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Il 1º giugno 1955, nell’ospitale “Tavernetta” dell’Hotel Savona di Alba, un centinaio di albesi, tra cui chi scrive, convocati in assemblea da un gruppetto di concittadini, decisero di costituire la Famija Albèisa, votandone lo statuto. I motivi che spinsero i fondatori ed i primi soci a compiere questo atto, furono senz’altro diversi ma, fra tutti, il più pressante era costituito dal timore che la massiccia immigrazione dal Sud potesse favorire la perdita o quanto meno la diminuzione o l’appannamento delle caratteristiche etniche e socio-culturali della nostra gente.
Ecco infatti gli impegni previsti dallo statuto approvato in quell’occasione: mantenere vive le antiche tradizioni della nostra Città e della regione; ispirarsi e coltivare con amore le memorie del passato; impedire che Alba ed i suoi paesi perdano le loro caratteristiche di usanze, costumi, arte e specialmente del dialetto, promuovendo e incoraggiando pubblicazioni, conferenze ed ogni iniziativa che possa ricordare i nostri grandi e valorizzare la nostra terra; promuovere e favorire la rinascita del teatro piemontese con propaganda popolare; sostenere con tutte le forze gli interessi della Città e della regione; organizzare una grandiosa propaganda per far conoscere a tutti i tesori della nostra terra, esaltando i valori del nostro patrimonio culturale, storico-artistico, etnico, industriale; infine, mantenere la buona armonia fra tutti gli Albesi.
E per essere in grado di attuare questi scopi con maggiore incisività e con personalità giuridica più consolidata, nell’anno 1972, grazie all’impegno del presidente allora in carica: Vittorio Asteggiano, la Famija Albèisa ha ottenuto l’erezione in Ente Morale con l’approvazione, da parte del Capo dello Stato, dello statuto sociale. Negli oltre quarant’anni di attività nessuno dei sette “precetti” dianzi elencati è rimasto irrealizzato od inosservato. Le tradizioni sono state rispettate senza per altro ostacolarne l’evoluzione e l’adattamento alle mutate esigenze dei tempi più moderni. Le memorie del passato, le usanze, i costumi, l’arte, insomma tutto il patrimonio peculiare della nostra terra e della sua gente è stato conservato nella sua identità. E quando, a causa del progresso inarrestabile, una parte di esso subiva un comprensibile e giustificato superamento, tutto veniva fissato a futura memoria nelle numerose pubblicazioni (oltre una trentina) edite dal nostro Ente ed offerte ai lettori con contenuti di crescente valore scientifico e letterario.
Il teatro piemontese è stato ed è tuttora oggetto di particolare attenzione con l’organizzazione di rassegne e la partecipazione di valenti compagnie, con l’istituzione di una scuola di teatro i cui allievi hanno poi costituito una compagnia dedicata alla famosa attrice Marianna Torta Morolin, riscuotendo lusinghieri successi. Così pure il canto popolare piemontese ha avuto la sua parte di promozione con l’organizzazione di una rassegna di cori a carattere regionale ed internazionale e la gestione del gruppo corale “Stella Alpina”. Il giornale mensile “Le nòstre tor” (Le nostre torri) è il portavoce dell’associazione nella cura degli interessi della nostra Città e del territorio circostante, esprimendo il pensiero del nostro sodalizio, libero da vincoli politici. E per dare maggiore concretezza a quanto dalle sue colonne veniva dichiarato specialmente al riguardo della salvaguardia e conservazione del patrimonio artistico ed architettonico, la Famija Albèisa ha ritenuto doveroso ed esemplare cimentarsi nel restauro diretto di monumenti cittadini. La chiesa di San Domenico, uno dei più antichi monumenti medievali, è quasi ritornata al suo antico splendore e da anni è sede di concerti, convegni e mostre oltre che meta per ogni turista. Parimenti l’attuale sede sociale si trova sistemata in un palazzo ottocentesco di proprietà comunale anch’esso restaurato con le nostre forze e possibilità integrate da generosi contributi elargiti dalla comunità bancaria ed imprenditoriale cittadina.
Di tutto quanto ho descritto e di altre minori realizzazioni che ho tralasciato per brevità, il migliaio di soci che aderiscono alla Famija Albèisa è orgoglioso non tanto per presuntuosa ostentazione, quanto per la coscienza di svolgere un doveroso compito ed un servizio dettato dall’amore profondo che nutre per la propria terra. Conscio di farlo con disinteresse, abnegazione, spirito di sacrificio e se mi è concesso con un po’ di caparbietà.
Spero di aver suscitato, in quanti avranno avuto la compiacenza di leggere questo articolo, comprensione e spero anche il consenso alla nostra attività. Se così è stato, la Famija Albèisa potrà affacciarsi al prossimo terzo millennio con la certezza di avere possibilità e motivo di agire ancora con risultati positivi nella realizzazione dei suoi impegni statutari.
Giovanni Bressano