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anViagi 9L’Intervento

L'acciuga nei nostri cromosomi

Piero AlciatiOriginariamente pubblicato nel aprile 1998

La vita di tutti i giorni crea consuetudini che il tempo cementa nella memoria, le stesse, tramandate col passare delle generazioni diventano storia vissuta. Situazioni particolari vengono elette a simbolo.

Il quotidiano bisogno di cibarsi, la natura dei luoghi, le stagioni, gli scambi e i rapporti, anche bellicosi, fra i popoli hanno dato origine a consuetudini alimentari che sono state tramandate e codificate in ricette.

É curioso pensare che un’area come il Monferrato e la Langa, priva di sbocchi diretti al mare, abbia, come uno dei simboli più rappresentativi della sua storia gastronomica, l’acciuga.

É interessante vedere come questa sia entrata a far parte di così tante ricette tradizionali del territorio, elemento indispensabile della bagna caöda, monumento della cucina popolare monferrina. Conservata sotto sale in barili e trasportata per secoli a dorso di mulo, attraverso i valichi montani dell’Appennino ligure seguendo le famose strade del sale, cammino che portava fino a Santiago de Compostela i pellegrini e che ha sviluppato primordiali commerci, l’acciuga arrivava nelle dispense piemontesi.

Storia di fatiche immani, di tempi cupi e di genti perseguitate dall’inquisizione, gli occitani, rifugiatisi nelle vallate del cuneese che per sopravvivere si diedero al commercio delle acciughe. Nacque un mestiere, l’acciugaio, ancor oggi tramandato. Un’ipotesi sulla nascita dell’acciuga sotto sale vuole che questa sia stata utilizzata dai contrabbandieri per coprire i barili di sale del commercio clandestino evitando di pagare le pesanti gabelle che gravavano sul sale stesso. (come raccontatoci anche da De André nel numero 7 di anViagi)

Negli antichi documenti piemontesi più volte ricorrono i riferimenti all’acciuga, negli Statuti di Mondovì e di Bra, e nel bando del Palio di Asti del 1688 si riconosce l’acciuga come premio per l’ultimo arrivato (“e l’ultimo habbi l’inchioda”). La troviamo citata in detti popolari ed in proverbi, protagonista in sagre paesane ed in mercati dedicati, parte di ricette già famose nei primi anni del settecento. Oltre alla bagna caöda, è indispensabile per la preparazione di molti Bagnèt , salse utilizzate come condimento di verdure o accompagnamento di piatti di carne: il Bagnet verde, quello del Pover’uomo, quello dell’Inferno.

Mia nonna preparava in autunno alcune anburnie (vasetti) con strati di acciughe salate e tartufi bianchi, colmando il barattolo poi con olio d’oliva; prelibatezza da consumarsi poi due-tre mesi appresso con la polenta.

Quindi i peperoni ripieni, la salsa del vitello tonnato ed un interessantissimo sugo a base di acciughe utilizzando per condire una pasta larga, simile alle pappardelle, chiamato sugo della vigilia, vecchia tradizione del Monferrato per la sera di Natale; ricetta che si trova anche nella cucina siciliana e che forse è arrivata a noi (insieme allo Juvarra) quando i Savoia erano anche Re di Sicilia.