Tu sei qui

Aerei

Pietro Giovannini17 settembre 2017

Tornando da un viaggio all’estero viene quasi inevitabile fare paragoni. 

Io tornavo da Irlanda, Galles e Inghilterra¹ e mi chiedevo perché un sacco di persone aspirino ad avere per es. il passaporto inglese –o meglio– perché nessuno ambisca mai a diventare cittadino italiano… tanto che spesso persino gli italiani all’estero si vergognano un po’ di confessarlo.

Capisco che il nostro Stato non sia un capolavoro di efficenza, di trasparenza e nemmeno di correttezza nei confronti dei suoi cittadini, ma non è che poi l’erba del vicino sia così verde. Mi vengono in mente così a caso, le diossine svizzere, la mucca pazza inglese, gli scioperi francesi, gli scandali belgi, i procuratori americani alla Starr, e insomma non è che neanche gli aerei siano così puntuali (il mio ha preso due ore di ritardo, su quattro scarse di volo, tra andata e ritorno).

In compenso, in Inghilterra, si mangia quasi solo per sopravvivere, dalle 10 di sera neanche più quello, dalle 11 potete pure morire di sete, ma senza perdervi lo show della chiusura dei pub, degno di uno spot sugli Alcolisti Anonimi… il tutto con la certezza di bagnarvi due o tre volte al giorno. Non sono luoghi comuni, ve lo assicuro: sono solo alcuni dei difetti di una delle nazioni più civili del mondo.

E se siete a Londra (che io comunque adoro) potete anche tollerarli, ma se capitate a Portsmouth o a Cardiff, beh allora vi viene da fare qualche confronto… i monumenti storici per esempio:  patetiche ricostruzioni degne del Valentino, segnalate in pompa magna come capolavori: Castle of Dublin, Castle of Cardiff… ma l’avete visto una volta il Colosseo, o anche solo il Castello di Passerano Marmorito (sì proprio quello di Faletti)?

Le opere d’arte poi: ho girato la National Gallery di Dublino² in meno di tre ore (offerta consigliata di almeno 2 sterline) che non bastano neanche per visitare la Cattedrale di Asti.

Passiamo alla cultura: bellissima la Biblioteca del Trinity College, oltre 200.000 libri antichi tra cui il famoso Book of Kell (ingresso 5 sterline): peccato che molti dei più antichi siano – al solito – italiani (con note rigorosamente in inglese); e intanto penso ai Codici di Leonardo, alle lapidi romane, ai vasi etruschi, per non citare la Santa Sindone di Torino…

Ecco non vorrei fare qui le Olimpiadi dell’Arte, ma certo che un po’ di nervoso ti viene, specie quando l’impiegato del check-in ti contesta il peso della valigia imbarcata in Italia (da personale inglese), dicendo “qui non siamo a Torino, qui siamo a Stansted!” o quando ti guardano col sorriso di sufficenza e controllano in due la firma della tua carta di credito, quando si fanno ripetere (what? anzi whaaat?) tre volte frasi banali come “dov’è il bagno?” o “posso avere dello zucchero?”.

Ecco lì ti viene da rivedere il concetto di civiltà in funzione di altri parametri che non siano l’orario dei treni o il meridiano di Greenwich. E pensi che tutto sommato qualche master (2000 anni almeno) di civiltà ce l’abbiamo anche noi, che lo Stato italiano conserva un patrimonio artistico doppio o forse triplo del resto d’Europa, che tutti noi paghiamo fior di tasse per mantenerlo in buono stato (o almeno tentare); e tutto per sentire ogni tanto uno straniero stupito esclamare Fab! o “Wonderful!

Sarebbe ora che il resto del mondo venisse in Italia con la certezza di trovare sempre aperto, con servizi adeguati, con guide, libri e anche souvenir a disposizione.

Ma anche con tanti bei cartelli con su scritto Ticket, ad uso e consumo degli stranieri.³
Scommetto che molti allora ci invidierebbero, noi che possiamo goderci (gratis) il più grande museo all’aperto del mondo.

 

¹ Tour di Bob Dylan ovviamente, di cui ricordo concerti meravigliosi specie a Cardiff.

² Diventata celebre per un Caravaggio attribuito molto tardi e che quindi non si conosceva.

³ Mi fa piacere che molti anni dopo, il Sindaco di Firenze, Dominici, fosse sulla mia stessa lunghezza d’onda (imitato subito da quello di Venezia), prendendo atto che così come siamo messi oggi, città come Firenze o Venezia (ma anche Lucca, Mantova, Roma o Siena) non riescono più a tirare avanti. La sua proposta di ticket d’ingresso venne liquidata con un’alzata di spalle, ma a tutt’oggi non mi sembra che siano uscite idee più brillanti. Resto convinto che o il patrimonio artistico italiano diventa un problema collettivo dell’Unione Europea, proprio come le quote latte, o prima o poi faremo bancarotta per restaurarlo.