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anViagi 131-132L’Editoriale

Valzer

Pietro GiovanniniOriginariamente pubblicato nel 2010

William Zantzinger, 24 anni, era figlio di un proprietario terriero con 600 acri di tabacco nel Maryland. Hattie Carroll era una barista di 50 anni e 11 figli, che lavorava all’Emerson Hotel di Baltimora.
La notte dell’8 febbraio 1963, Zantzinger completamente ubriaco, durante una serata di beneficenza, colpì più volte con il suo bastone Hattie Carroll perché non era stata abbastanza veloce nel dargli da bere. La barista finì su un ambulanza e Zanzinger in prigione per ubriachezza molesta.

Hattie Carroll morì la mattina dopo (forse per i colpi, forse per un collasso) ma intanto Zanzinger se ne era già uscito pagando 600$ di cauzione. Venne però incriminato per omicidio di primo grado, subito processato e prontamente condannato da un collegio di tre giudici… a sei mesi di carcere.

William Zantzinger era bianco. Hattie Carroll no.

Questa storia poteva restare un piccolo fatto dei primi anni ‘60, quando la segregazione razziale era ancora normale in USA e le ingiustizie ai danni dei negri non facevano nemmeno notizia. Però l’articolo venne letto da un giovane Dylan che in una notte ne trasse una canzone, pubblicata poi sul suo terzo album, il profetico The Times They Are A-Changin’.

The Lonesome Death of Hattie Carroll è uno dei suoi più grandi capolavori di sempre, un testo incalzante come dettato da una telescrivente sul ritmo di un valzer; una storia scarna, dura, essenziale come appunto un articolo di cronaca. Dal vivo per tutto l’anno successivo Dylan la presenterà come una storia vera dove “ogni cosa è stata presa dai giornali… tranne le parole”, attaccando poi i versi caricati a pallettoni della prima strofa: “William Zanzinger killed poor Hattie Carroll / With a cane he twirled around his diamond ring finger / At a Baltimore hotel society gath’ring”.
Negli USA negli anni ‘60 la disparità di diritti civili tra bianchi e neri era così evidente che Dylan nel testo non ha nemmeno bisogno di precisare che Hattie Carroll era negra.

Un anno prima (1962) James Meredith era potuto entrare all’Università di Oxford Town (Mississipi) come primo studente di colore, solo perché scortato da 300 sceriffi, arrivati su ordine diretto del Presidente Kennedy. E un anno dopo (1964) tre attivisti –Andrew Goodman, Michael Schwerner e James Chaney– sarebbero scomparsi nel nulla per aver reclamato il diritto al voto della popolazione negra (la storia è raccontata nel film Mississipi Burnin’… pensate che il mandante è stato condannato solo nel 2005). In quell’anno cruciale, il 1963, ad agosto si tenne la Marcia di Washington col famoso discorso (I have a dream) che Martin Luther King tenne al Lincoln Memorial, davanti a 300.000 persone.
Come tutti sanno JFK verrà assassinato a Dallas nel novembre di quello stesso anno, mentre al Reverendo King spareranno a Memphis nel 1968.

È un fatto quindi che nell’America di quegli anni ci volesse anche coraggio a scrivere la storia di Hattie Carroll e poi a cantarla per tutti gli Stati Uniti.

Ma ci voleva pure il tocco del poeta per fare di uno scarno fatto di cronaca nera, una denuncia universale del razzismo e dell’ingiustizia sociale. Nella canzone ad es. parlando di Hattie, Dylan ripete tre volte una rima con table mentre per Zanzinger usa cane (bastone).
Ma “able” si pronuncia esattamente come Abel e “cane” proprio come Cain.

Abele e Caino.

William Zanzinger ha tenuto il marchio di Caino tutta la vita, tra arresti, truffe e fallimenti. È morto a 69 anni, il 3 gennaio 2009, forse per non vedere giurare il primo Presidente negro d’America (o nero, di colore, afroamericano o come più stupidamente volete).

A me ha fatto molto effetto vedere Bob Dylan cantare The Times They Are A-Changin’ quest’anno alla Casa Bianca proprio a Barack Obama e a mezzo Congresso, compresa la strofa “Come senators and congressmen, please heed the call” …e davvero le finestre ballavano e i muri tremavano… un omaggio alla musica di impegno civile e a questo piccolo ultimo ebreo errante, a quel poeta profetico e visionario.

A Hattie Carroll è invece toccato un posto nel Piccolo Cielo degli Immortali. Bob la invita ancora sul palco ogni anno e per lei sceglie spesso posti particolari che in vita di certo non avrebbe mai visto.

E su quel palco e tra il pubblico, il suo spirito sale ogni volta leggero, a ritmo di valzer, restando nell’ombra delle luci, fantasma di un’America che non esisterà mai più, icona di un passato remoto che è stato appena ieri.

E lei, la povera serva negra ammazzata a bastonate, di certo sarà felice –ovunque essa sia– di quanto davvero oggi i tempi siano cambiati.