Tu sei qui

Case e Chiese

Pietro Giovannini17 settembre 2017

Cari lettori, un invito a combattere il caldo di agosto con questo arioso itinerario di anViagi dedicato a Ceva e alle sue valli: potrete così esplorare la valle Mongia su fino a Viola dove trovate un’incredibile naturale palestra di roccia alla Rocca dei Corvi, oppure scegliere la piccola e verdissima valle Cevetta per immergervi nei boschi di Castelnuovo o nella Riserva Naturale di Montezemolo, da dove nasce il Belbo; senza dimenticare di passeggiare sotto i secolari portici di Lesegno, Ceva e Priero; proprio Priero è forse la sorpresa più bella, con il suo intatto impianto medioevale, oggi in larga parte risanato, e lo scenografico torrione (ultimo di sei un tempo esistenti). Insomma come sempre un mese di agosto per il quale la redazione ha sudato le classiche sette camicie per tutto luglio, da cui potrete dedurre la sfacchinata per il mese di settembre…

In ogni caso buona lettura e buona avventura a tutti voi.

Vi consigliamo anche di girovagare nel Cebano e nel Monregalese (il GAL Mongioie ha approntato ottime guide) a caccia di chiesette campestri e remotissime pievi arroccate sempre sull’ultimo sperone di roccia: dietro alle facciate modeste e alla classica architettura a capanna, spesso e volentieri troverete pitture straordinarie (come a Castelnuovo di Ceva o a Bastia, per citarne solo due).

L’uomo medioevale continua a stupirci per quell’impasto di fede e ignoranza, di fanatismo e rigore, di paura e fiducia, che emerge ancora dai colori sgargianti di questi affreschi.

Ci stupisce per la terrena religiosità delle rappresentazioni a fumetti del martirio dei Santi, per l’insita rassegnazione, per i misteri e le superstizioni di cui queste pievi sono intrise, insomma per la spiritualità che, dalle grandi cattedrali giù giù fino a queste semplici costruzioni, le chiese medioevali sanno trasmettere.

Anche ai laici: come scriveva Montanelli, ne “l’Italia dei Comuni”: “Non tutto raggiungeva la perfezione del capolavoro. Nei successivi secoli d’oro, si costruirono cattedrali ancora più belle per linea, equilibrio, ricchezza. Esse ebbero molte cose in più: più marmi, più affreschi, più statue. Ma una cosa in meno: la sete di Dio, lo slancio verso il cielo; insomma, l’anima”.

Girando invece ogni giorno per le colline del vino, non manca volta che al paesaggio familiare si aggiunga una poco richiesta novità: ecco là un villone a tre piani con tetti a spigolo e palme da giardino, lì dietro un finto castello con tanto di merli ghibellini, ecco, tra le cascine, accanto alla casa in pietra del nonno (ovviamente in abbandono) un palazzotto con torretta rinascimentale ed eleganti quanto assurde bifore, ecco sulla collina di fronte un bel vetro-e-acciaio che fa molto americano… insomma l’anarchia architettonica unita al lusso svaccato, l’originalità gratuita (ma ovviamente carissima) sommata a un esibizionismo incontrollato che in altri ambiti (non certo più osceni) viene sanzionato dal codice penale.

E se forse, come mi fece notare anni fa una docente di storia economica¹, la semplice casa del nonno è per molti ancora il simbolo di una povertà atavica², di certo queste oscenità di oggi sono il Monumento all’Ignoranza dei Proprietari.

 

¹ La bravissima prof.sa Renata Allio.

² È un discorso lungo, legato ai contratti di mezzadria vigenti nel Regno di Sardegna: ne esistevano almeno cinque diversi a seconda delle zone… tutti però avevano come caratteristica, non solo l’indisponibilità della terra oggetto del contratto, ma anche dell’abitazione (al contrario invece di quello che ad es. vigeva nel Granducato di Toscana). Questo potrebbe spiegare (insieme col boom economico e l’industrializzazione galoppante del Nord) il diverso rapporto culturale tra edifici e abitanti che si è instaurato in Piemonte piuttosto che non nel centro-Italia.