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Pronti…Via!

Pietro Giovannini17 settembre 2017

Ed ecco che riparte l’autunno. Non che l’estate sia stata priva di iniziative o di turisti, ma da Settembre a Natale le Colline del Vino celebrano il loro momento migliore: la vendemmia, i tartufi, le grandi manifestazioni, il paesaggio quanto mai affascinante, tutto contribuisce a rendere speciale l’autunno. Quest’anno poi accanto al classico astigiano della Douja d’Or (che conferma nel programma la saggia sterzata dell’anno scorso), delle Sagre e soprattutto del Palio (una corsa davvero mozzafiato che è inutile cercare di raccontare, ma si deve vivere) ritorna l’appuntamento biennale di Cheese, che trasforma Bra nella capitale mondiale del Formaggio.

Importanti allestimenti aprono proprio a settembre ad Asti (due mostre sui tesori cittadini, una vera miniera inesauribile di sorprese e capolavori), a Bra (con l’antologica dedicata a Fico), a Guarene (con il gioiello del Castello che ospita una bella raccolta di ritratti sabaudi per il tema “il Piemonte in Europa”), in attesa delle mostre a Cherasco (su Guttuso) e ad Alba (sul Macrino). Grande spettacolo e grande arte quindi a fare da cornice all’ennesima “grande vendemmia” (di cui ci parla Massimo Martinelli). Tra gli spettacoli segnaliamo anche il concerto di Antonello Venditti ad Alba il 22 settembre che, pur non essendo al centro delle mie preferenze musicali, è una bella novità: speriamo diventi tradizione (il concertone, non Venditti!). Importanti poi anche i numeri di Monferrato delle Culture, rassegna collettiva di festival astigiani (ma perché solo astigiani?) che produce sinergie e successo all’insegna di proposte di qualità.

Tutto bene quindi? Beh tra le note stonate possiamo mettere l’ennesima magra stagione per i tartufi (eh sì, il clima delle grandi vendemmie non è l’ideale per le trifole) per i quali non è difficile prevedere prezzi astronomici, le tensioni nel comparto dell’Asti in cui si è chiuso l’accordo a due giorni dalla vendemmia, ma soprattutto ci metto un articolo apparso sul Giornale del Piemonte il 31 agosto.

Vi si annuncia in prima pagina “Parte la corsa al Barolo d’oro” mentre l’occhiello recita “Nel Roero i coltivatori riconvertono i vigneti per produrre il vino pregiato. L’Enoteca regionale –No alle speculazioni, si rischia un crollo della qualità–”. L’articolo prosegue poi su questo tono pacato e tranquillizzante. A parte che l’allarmismo in qualunque settore, specie in quello enogastronomico, è comunque deleterio, questa è veramente una barzelletta su cui ridere per non mettersi a piangere…

Nel Roero ci sono due DOC a vitigno nebbiolo: il Roero (con un 5% di uve arneis) e il Nebbiolo d’Alba. Il vitigno nebbiolo ha poi nella regione numerose altre denominazioni d’origine controllata (e garantita) come il Ghemme, il Gattinara, il Barolo, il Barbaresco ecc. tutte provenienti da specifiche zone d’origine: il nebbiolo da Barolo (come si dice) si vendemmia in 11 comuni delle Langhe e basta. Il Roero non c’entra un fico di niente, per cui per il vino Barolo è assolutamente irrilevante cosa piantano a Castellinaldo o a Canale…

C’è sì un timore da parte di alcuni per l’aumento della superfice vitata a nebbiolo, ma nei comuni del Barolo! È un aumento programmato e realizzato sotto la supervisione del Consorzio di Tutela che in merito ha competenza.

Si tratta di differenti visioni del mercato tra i produttori o gli altri operatori del settore, ma nessuno può parlare seriamente di “speculazione”.

In quanto quindi alla confusione fatta nel pezzo voglio pensare ad una svista del giornalista (e del direttore); perché se così non è, se si pensa davvero che le uve nebbiolo del Roero finiscano nelle presse del Barolo, se soprattutto se ne hanno prove certe, allora è meglio andare prima in Procura che in redazione.