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Ha preso il via il 7 marzo e si concluderà il 5 luglio la grande mostra Alle origini del gusto. Il cibo a Pompei e nell’Italia antica allestita presso Palazzo Mazzetti ad Asti.
L’esposizione si inserisce nell’ambito delle iniziative collegate con l’Expo di Milano intitolato Nutrire il pianeta. Energia per la vita, dedicata dunque al cibo in una visione di livello globale, ma ha senso in una città che è inserita da poco all’interno del territorio riconosciuto dall’Unesco come Patriomonio dell’Umanità per i paesaggi vitivinicoli.
Il discorso alla base della mostra fa riferimento alla famosa cultura materiale, molto spesso citata, non sempre a proposito. Perché sì, il cibo (elaborato in cucina, che si trasforma in piatti da mangiare o vino da bere per esempio) fa parte della cultura di un popolo, nella misura in cui la sua produzione e elaborazione creano tradizioni, modi di fare e pensare, anche sistemi per la creazione stessa del nutrimento (ad esempio tecniche particolari per la coltivazione in zone agricole speciali).
Ad Asti il visitatore viene condotto in un viaggio alle origini del comportamento alimentare italiano, partendo da una realtà, quella archeologica di Pompei, che grazie al disastro che l’ha colpita, ci propone le testimonianze più vive di quale fosse la cultura legata al cibo in quell’epoca nell’Italia romana, ma non solo. Perché l’Impero romano era diventato il centro politico e cultuale in europa oltre che il punto di riferimento per traffici dalle terre allora conosciute. Dunque per le tavole (soprattutto quelle patrizie) degli antichi romani poteva passare tutto ciò che un tempo era considerato cibo di grande valore e prestigio.
L’esposizione parte da un invito a un banchetto di età romana per far percorrere al visitatore un viaggio nel tempo verso età più remote, legato ai prodotti della terra allora considerati più importanti come il grano, l’olio e il vino.
Attraverso l’incontro fra archeologia e tecnologia è possibile ricostruire attività e consuetudini alimentari che dai Romani portano verso altri popoli della penisola: gli Etruschi, i Greci e quelli che allora erano chiamati Italici, ma che componevano una miriade di etnie e culture sviluppatesi nel corso dei secoli del Neolitico lungo tutta la penisola. Ad aiutare lo studioso, e in questo caso anche il visitatore, a orientarsi c’è la vasta produzione letteraria romana che ha dedicato al cibo numerose e note opere: il Satyricon di Petronio con la sua cena di Trimalcione, la Edifagetica di Archestrato di Gela, una sorta di guida gastronomica del mondo antico, ma anche l’Historia naturalis di Plinio il Vecchio una vera e propria enciclopedia di cui un’ampia parte è dedicata a erbe e colture. L’area di Pompei Ercolano e Stabia restituiscono invece una grande quantità di dati: rappresentazioni figurate, ambienti completi di arredamenti, impronte di coltivazioni, reperti botanici, zoologici e veri cibi carbonizzati.
In occasione di questa esposizione è possibile visitare la domus romana di via Varrone, risalente alla seconda metà del I secolo d.C., situata presso la Torre Rossa, allora la porta urbica occidentale dove terminava il decumano massimo (coincidente con l’odierno Corso Alfieri). Tra i resti di qusta costruzione, riaperta al pubblico per l’occasione, è di particolare interesse il tappeto a mosaico che decorava il pavimento del triclinium, la sala che gli antichi romani facoltosi dedicavano ai banchetti.
Inoltre non mancano gli eventi collaterali come le conferenze a tema, le visite guidate e anche la possibilità dell’acquisto di un biglietto che include la visita al Palazzo astigiano accompagnata dal pranzo o dalla cena. un viaggio nel gusto che si può percorrere velocemente dal passato al presente.
La mostra di Palazzo Mazzetti è stata promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti e dalla Fondazione Palazzo Mazzetti è stata curata da curata da Adele Campanelli e Alessandro Mandolesi.
Per informazioni dettagliate consultare il sito: www.palazzomazzetti.it.