Tu sei qui
Tempo fa ho incontrato un personaggio particolare¹, come spesso succede se si ha ancora la pazienza di parlare e la voglia di conoscere le persone dietro ai volti.
Abbiamo chiacchierato a lungo, stabilendo presto un feeling e trovandoci in sintonia sul modo di intendere le cose e il loro cambiamento; soprattutto per me è stato piacevole ascoltare aneddoti, storielle e giudizi sui langhetti detti sempre in quella scarna essenzialità che solo il dialetto permette. Molte verità ma soprattutto tanto attaccamento a quelle colline di Langa che, a dispetto di tutto, si fanno amare anche quando proprio non vogliono. Le parole corrono lente tra giudizi severi e impietosi, individuando sempre i molti difetti e tacendo spesso sui pregi, si fermano sui fatti di sangue di un tempo e sui ricordi che si raccontano la sera prima di andare a dormire ma trattengono sempre un tacito rispetto per chi nel bene e più spesso nel male, ha comunque scelto di vivere quassù, nella solitudine dei paesi di cinquanta abitanti.
Lentamente, attraverso questo microcosmo, ecco apparire una personale visione del mondo, una visione che forse aiuta a capire un pochino le teste dei langhetti, senza per questo emettere sentenze di assoluzione o di condanna.
Questa visione la ritrovo nelle parole –forse acerbe– di sua figlia, una ragazzina timida che riporta le storie e scrive poesie di disarmante semplicità: me ne regala alcune, eccovene una… ma attenti, non è una poesia allegra: rimata come una canzoncina parla di morte, che qui nelle Langhe è stata (ma per certi versi è ancora) troppo spesso fatto quotidiano, ma mai abitudine.
Cuore di madre (per Nonna Angela)
Sotto un cielo plumbeo
pieno di nubi gonfie e minacciose
una madre si avanza senza pace
portandosi indosso un fardello di dolore.
Piange il figlio diletto perduto bambino
mancatole giusto la sera del giorno
che il dì della vita gli era ancora al mattino.
Il cielo si apre e la pioggia la bagna
lavando sul sentiero le impronte
con acqua che a pianto si accompagna
il suo cuore di madre soffre mentre il dolore
tutt’intorno si sparge e trasuda.
Troppo grande per essere rinchiuso
sfuggente come acqua in bocca ai cani.
Gabriella Rinaldi ha 14 anni, vive ad Arguello, è iscritta al Liceo Classico e sono sicuro che si parlerà ancora di lei².
¹ Il grande Roberto Rinaldi, il personaggio in questione, gestiva un circolo ad Arguello –“Cà del Cucu”– di cui conservo alcuni dei miei migliori ricordi di tavola. A parte le sue notevoli capacità in cucina, erano fantastiche le sue doti in sala, seduto al tavolo con noi a raccontare come nasceva un piatto, come era cambiato nel tempo, come lo si faceva a Carmagnola piuttosto che a Tortona, per passare poi a tutt’altro. Con lui si poteva parlare di tutto, perché aveva una grande cultura Roberto, una cultura bassa, istintiva, da autodidatta direi, che gli faceva comprendere gli uomini al primo sguardo, proprio come poteva giudicare l’esecuzione di un piatto. Aveva anche un sacco di storie di Langa, quasi tutti fatti di sangue, di scandali messi a tacere e di piccole ipocrisie che tanto sarebbero piaciute a De André per esempio. E anche Roberto amava De André, come lo amavo io del resto. Roberto non è stato fortunato: lo persi di vista dopo che chiuse il circolo e lo ritrovai solo l’anno scorso a Feisoglio, il paese di sua moglie, cieco per il diabete, in dialisi e prigioniero di una sedia a rotelle, in una cena in casa che ricordo meravigliosa, cucinata secondo le sue direttive, in cui non smise mai di parlarmi, di ricordare, di progettare (volevamo fare un libro di ricette, raccontato nel suo modo meraviglioso) e di amare la vita. L’ho pianto all’obitorio della Clinica di Cherasco, a gennaio dove ha davvero finito di soffrire. Anche se molti non lo hanno mai saputo, lui è stato sempre uno dei riferimenti di questa rivista e miei in particolare. Ciao Roberto, e grazie per tutto.
² Oggi Gabriella di anni ne ha 24, vive a Feisoglio, si è laureata e riporta ancora i racconti e le storie di Langa. Ho in ufficio le sue bozze per quel famoso libro sui “Fatti di Sangue” che prometto di pubblicare prima possibile. La famiglia Rinaldi se lo merita (e anche i lettori)!