Tu sei qui

anViagi 144L’Editoriale

Eden

Pietro Giovannini5 ottobre 2011

Racconta una Leggenda Georgiana:
Completata che ebbe la Terra, Dio creò quindi i Popoli
e poi iniziò a distribuire loro le terre che aveva creato.
Ma mentre tutti aspettavano il loro turno,
i Georgiani già erano intenti a mangiare, bere e brindare…

Quella che noi chiamiamo Georgia, e i Russi chiamano Gruzia, per i Georgiani è Sakartvelo (la terra dei Cartveli) così come l'Armenia è per gli Armeni, Ayastan.

Infatti nel Caucaso ogni popolo (che qui non significa mai uno Stato) parla la propria lingua col proprio alfabeto, e i popoli qui sono decine: oltre alle tre repubbliche ex-sovietiche (la terza è l'Azerbaijan, che si affaccia sul Caspio) ci sono le Repubbliche indipendenti della Federazione Russa dai nomi pittoreschi come Circassia, Cabardino-Balcaria, Daghestan, Cecenia, Inguscezia, Ossezia etc. con lingue, costumi, cucine, musiche, balli e poeti incredibili. E poi ovviamente infinite enclavi, minoranze, colonie etc.

Proprio come i popoli mediterranei, i Caucasici sono capaci di grandi slanci di generosità, dichiarazioni di eterna amicizia come di feroci odi tribali e faide infinite che si perpetuano da secoli.

La lingua franca è ancora il russo, in attesa che l'inglese prenda il sopravvento come un tempo fecero il turco e il farsi. Pensate che i romani quando attraversavano il Caucaso avevano bisogno di un centinaio di interpreti e la lingua più difficile del mondo forse si parla in un'enclave dell'Azerbaijan, isolata nelle montagne verso il Daghestan, nel villaggio di Khynalug: è stata codificata e dotata di alfabeto solo nel dopoguerra da un filologo russo! Prima (ma forse anche ora) era solo orale, una tradizione millenaria di memoria, mito e parola che nemmeno Stalin era riuscito a distruggere. 

...E fu così che Dio, non vedendoli, si dimenticò di loro,
e distribuì tutte le terre agli altri popoli.
Finalmente i Georgiani se ne accorsero,
e andarono da Dio a lamentarsi...

I greci chiamavano Colchide queste spiagge e nei loro Miti è qui che Giasone viene a cercare il Vello d'Oro (ed è vero, perché qui si setacciavano i torrenti della Svanetia usando una pelle di agnello), e non è forse tra queste montagne altissime (l'Elbrus tocca i 5.800 metri) che Prometeo venne incatenato dagli Dèi? E cosa aveva rubato loro? Il Fuoco della Conoscenza, cioè il Sapere (quello di una civiltà più antica forse?) che aveva portato in dono agli uomini. Molti miti della Grecia antica arrivano proprio dal Caucaso, come pure moltissimi riferimenti biblici. Infine Armenia e Georgia furono le prime terre a convertirsi al Cristianesimo, ben prima di Costantino, e le loro chiese risalgono al 5-6 sec.

La Storia e il Mito dunque si rincorrono tra queste montagne dove è bello credere che fu la mano di Dio a piantare la vite ...E in questo caso forse anche l'Eden doveva trovarsi da queste parti!

Del resto gli armeni considerano Noé un loro antenato e l'Ararat (che però ormai è in Turchia) una montagna sacra. E non fu proprio Noé a ubriacarsi di vino?

Perché è qui che la vite è nata: in questi microclimi incredibili, tra le colline e le vallate fertili del Kakheti, protette a nord dai venti gelati delle steppe russe e a sud da quelli roventi dei deserti mediorientali.

Kakheti, la regione principe della viticoltura georgiana, è un nome che tutti gli appassionati di vino dovrebbero imparare a memoria. Pensate che nel Caucaso ci sono un migliaio di vitigni autoctoni di cui la metà coltivabili con buoni risultati (la stessa ricchezza ampelografica dell'Italia -non a caso chiamata Enotria dai Greci), e oltre 5.000 anni di storia documentata sul vino!

I Fenici portarono poi l'uva in tutto il Mediterraneo, coltivandola lungo le pendici dei fiumi navigabili; ma forse in Italia c'era già, o forse no: non lo sapremo mai e non ha nemmeno importanza...

Però il vino è nato nel Caucaso, in Georgia, dove continuano a farlo nelle anfore come millenni fa, in questa piccola terra multiforme (più o meno grande come la Svizzera) che contava più Principi di tutte le Russie, dove già nel Medio Evo c'erano una decina di colonie dei mercanti genovesi e grazie a loro le carovane dell'Asia arrivavano in Europa; qui dove da sempre la cucina, la danza, il vino e l'ospitalità occupano un posto importante nella vita di tutti giorni.

…“Ci hai appena creato e già ti dimentichi di noi”
dissero a Dio i Georgiani,
“È vero, ma voi per primi mi avete dimenticato:
vi siete subito messi a mangiare e a bere,
senza più curarvi di me!”, rispose Dio…

Le danze tradizionali georgiane sono semplicemente meravigliose e un pranzo richiede un'infinità di brindisi con lunghi discorsi e più lunghe bevute.

Il cibo è indimenticabile: una cucina contadina che esalta il gusto delle singole cose e sa lavorare le materie prime con un'esperienza millenaria. L'aristocrazia dei ristoranti sovietici era tutta caucasica e la cucina meridionale è ancora oggi per i Russi la cucina più buona.

In Georgia a tavola, accanto ad ogni piatto, viene servito il khachapury, cioè un ottimo pane piatto farcito di formaggio fresco… praticamente la focaccia di Recco!

E i genovesi rivendicano da sempre la paternità della pizza, che non sarebbe altro che una “recente” variazione della loro “storica” focaccia: infatti, nella Napoli spagnola il pomodoro arrivò dalle Americhe molto prima che nel resto d’Italia.

Io non penso che siano stati i genovesi a portare la loro focaccia sulle coste georgiane ma piuttosto il contrario, altrimenti avremmo khachapury in tutto il Mediterraneo o almeno in tutto il Mar Nero!

Io credo che i mercanti di tutto il mondo siano più per prendere che per dare... e che dunque sia la meravigliosa focaccia georgiana ad essere arrivata a noi, assieme alle spezie e alla seta, sulle galere genovesi.

E mi piace quindi pensare che tutti noi siamo debitori a questo piccolo paese di valli, montagne, deserti, colline, città sotterranee, scogliere, pinete e coste sub-tropicali non solo per il vino… ma forse pure per la pizza!

…“Ma noi festeggiavamo la Tua creazione
e brindavamo alla Tua opera e dunque a Te”
replicarono in coro i Georgiani.
Allora Dio –commosso– donò ai Georgiani
quella terra che aveva conservato per sé.