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L’aristocrazia del Barolo: Castiglione Falletto e Monforte

Stefano Bevione26 luglio 2016

Già nel suo nome imponente, Monforte evoca immagini medioevali di fortificazioni e arroccamenti, guerre e assedi. Basta sedersi ai tavoli del bar “Grappolo d’oro” nella piazza Umberto I e osservare la saracca del borgo antico, perché la fantasia ci rimandi alle immagini cinematografiche prese a prestito da qualche film in costume medioevale. A ripensare all’assedio degli eretici Càtari che qui ebbe luogo nell’XI secolo, sembra di veder sbucare dai viottoli i poveri perseguitati in fuga, chiudersi le porte della città e arrivare i soldati a cavallo con spade e alabarde scintillanti. Ma basta chiudere gli occhi e riaprirli per vedere la realtà attuale di un vivace e attivo paese agricolo, pacificamente dedito principalmente alla coltura del prezioso Nebbiolo per il vino Barolo

Monforte è una città di storia: il nome latino Mons Fortis ne traccia l’origine di fortilizio, con antichi precedenti romani di cui sono state trovate pochissime e sparute tracce. Anche la vicenda degli eretici che qui si annidarono nell’XI secolo è ancora irrimediabilmente avvolta nel mistero. In seguito il paese subì le alterne vicende feudali, venne più volte ceduto a nuovi signori (il Comune di Alba, il Marchese Enrico del Carretto, i Marchesi del Monferrato, i Visconti di Francesco Sforza, per finire nel ‘600 ai Savoia). Tra i vari passaggi si contano numerosi assedi e saccheggi. Perché tanto interesse per questo piccolo borgo contadino, posto ai confini meridionali delle Langhe, in punta ad un bricco di oltre 500 metri sul livello del mare? Chi va a Monforte si può facilmente accorgere di come esso sia un avamposto strategico che dall’alto domina la grande pianura cuneese: è una porta di ingresso e di uscita di quel grande arcipelago collinare che chiamiamo Langhe. Oggi Monforte è un paese di rispettabili dimensioni (oltre 2.000 abitanti) ed ha mantenuto quella sua caratteristica di luogo di transito, di crocevia che ha tuttora una sua notevole vivacità di aggregazione, di attrazione turistica, di centro eno-gastronomico.

Sono affascinanti e piacevoli da percorrere le diverse possibili strade di accesso a Monforte, con caratteristiche paesaggistiche anche piuttosto diverse, a seconda che si arrivi da Alba, dall’Alta Langa o da Dogliani. La provenienza più probabile per il turista sarà da Alba ed è appunto il nostro percorso; quindi, superato Gallo Grinzane, si sale per Monforte attraverso il crinale di Castiglione Falletto: un’emozione da non perdere, dove la strada tortuosa è una sorpresa continua e una cartolina ad ogni curva; il panorama si apre subito sui castelli di Grinzane, Serralunga e Barolo e poi sull’intero sistema di colline del più nobile dei Nebbioli. Finché il concentrico medioevale di Castiglione Falletto non ci si para davanti: Castiglione ha quello che a Monforte manca: cioè, se si potesse spostare sulla sommità di Monforte il maniero di Castiglione con la sua torre d’avvistamento, tozzo ed imponente cilindro dell’XI secolo, si avrebbe una visione alquanto realistica di come doveva apparire Mons Fortis nei secoli bui. 

  • La chiesa parrocchiale di San Lorenzo. Photo: Diego De Finis.
  • Una veduta panoramica aerea di Castiglione Falletto. Photo: .
  • Un lato delle mura del castello con una torre cilindrica. Photo: Diego De Finis.
  • Le massicce mura e un torrione del castello di Castiglione Falletto. Photo: .

Entrando nell’abitato di Castiglion Falletto attraverso via Roma, vi ritroverete presto in piazza del Centro (dove potrete parcheggiare l’automobile), anticamente chiamata “della Balada” poiché essa ospitava il ballo a palchetto delle feste paesane. Leggermente a destra si vede una bottega di prodotti enogastronomici denominata Le mura di San Rocco che oltre alle delizie di Langa è interessante per le testimonianze storiche che custodisce al suo interno. Vi si possono vedere i resti di una piccola cappella del XVI secolo dedicata a San Rocco che si pensava perduta definitivamente: la parte di ingresso è adibita a spazio di esposizione dei prodotti in vendita. Inoltre sono state trovate (e valorizzate) le fondamenta di un muro spesso, del castello o del ricetto e quelle di un edificio circolare, quasi certamente una torre. 

Una breve salita vi condurrà sotto la mole imponente della roccaforte, nei pressi del muro del ponte (il ponte levatoio che serviva d’accesso alla villa). La rampa d’ingresso all’edificio si trova in fondo a piazza Vittorio Veneto (sede oggi del gioco del pallone elastico “alla pantalera”) ma può essere più suggestivo raggiungerla percorrendo il perimetro completo della rocca.

Scendete quindi in via Marconi e svoltate a sinistra per via Cavour: passerete proprio sotto gli imponenti bastioni che qui, sul lato meridionale, raggiungono altezze vertiginose, appoggiati ai banchi d’arenaria che spuntano qua e là e bordati prestigiosamente da tre torrette angolari.

Passando davanti alla cappella della Confraternita dei Battuti, dedicata a S. Anna, proseguite lungo la strada, che ora sale e si restringe, diventando uno stretto acciottolato di pietra, e vi ritroverete ai piedi della rampa d’accesso al castello. L’acciottolato in pietra era opera di pazienti sternighìn (antico e diffuso mestiere dei lastricatori di strade, ormai reso obsoleto dalla civiltà dell’asfalto). Sul piccolo spiazzo, punto d’osservazione privilegiato sul vicino castello di Serralunga e sui vigneti della Bassa Langa) sorge la Parrocchiale di S. Lorenzo, anticamente cappella gentilizia dedicata a Santa Maria in castrum e ristrutturata nell’800 con gusto neogotico. Ma ora, inevitabilmente, l’occhio viene attratto dallo svettante torrione centrale della fortezza che, dall’alto dei suoi 27 metri di altezza e 700 anni di storia, continua a sorvegliare con severità il paese ed i suoi dintorni.

Il giardino del castello è visitabile, per gentile concessione degli attuali proprietari, i conti Vassallo di Dogliani il sabato e la domenica dalle 15 alle 18. 

Ma ora abbandoniamo il castello e torniamo tra le vie concentriche del paese, raggiungendo nuovamente la piazza del Centro. Potete quindi percorrere la via delle Fontane: un sentiero che scende tra i tre antichi serbatoi in cotto, ultima riserva d’acqua del paese in tempi di siccità, per ritornare con un ampio giro all’imbocco del paese oppure, sempre dalla piazza del Centro, imboccare l’antica via del fossato, in ghiaia ma percorribile anche in automobile, che compie il periplo completo del nucleo storico di Castiglion Falletto, affacciandosi, tra la folta vegetazione, sui versanti e sui bricchi delle colline circostanti, con paesi, tutti altrettanto turriti, che testimoniano di un passato di alterne alleanze e rivalità. Se imboccate (non in macchina!) la cappezzagna che sbuca sulla vostra destra a circa metà percorso, potete scendere tra i vigneti dello Scarrone-Rivera, verso la valle di Fontanafredda, passeggiando in una delle colline più suggestive dell’intera Langa, tra rocche e vigneti. Potete anche imboccare la strada del Grosso, una piacevole comunale che si snoda tra alcuni dei migliori crus (Monprivato, Codana e Vignolo) di Castiglione Falletto, per ridiscendere verso la provinciale Alba-Barolo. Il npstro percorso prosegue però verso Monforte, costeggiando alla sinistra le Rocche, celebri anche per l’omonimo cru, che si aprono improvvise tra i vigneti e il castello di Perno, mentre a destra crescono le uve dei crus Villero, Serra e Meriondino.

  • Ampia veduta panoramica di Monforte con le Alpi sullo sfondo. Photo: Paolo Calosso.
  • Ciò che resta dell'abside del monastero di San Pietro. Photo: Diego De Finis.
  • Apertura nelle rovine del monastero di San Pietro. Photo: Diego De Finis.
  • La strada che da Monforte porta a Dogliani. Photo: Paolo Calosso.

Ma ecco che superati i Parussi siamo già fra i vigneti meravigliosi della Bussia, con lo sfondo maestoso delle Alpi e con le piccole e grandi cantine posizionate sui bricchi come se fossero esse stesse piccoli fortilizi. La Bussia è la collina più grande della zona che corre verso l’abitato fin al limitare dei boschi settentrionali che rinverdiscono la ripida erta alle spalle dell’abitato.

Con le ultime, strette curve, si gira intorno alla collina e si esce sul luminoso versante  che ospita la non memorabile “parte moderna” del paese, per trovare subito parcheggio in piazza Umberto I.

Prima però vi proponiamo una deviazione verso Barolo per godersi la vista del Bricco San Pietro, dove le rovine dell’antico monastero benedettino (sec.X) coperte di rovi e boscaglia, ci ricordano come il ritorno della civiltà su queste terre devastate dai barbari, la dobbiamo ai laboriosi monaci dell’Ora et Labora. Il Bricco è un alter ego di quello del Castello (in effetti la parte moderna si sviluppa proprio nella “sella” tra i due cocuzzoli) quasi a simboleggiare l’equivalenza dei due poteri medioevali.

Quindi, in prossimità della piccola cappella dedicata alla Natività, svoltate verso strada San Pietro: la stradina fa tutto il giro attorno al piccolo colle (ma poi finisce in una proprietà privata) e vi offre una impareggiabile vista a 360 gradi, spaziando dalla corona alpina fino ai castelli roerini, a nord. Verso est invece, subito al di là del piccolo rio ai piedi del versante, scorgerete alcune delle più prestigiose sottozone pregiate da cui nasce il grande Barolo di Monforte.

Altre escursioni piacevoli sono verso Roddino, seguendo la bellissima strada che procede in cresta di collina e dischiude alla nostra sinistra un sontuoso panorama su tutta la Langa del Barolo, forse la vista più bella e completa; l’altra uscita del paese è a scendere verso Dogliani in quella che presto diventa una gola sotto la collina di Valdibà, dove il paesaggio è assai diverso, più selvaggio, con ancora molte zone boscose, piccole vigne e coltivazioni di nocciole e pioppi. Si può però anche imboccare la collina di San Luigi e restare sempre in cresta fin quasi alla cittadina sul Rea. O ancora svoltare a destra (allo stesso incrocio) per la frazione San Sebastiano che rappresenta un’identità agreste quasi intatta e ben celebrata nella annuale festa patronale estiva (in cui si mangia benissimo) per scendere quasi a Monchiero.

  • Piazza Umberto I vista da Palazzo Martina. Photo: Diego De Finis.
  • L'ingresso del ristorante "Da Felicin" a Monforte. Photo: Paolo Calosso.
  • Uccelli impagliati nel Museo Martina. Photo: Diego De Finis.
  • Ricostruzione di una vecchia aula scolastica nel Museo Martina. Photo: Diego De Finis.
 

Ma da qualsiasi strada si arrivi a Monforte, alla fine ci si ritroverà in piazza Umberto I, seduti al bar a sorseggiare un caffè (o un buon bicchiere di Barolo) in faccia al borgo antico, uno dei meglio conservati di tutte le Langhe.

Citazione d’obbligo però per uno dei templi laici del gusto che trovate al fondo del viottolo (Via Vallada) alle vostre spalle: il famosissimo ristorante-albergo “Del Giardino – da Felicin”, uno dei monumenti della ristorazione nelle Langhe: nonno Felicin aprì questo locale più di 90 anni fa e, dopo la guerra, si spostò nell’attuale casa di villeggiatura, seminascosta dalla lussureggiante vegetazione del giardino (a Monforte e nei dintorni vi stupirete nell’incontrare una ricca flora anche esotica, favorita dal clima felicissimo di cui gode questa fetta di Langa). Oggi la tradizione è saldamente nelle mani del nipote Nino, che ringraziamo anche per la copertina di questo percorso.

Alle spalle di “Felicin” si trova la parrocchiale in stile neogotico, così grande e ricca di decorazioni da parere una piccola cattedrale: anche la chiesa palesa le ambizioni di questo orgoglioso paese che dissimula a stento la sua vocazione di perla delle Langhe.

La piazza è il centro vitale del paese con un numero importante di bar, ristoranti e enoteche che da sole chiariscono quale sia il ruolo di Monforte nella geopolitica del Barolo. Sempre in piazza presso l’omonimo palazzo si trova anche il curioso Museo Risorgimentale, dedicato al colonnello Martina, inaugurato nel 2011, contiene i cimeli di Paolo Domenico Martina, che ha partecipato praticamente a tutte le campagne belliche che hanno portato alla nascita dell’Italia. Vi si trovano anche tracce per della sua passione per la musica e il mondo degli animali (mentre uno dei più begli alberghi in vetta al borgo era nientemeno che la villa del famigerato gen. Bava Beccaris).

  • Le case addossate l'una all'altra nella Saracca. Photo: Diego De Finis.
  • Una curva stretta e ripida nella Saracca. Photo: Paolo Calosso.
  • Una finta finestra in pietra, motivo ornamentale nella Saracca. Photo: Diego De Finis.
  • Palazzi nel centro storico di Monforte. Photo: Paolo Calosso.
  • Particolare di un'abitazione della Saracca. Photo: Diego De Finis.
  • Una delle strade principali nella Saracca. Photo: Diego De Finis.

Di fronte a noi si innalza la saracca, l’erto colle del paese storico, un tempo cuore commerciale del paese, con le sue botteghe, le sue osterie, i suoi mercati. Riprese le forze si inizi l’ascesa. Prendete a piedi via Guglielmo Marconi, immergendovi nell’antica sternìa, la tipica salita acciottolata. La pendenza spaventosa dell’erta, peggio di quella dei "muri" del Giro delle Fiandre, non vi spaventi troppo: sono solo pochi e brevi tratti e soprattutto ne vale la pena. Si passa oltre un paio di simpatiche Osterie e si sale ancora fino ad un bivio, tra piccole ed antiche case, affastellate le une sulle altre (ve ne renderete conto meglio dall’alto, con una visione globale dell’antico concentrico); facciate antiche si alternano a restauri a colori vivaci, creando una strana e suggestiva atmosfera in bilico nel tempo. Non a caso sono in atto in tutto il paese numerose ristrutturazioni, soprattutto a cura dei turisti di lingua tedesca, che si sono letteralmente innamorati di Monforte: molti di essi hanno deciso di allestire qui il loro buen retiro.

Anzichè continuare per la via principale si imbocchi ora il passaggio più stretto a destra e si camminerà (avendo avuto l’accortezza di evitare i tacchi alti) sui ciottoli originali del tempo. Qui trovate un’importante istituzione culturale come la Fondazione Bottari Lattes che indice ogni anno il Premio Letterario omonimo (erede del Grinzane Cavour).

  • L'ingresso al castello degli Scarampi. Photo: Paolo Calosso.
  • L'Oratorio di Santa Elisabetta. Photo: Paolo Calosso.
  • L'Oratorio di San Bonifacio in cima a Monforte. Photo: Diego De Finis.
  • Il campanile della chiesa parrocchiale con le Alpi sullo sfondo. Photo: Paolo Calosso.
  • La torre campanaria e alle spalle l'Oratorio di Santo Stefano. Photo: Diego De Finis.
  • La parte alta dell'Oratorio di San Bonifacio. Photo: Diego De Finis.

Superati un altro paio di incroci, si arriva così in cima all’abitato e attraverso un arco a sesto acuto medioevale si accede per una gradinata alla sommità del paese, dove ci attende una bella sorpresa: la vista mozzafiato che con la complicità di una giornata limpida spazia su tutta la Valle Tanaro, sulla pianura oltrefiume, fino al Monviso e al Monte Rosa. Le sorprese non finiscono qui, poiché a pochi passi troviamo un anfiteatro ricavato nell’incavo della collina: una meraviglia degna della Magna Grecia, ma dedicata alla musica moderna. Il nome è Auditorium Horszowski, dal grande musicista che l’inaugurò nel 1986, ed è ambientazione ideale per le serate musicali di Monfortinjazz (ogni anno a Luglio): hanno suonato qui tra gli altri, grandi nomi internazionali come Bruce Cockburn, Mick Taylor, Manhattan Transfer, Paolo Conte. Qui bisogna sicuramente fermarsi, sedersi qualche minuto sulla gradinata ad ammirare la torre campanaria del XIII secolo (che fu in origine la torre di avvistamento dell’antico castello) e la chiesa restaurata di Sant’Agostino. Due piccoli oratori settecenteschi (San Bonifacio e Santa Elisabetta) costituiscono un affascinante fondale di palcoscenico. Alle loro spalle si erge l’attuale castello degli Scarampi, risalente al ‘700, in realtà un massiccio palazzo residenziale che però non ci restituisce il fascino dell’antico maniero.

Ci piace pensare che il castello originale, quello dei Càtari e della Contessa Berta, fosse proprio qui sotto i nostri piedi, dove oggi sorge il teatro. Oltre il palazzo degli Scarampi si sale alla villa che fu appunto del famigerato generale Bava Beccaris, oggi restaurata come elegante hotel di charme con un piccolo parco che digrada verso valle. Se avete voglia di fare ancora quattro passi (tranquilli, le salite sono finite!) potrete imboccare la stradina che da in cima al poggio corre sul placido pianoro che si apre alle spalle di Monforte: a meno di un chilometro dal paese il panorama si apre sulla collina di Serralunga e sui primi versanti dell’Alta Langa, con i profili dei paesi di Albaretto e Serravalle in primo piano. Tornando infine sui nostri passi, un po’ accaldati per la camminata, avremo anche il piacere di imbatterci in una piscina pubblica, sicuramente la più "aerea" di tutta la provincia, che d’estate offre l’emozione di un bagno tra le vigne del Barolo.

  • Le mura massicce del castello di Perno. Photo: Diego De Finis.
  • Una delle torrette del castello di Perno. Photo: Diego De Finis.
  • La chiesa di Santo Stefano a Perno, fra gli alberi . Photo: Diego De Finis.
  • L'abside romanico della chiesa di Santo Stefano di Perno. Photo: Diego De Finis.
  • La chiesa campestre di Castelletto. Photo: Paolo Calosso.
  • Vigneti a Perno. Photo: Diego De Finis.

Monforte è uno dei Comuni più importanti per la produzione di Barolo: è il secondo, dopo La  Morra, per quantità di terreno vitato a Nebbiolo da Barolo (216 ettari) e per numero di produttori di uva (123 aziende): non mancherete di notare le grandi e prestigiose cantine storiche, veri e propri "ranch" di Langa, a volte molto ruspanti e pittoreschi, a volte raffinati e addirittura lussuosi. Recentemente il Comune ha individuato 10 sottozone di pregio, cioè le aree nelle quali si trovano i cosiddetti cru, le migliori posizioni per le vigne di Barolo. Salendo con lo sguardo da Castiglione Falletto verso Monforte si incontra per prima Bussia, una borgata con le vigne circostanti (distinte in Bussia Soprana e Sottana), dalle quali originano celeberrimi Barolo di grande struttura e longevità. Procedendo oltre l’altopiano di Pianpolvere, si arriva all’altezza di 400 metri e si possono ammirare sulla destra le ripide vigne delle zone Visette e Arnulfo, mentre dalla parte opposta della valle si vede San Giovanni. Tutta la vasta area vitata che prosegue fino al paese e poi a sud fino al confine comunale è stata forse un po’ grossolanamente accorpata in una vasta sottozona denominata Bricco San Pietro. Dal lato orientale del Comune troviamo invece le sottozone storiche di Perno e Castelletto che nel secolo scorso erano Comuni a sé e che vantano alcuni ottimi cru. Più avanti si incontra la bella zona Ginestra, famosa anch’essa per i suoi Barolo di gran corpo. Altrettanto dicasi per la successiva, più piccola, zona di Mosconi dove si sale facilmente oltre i 400 metri. Di qui al confine comunale si trova ancora Ravera e Pilone, con alcune belle vigne in posizione sud e sud-ovest. Il Comune di Monforte si chiude a sud con Le Coste, terra bianca e marnosa di magniloquenti Barolo.

Il ritorno verso il Gallo (e quindi a chiudere l’anello dell’itinerario) avverrà proprio attraverso la frazione di Perno, straordinario balcone circondato da tutti i Castelli del Barolo. Ritorniamo quindi sulla via per Castiglione ma dopo un km appena svoltiamo a destra per imboccare l’incrocio Perno-Castelletto.

Perno è un borgo d’incanto dominato da una villa eretta in luogo della fortificazione medioevale che negli 70-80 vide qui la redazione estiva nientemeno che dell’Einaudi Editore. Giulio Einaudi infatti acquistò il Castello e lo usò come sede estiva e creativa. In effetti il panorama e l’aria frizzante delle Langhe non possono che stimolare il corpo e la mente. Prima del paesino a sinistra non va persa la chiesa romanica di Santo Stefano (sec XII), minuscolo miracolo di arte medioevale in cima all’omonimo poggio (un ottimo cru per altro) a cui un tempo si addossava un romantico cimitero che avrebbe fatto felici Fenoglio e Masters insieme. Ma il cimitero alla Spoon River lo trovate invece a Castelletto, dove accanto a cascine sparse (e spesso grandi cantine), sorge la cinquecentesca Chiesa di Maria Assunta in un luogo ameno di pace e sottobosco. Il piccolo camposanto cintato con le lapidi nella terra e il cancello cigolante è l’archetipo di tutti i cimiteri campestri del mondo.

Entrambe le strade precipitano a valle tra boschi, forre e vigneti per ricongiungersi poco prima del bivio di Serralunga e quindi tornare al Gallo.

A proposito... è ora di ordinare la cena e di assicurarsi che il Barolo venga stappato e scaraffato per tempo.