli davanti” oppure più direttamente “cosa ti devo dire, a me piace… ma non si può dire!”.

E allora io lo dico.

 

Per abitudine, cultura e mestiere io rispetto le opinioni contrarie, tante volte una cosa che a me piace a un altro proprio non va giù, una scelta che io ritengo ottima è vista come sbagliata da altri: possiamo parlarne e discuterne, magari anche infervorarci e poi rimanere ognuno con la propria idea. O magari invece no, e considerare il punto di vista dell’altro come migliore.

Conosco tante persone che sanno discutere pacatamente di tutto e a cui magari questa cantina non piace. Perfetto, non è un problema: non dovete per forza darmi ragione e lo sapete benissimo.

Ma conosco purtroppo altre persone che invece non sanno discutere, né ascoltare. I social media hanno amplificato questa tendenza sciagurata e le chiacchiere da bar diventano proclami alla Nazione, emanati da novelli Mosè convinti di aver appena ricevuto le Tavole della Legge e di essere il Popolo eletto. Ecco, queste persone, e soprattutto il loro atteggiamento mentale, ogni giorno mi urtano un po’ di più.

 

  • Barolo, astemia pentita cerchio rosso 0. Photo: Diego De Finis.
  • Barolo, Astemia pentita cerchio rosso 1. Photo: Diego De Finis.
  • Barolo, Astemia pentita cerchio rosso 2. Photo: Diego De Finis.
  • Barolo, Astemia pentita cerchio rosso 3. Photo: Diego De Finis.
 

Lo dico quindi perché lo penso; ma lo dico soprattutto perché non accetto una dittatura del pensiero unico che pretende pure di avere una superiorità morale sulle opinioni altrui. È lo stesso meccanismo del politicamente corretto: se non la pensi come noi hai torto a prescindere perché sei moralmente ingiustificabile: le nostre opinioni sono comunque “migliori” perché etiche, progressiste e più buone delle tue che quindi inevitabilmente sei un buzzurro medioevale, immorale, cattivo e fuori dal consesso civile.
Tutto ciò è inaccettabile: che le persone vogliano sempre avere ragione è umano che pretendano di averla per diritto divino (o politico) è -questo sì- medioevale.

 

In sostanza per tornare al punto, io che ho scritto enne articoli sulla difesa del paesaggio delle nostre colline, io che ho sparato a zero sulla costruzione di Terre da Vino (di cui sono pure amico del Direttore), io che non ho nessuna ma proprio nessuna empatia per l’architetto Arnaudo (che ha firmato entrambi i progetti), io che non conoscevo -nemmeno mai vista una volta- la signora Sandra Vezza, io rivendico il mio diritto anche morale -per la mia storia professionale, per le cose che ho fatto e per le cose che ho detto- di gridare dai tetti che la cantina dell’Astemia Pentita mi piace! Semmai ho una perplessità sul nome, ma questo è al limite un problema di comunicazione non certo di paesaggio.

 

Sono convinto che i problemi delle nostre colline siano ben altri e il paesaggio non lo si difenda criminalizzando un parvenu (quanto snobismo ho percepito in molti commenti) per una costruzione grande come una villetta e invisibile a un km di distanza, ma piuttosto attribuendo il giusto valore intrinseco alle costruzioni già esistenti, all’equilibrio tra vigneto, bosco e campi, scegliendo di costruire sotto terra i volumi (magari necessari) più grandi e riservarsi l’esterno per avere Porte sul Mondo da godere e condividere.

Io sono salito al secondo piano della cantina (sono solo due piani, 200 mq per piano, 6 metri di altezza, meno di una qualunque delle migliaia di case da geometra che ci affliggono da Camo a Dogliani) e mi sono guardato intorno: non ho visto una, dico una sola cosa bella! Il paesaggio dalle pendici dei Cannubi è desolante: capannoni vecchi e nuovi, villette, cascine in abbandono, ostentazione di ricchezza e ignoranza ovunque. Sarebbe questa la tradizione? Sarebbe questo il Patrimonio da tramandare alle future generazioni?

Mi viene da dire: finalmente qualcuno che porta un soffio di ironia, un modo giocoso e molto pop di presentarsi (la signora Vezza è anche proprietaria di Gufram, storico marchio di sorridente design creativo), che almeno aggiunge una pennellata di fantasia allo schema vendemmia/vino/soldi/cantina+grande che è il vero guasto dei nostri giorni.

 

Un anno fa amici volevano comprare una povera cascina in abbandono proprio nella valletta tra la collina dei Cannubi e quella dirimpetta di Cerequio: non solo non è stato possibile nemmeno trattare l’acquisto, ma nel giro di un mese la vecchia cascina (con un torrione molto antico e un porticato di fine ‘700) è stata abbattuta di gran fretta per piantare una “bella” vigna nuova (e probabilmente recuperare la cubatura altrove)!

Ecco: questo è il consumo stupido del territorio, questi sono i metri di vigneto che proprio non servono, queste sono le norme sbagliate e soprattutto le mentalità sbagliate.

Invece di inventare una sterile polemica sui filari rubati al terreno di Cannubi dall’Astemia (che per inciso sono invece oggi di più di prima), guardiamo magari all’impoverimento culturale di chi -ricco e ricchissimo- pensa sempre che la casa vecchia faccia schifo e quindi la fa andare giù perché tanto la casa né mangia né beve, intanto che accumula milioni di euro esentasse.
Oppure parliamo di quell’esentasse, perché è una vergogna nazionale e un’ingiustizia sociale che in Italia il contadino non paghi comunque nulla, nemmeno quando è milionario, come nelle Langhe; è una vergogna che un’azienda agricola con 10 capre in Sardegna e una con 10 ettari nel Barolo per questo Stato siano la stessa cosa; ed è una vergogna che l’azienda agricola sia l’unica che può costruire dove vuole e come vuole purché funzionale all’azienda (magari con la piscina spacciata per riserva d'acqua…) senza mai pagare niente.

 

Tornando all’Astemia, almeno qui si è fatto uno sforzo concettuale e costruttivo non indifferente e per altro la casa -che non era una cascina storica- è stata demolita solo perché era impossibile altrimenti scavare la collina per realizzare la cantina sottoterra.

Ho girato tutta la costruzione e posso citare due dati significativi che per me dovrebbero chiudere la discussione: la cantina ha circa 15.000 metri cubi di edificato sotterraneo e appena 1200 sopra suolo, ovvero meno dell’8%.

Ecco: se tutti gli inflessibili critici, i difensori del paesaggio senza se e senza ma, i paladini dell’UNESCO (senza sapere nulla dei dossier e delle regole per il mantenimento del sito), insomma tutti quelli che hanno alzato il dito e il sopracciglio per redarguire la monella Vezza che da industriale di successo (è la titolare dell’Italgelatine, con brevetti mondiali esclusivi e autrice anche dell’unico buon tentativo di mascherare l’impatto di un impianto industriale) non doveva permettersi di entrare nel mondo del Barolo senza prima chiedere “permesso” ai custodi dell’ortodossia (ecco perché ho parlato di parvenu), sì tutti loro ma propro tutti, se avessero lo stesso rapporto tra sotterraneo ed esterno allora sì che le Langhe sarebbero un posto migliore, sicuramente ancora più bello e forse con meno astio, invidia e cattiveria.

 

Un’ultima cosa: il fatto che l’agricoltura di qualità, ovvero la produzione vinicola d’eccellenza attiri investimenti da altri settori (quali l’industria appunto) non è uno scandalo da cui dissociarsi ma la vera rivincita della terra che inizia oggi a “rubare braccia” (ma soprattutto risorse) all’industria dopo quasi due secoli di processo inverso.

Chi davvero ama queste colline dovrebbe rallegrarsi che impreditori di successo investano nel Barolo perché non potranno che ampliare il mercato e renderlo più importante, portando nuove conoscenze, nuovi approcci, nuove strategie di marketing e -in questo caso- anche un po’ di sana ironia, che alle austere Langhe non può che far bene.

E poi… un’astemia in meno è sempre una buona notizia.

 

 

PS: oltre al mio imprimatur, questa cantina ha ottenuto anche quello molto più importante della Commissione del Paesaggio, che è obbligatorio in zona Unesco. “Ma com’è possibile???”, ho sentito chiedere scandalizzati…

Il motivo è uno solo: la cantina, nel paesaggio del Barolo, non si vede, quindi non è un problema.

Tranne -ovviamente- per quelli che vogliono vedere un problema a tutti i costi, anche quando il problema non c’è.