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Prima del 173 a. C., l’anno della battaglia di Carystum, i Liguri piemontesi avevano vissuto in pace con i Romani e presumibilmente con le altre popolazioni del centro Italia.
I ritrovamenti archeologici fanno pensare a una fitta serie di commerci, sviluppata soprattutto dai Bagienni con gli Etruschi. Questa popolazione è quella che forse compare maggiormente nelle cronache degli storici romani, segno probabilmente del raggiungimento di una certa prosperità economica e influenza politica oltre i ristretti confini dei loro centri.
I Liguri in generale fanno la loro comparsa nella storia romana con la grande minaccia di Annibale. Come ben sappiamo il condottiero Cartaginese attraversò le Alpi con gli elefanti (la prima di una serie di grandi imprese di questo condottiero) e si ritrovò in Piemonte. Le popolazioni celto-liguri piemontesi erano indipendenti dai Romani, ma Annibale pagò per il servizio di giovani mercenari, si tratta probabilmente di coloro che Polibio descrive come Celti (e forse anche i Galli). D’altra parte fra gli alleati italici dei Romani presenti della famosa battaglia di Canne figurano, citati nello scritto in versi Punica di Silio Italico, proprio i Bagienni che dunque probabilmente avevano buon rapporti con la Repubblica romana fin dal 216 a.C. data di quello storico evento.
Detto questo prima di affrontare il bizzarro episodio dello scontro militare avvenuto fra le legioni di Marco Popilio Lenate, Console della Repubblica romana e gli Statielli a Carystum occorre fare alcune premesse utili per leggere meglio la politica romana (anche per come si è evoluta nella zona piemontese). Gli antichi romani erano un popolo mediterraneo. Il loro orizzonte era il mondo che da est a ovest includeva le coste che si affacciavano sul grande mare. Basti pensare che Sagunto in Spagna era un’importante città romana, al tempo delle guerre Puniche, quando la Repubblica non si era ancora affacciata con le sue legioni in Piemonte. La grande opera storica di Tito Livio, che fra l’altro, pur fra alcune lacune, ci riporta il racconto della battaglia di Carystum, è ricca di particolari sulle guerre combattute nello stesso periodo per imporre il dominio romano in Grecia, con la narrazione dettagliata di ambasciate e scontri diplomatici oltre che militari. Per gli antichi romani la conquista della Grecia aveva un forte connotato simbolico oltre che militare, significava imporsi sulla civiltà che era considerata faro di cultura e erudizione nel mondo allora conosciuto. Ciò che ne era fuori era sostanzialmente periferico, in qualche modo estraneo. Una visione delle cose che resterà nel popolo romano per molto tempo, anche nel periodo imperiale. Inoltre nella mentalità romana era molto importante la legalità dei comportamenti anche in politica estera. E questo tratto emerge proprio in occasione dello scontro presso Carystum.
Roma fin dal 238 a.C. affrontò più di una volta i Liguri in battaglia, ma si trattava delle popolazioni che vivevano in Liguria e in Toscana. Questi scontri rientrano nel più vasto teatro delle guerre puniche, che come abbiamo già accennato avevano coinvolto le popolazioni Liguri. Buona parte di queste erano alleate da tempo con Cartagine e dunque nemiche di Roma (anche se nel 205 cercarono di smarcarsi in qualche modo da questa scomoda guerra). La Repubblica romana invece poteva contare sull’appoggio dei Taurini e dell’antica Genua (oltre ai Bagienni).
Tuttavia fino al 173 non si hanno notizie di interventi delle Legioni romane in territorio piemontese e l’episodio che viene riportato da Tito Livio è tragicamente bizzaro ma anche illuminante sui rapporti delle popolazioni piemontesi preromane con la Repubblica.
Purtroppo Livio non ci spiega per quale motivo le legioni del console Marco Popilio Lenate arrivano di fronte a Carystum spingendo l’esercito degli Statielli a scendere in battaglia. A quanto pare l’azione del console è risultata a tutti gli effetti provocatoria di questo scontro. Per tre ore questo era apparso in equilibrio, poi la cavalleria romana lo ha portato in suo favore. gli Statielli persero in battaglia 10.000 combattenti, i romani tremila; ciò che restava dell’esercito ligure si radunò a Carystum nuovamente. Erano ancora in 10.000 e si resero conto di non avere speranze, così si arresero senza combattere ulteriormente. Il console romano fu spietato. prese tutte le loro armi e i loro beni, li fece prigionieri, vendendoli come schiavi, e distrusse completamente il centro di Carystum.
Il suo rapporto venne letto nel Senato romano, che deteneva nella Repubblica il potere decisionale, dal pretore Aulo Atilio e l’assemblea romana non fu affatto felice dell’impresa. Censurò il comportamento provocatorio del console e il suo atteggiamento vessatorio verso il nemico che si era arreso senza opporre resistenza. Una frase del testo di Livio risulta illuminante sull’atteggiamento degli antichi romani:
“Tante migliaia di persone innocenti, che invocavano la leale protezione del popolo romano, erano state messe in vendita, deportate in ogni parte, ridotte all’impotenza e fatte schiave di genti che un tempo erano nemiche dichiarate del popolo romano: ben triste esempio, tale da togliere a tutti, in seguito, la voglia di consegnarsi ai Romani”.
In base a queste considerazioni il Senato decise che il Console avrebbe dovuto restituire la libertà e i beni confiscati ai Liguri, insomma che nel limite del possibile la situazione tornasse allo stato precedente la battaglia.
Marco Popilio Lenate, che si attendeva elogi pubblici, e magari anche un trionfo, non riusciva a credere alla decisione del Senato. Torno a Roma convinto di riuscire a portare l’assemblea dalla sua parte, ma ricevette di persona lo stesso trattamento riservatogli in sua assenza.
Il caso si trasformò l’anno successivo in un clamoroso scontro fra Senato e consoli. Infatti il posto di Marco fu preso da Gaio Popilio Lenate, suo fratello, che convinse il collega Publio Elio Ligure a sostenere le ragioni del parente, ma il Senato era irremovibile, tanto da non affidare gli incarichi militari per quell’anno finché la deliberazione sui Liguri (che si chiamava tecnicamente Senatoconsulto) non fosse stata rispettata nella sua interezza. A confermare le ragioni dell’assemblea ci fu un nuovo episodio di scontro fra Marco Popilio, diventato proconsole, e gli Statielli, che aveva messo in agitazione le popolazioni piemontesi, ormai stanche di queste continue vessazioni.
Il Senato fece approvare un plebiscito che autorizzava l’avvio di un’inchiesta sulla battaglia di Carystum. si trattava in sostanza di un’accusa vera e propria contro l’ex console, che venne salvato da Gaio Licinio, incaricato di seguire la faccenda. Questi con un sotterfugio fece cadere l’accusa, diremmo oggi, “in prescrizione”.
Ma il plebiscito andava oltre. Agli Statielli vennero ridati i beni e la libertà e ottennero anche della terra a nord del fiume Po (per evitare che sorgessero ulteriori tensioni con una popolazione che comunque aveva ora buoni motivi di ostilità contro i Romani). Anche la zona di Carystum venne ripopolata. Qui gli storici però sono in dubbio su quale centro ne abbia preso il posto. Potrebbe essere Cartosio il cui nome chiaramente rimanda a origini liguri, ma anche la stessa Acqui Terme, ai tempi di Plinio il Vecchio nota col nome di Aquis Statiellorum (più tardi Aquae Statiellae).
A posteriori si può giudicare quanto sia stata corretta la tenacia del Senato romano in quell’occasione. Non sono noti altri scontri fra i Romani e i Liguri piemontesi nei decenni successivi e la romanizzazione della nostra regione avvenne in età augustea in maniera piuttosto morbida, limitando l’uso della forza il più possibile. Ma questo sarà il tema della prossima puntata.