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anViagi 130L’Editoriale

Meglio

Pietro GiovanniniOriginariamente pubblicato nel giugno 2010

Quando ho fondato questa testata, e definito quindi la linea editoriale di anViagi, avevo bene in testa una serie di nomi di persone… dei miei riferimenti personali che io vedevo un po’ come le pietre angolari di queste colline.

C’erano produttori di vino ovviamente, ma anche artisti, figure istituzionali, giornalisti e persone semplici, per nulla famose ma assolutamente autentiche. Di coloro che credo abbiano avuto un’influenza decisiva su questo mio mondo di colline, non ho conosciuto solo (a volte non ero ancora nato…) Giacomo Bologna, Renato Ratti, Alessandro Lupano, Giovanni Borello, Arturo Bersano, Giacomo Morra e Luciano De Giacomi; per il resto penso di aver incontrato davvero tutti.
Ho cercato di rappresentare quel mondo (o meglio la mia visione di quel mondo) soprattutto attraverso le interviste. Alcune sono poi rimaste nel cassetto, altre (come per Lupano) non sono riuscito a farle in tempo.

In questi 13 anni (aV entra con questo numero di giugno nel suo 14º anno di vita!) le pietre angolari delle mie colline si sono sbriciolate poco per volta, inesorabilmente.

Se ne sono andati Guido e Veronelli, Romano Levi e Bartolo Mascarello, Anna Bologna e Alfredo Currado, Giovanni Gaja e Mario Soldati, Raul Molinari e Giovanni Conterno, Redento Dogliotti e Paolo Spinoglio, Fabrizio De André (o la campagna astigiana) e Nanda Pivano (o l’America di Pavese).

Sono morti i miei nonni (che per me restano la Langa) e un sacco di personaggi che a voi non diranno niente ma che affollano i miei ricordi e il mio immaginario come Roberto Rinaldi, mitico cuoco di Arguello o Luigino, che raccoglieva cantando i cartoni ad Alba; ci sono il Legionario sempre ubriaco, col naso girato da un calcio di fucile (lui raccontava nella Legione Straniera, altri dicevano dai Tedeschi durante la guerra) e il dott. Molinari del Mango che partiva di notte insieme al prete, nella neve verso la più sperduta cascina. E Giuseppina Masera che conservava il suo salotto buono con i fantasmi di Fenoglio e Gallizio, e Negro, il setmin di Cessole, che curava con le erbe medicinali una Val Bormida ancora avvelenata dall’ACNA.
In questi 13 anni le cose sono cambiate, né più né meno che mille altre volte, solo che le altre volte io non c’ero. Così mi capita sempre più spesso di voltarmi indietro e non vedere quasi più nessuno.

Certo, ci sono ancora Aldo Conterno, Gianni Gallo, Giacomo Oddero, Cesare Giaccone, Beppe Colla, Angelo Gaja, Massimo Martinelli, Michele Chiarlo, Quinto Chionetti e pochi altri che forse ora dimentico ma a cui auguro lunghissima vita.

A volte mi sembra di avere cent’anni (e invece ne compio solo quaranta!), di conoscere tutte le storie e di aver vissuto ogni curva di queste colline.

E parlando, io e Beppe Orsini (lui molto più vecchio di me ovviamente) sembriamo a volte la memoria vivente di un mondo che ormai non c’è più, di un’innocenza che è morta con Romano Levi, di un’idea di cucina che è sparita con Guido, di un modo di fare il vino che è finito con Bartolo Mascarello.
Magari sbaglio (magari!) ma guardandomi intorno non vedo grandi figure emergenti.

È un po’ come nel rock: ad uno ad uno muoiono i vecchi leoni e da decenni si pubblicano pochissimi nuovi artisti… e così io continuo ad ascoltare sempre la musica di 40 anni fa.

Ma d’altra parte questa rivista non fa amarcord ma attualità.
E quindi noi di aV continueremo a guardare al presente, e al futuro, con ottimismo e fiducia.

Però credetemi: il meglio ormai ve lo siete perso!